FLOReal d'autunno alla Palazzina di Stupinigi

 Nel weekend torna alla Palazzina di Caccia di Stupinigi FLOReal, che tanto successo aveva avuto nella prima edizione, nella stessa location. Nella tre giorni, dal 7 al 9 ottobre 2022, la mostra florovivaistica, con vivaisti provenienti da ogni parte d'Italia, sarà accompagnata da un ricco palinsesto culturale. Presentazioni di libri e conferenze, proiezioni di cortometraggi e documentari, performance teatrali, mostre, laboratori e un ampio spazio dedicato alla gastronomia, con un filo comune: la natura e la sostenibilità. La mostra propone colori e profumi dell'autunno, "dal fiore più amato, la rosa, agli agrumi siciliani, le orchidee dalla Lombardia, e ancora piante succulente e carnivore, orchidee, tillandsie, piante acquatiche e rampicanti, aromatiche e tropicali, oltre a diverse tipologie di bonsai. Piante da appartamento, da secco e da sole intenso, da ombra, fioriture annuali, bulbose e graminacee. Non mancheranno varietà più stagionali come le viole, i ciclam

Maria Cristina di Francia, che non fu così frivola come tramandano

Recentemente ho avuto l'occasione di visitare il MÚSES – Accademia Europea delle Essenze di Savigliano (CN), ospitato a Palazzo Taffini D'Acceglio, uno dei palazzi storici più belli della cittadina della Granda, e di parlare con la sua curatrice storica, la professoressa Loredana De Robertis. I Taffini, che portarono il palazzo al suo massimo splendore nel XVII secolo, erano strettamente legati ai Savoia: erano una di quelle famiglie che da Savigliano, piazzaforte sabauda di pianura, garantivano il nerbo dell'esercito al Duca, in cambio di favori, feudi e ricchezze. I legami con i sovrani sono ancora oggi leggibili negli splendidi affreschi del Salone d'Onore, che celebrano la gloria di Vittorio Amedeo I e, di rimando, dei Taffini a lui vicini. Nella propaganda politica, affidata all'arte e nello stile di vita del palazzo, c'è una raffinatezza che difficilmente si attribuisce al Ducato sabaudo, sempre in lotta per la sua autonomia e sopravvivenza.

Come è possibile questa distanza tra l'immagine che la scuola attribuisce ai Savoia, poco colti e amanti della vita militare, più che dei piaceri, e il messaggio di Palazzo Taffini, che parla di gloria, di miti romani reinterpretati in chiave sabauda, di conversazioni colte e leggere? "Tra un passaggio e l'altro, c'è Cristina di Francia" mi ha detto la professoressa De Robertis "arrivava da una Corte raffinata ed elegante, abituata alle rappresentazioni teatrali, alla meraviglia, alla cultura e ha portato tutto questo con sé". Ed ecco che ritorna Cristina, la Duchessa che ha caratterizzato il XVII secolo sabaudo e ho immediatamente pensato a quanto sia ingiusta la storia e il modo di tramandarla nelle scuole. A come i programmi scolastici impediscano di vedere i personaggi a tutto tondo, "mancano di interdisciplinarietà" ha chiosato De Robertis.

Al Ducato sabaudo dell'epoca, i programmi scolastici dedicano generalmente poche righe. E la fama torinese della prima Madama Reale è quella di essere stata una donna piuttosto frivola, amante dei divertimenti: lo aveva capito il suocero Carlo Emanuele I, che la accolse a Torino con grandi feste, nonostante la città fosse un cantiere a causa del primo ampliamento, e che la viziò sempre con rappresentazioni teatrali e con regali sontuosi come il Castello del Valentino, che fu suo regalo di nozze. La si racconta anche come una donna filofrancese, contrapposta ai cognati Tommaso e Maurizio, che durante la Reggenza le contesero il potere chiedendo un'alleanza con la Spagna. Ma Maria Cristina, più che filofrancese, fu sempre molto attenta all'indipendenza del Ducato e, come ogni vera principessa di sangue reale, ebbe come principale preoccupazione il mantenimento del trono per i suoi figli. Si oppose fieramente alle richieste del Cardinale Richelieu, che ambiva a includere il Ducato nel Regno Francese; durante la guerra tra madamisti e principisti, che sconvolse Torino nel nome dell'eterna lotta tra Francia e Spagna, Maria Cristina rimase fedele alla Savoia, persino quando Richelieu fece imprigionare l'amato conte Filippo di Agliè, che difendeva l'indipendenza del suo Paese, e lo tenne per due anni prigioniero di lusso in Francia. Anche l'accordo raggiunto con Maurizio e Tommaso, fu una testimonianza di intelligenza dinastica, sebbene a prezzo altissimo (ma anche questo era molto regale): non solo le garantiva la Reggenza per il figlio Carlo Emanuele, ma assicurava anche che il trono sarebbe rimasto ai Savoia, in caso di morte del principino. Come? Con l'estremo sacrificio di Ludovica, la figlia maggiore di Cristina e Vittorio Amedeo I, sposata allo zio Maurizio, coltissimo e raffinato, ma di 30 anni più grande di lei. Dunque, definire Cristina filo-francese non rende esattamente giustizia alla sua storia.

Della sua storia affascina non solo l'intelligenza politica, o comunque la capacità di farsi consigliare dai migliori uomini disponibili a corte (a iniziare dal bel Filippo), ma anche l'idea del bello, il senso estetico, questo sì molto francese e capace di influenzare per sempre l'immagine di Torino. Durante la sua Reggenza, Carlo di Castellamonte costruì la via Nuova e, soprattutto, piazza San Carlo, chiamata allora piazza Reale: il modello di piazza chiusa si impose nei futuri ampliamenti di Torino e caratterizzò per sempre il centro cittadino, così come l'architettura, fatta di ordini sovrapposti, di ritmo scandito da finestre con timpani triangolari e arcuati, di abbaini di ispirazione francese e di portici che alleggerivano il rigore della facciata. Fateci caso: è piazza San Carlo, con la sua architettura omogenea, ad aver ispirato le facciate di buona parte della Torino ottocentesca. Il Castello di Valentino, che come abbiamo visto il duca Carlo Emanuele I le regalò per le nozze, fu trasformato in una residenza di stile francese, l'unica presente in città. Fu Cristina a iniziare la trasformazione dell'attuale Palazzo Madama da fortezza medievale a palazzo aristocratico, con la copertura del cortile e la creazione della magnifica sala centrale, diventata poi Sala del Senato del Regno di Sardegna. E fu ancora Cristina a fare propria la moda delle vigne in collina, in cui l'aristocrazia si trasferiva nel tempo libero. Il cognato Maurizio si fece costruire la splendida residenza passata alla storia con il nome di Villa della Regina, lei, a poca distanza, ebbe la sua Vigna di Madama Reale.

Una Duchessa consorte, di sangue reale e francese (ma anche mediceo, attraverso la madre Maria de' Medici), che passava con disinvoltura dal piano di una guerra per mantenere il potere ai Savoia al progetto della propaganda politica attraverso l'immagine della sua capitale, fino alle feste organizzate per lei dall'amante Filippo d'Agliè, cariche di simbolismi colti, e alle conversazioni leggiadre con le sue damigelle, a Palazzo Taffini. Non doveva essere così svampita, frivola e superficiale come la storia tende a tramandarla: non avrebbe avuto accanto a sé per tutta la vita un uomo brillante, intelligente e colto, come il conte d'Agliè, immagine del cortigiano eclettico del Seicento italiano.

In autunno la RAI risponderà ai serial storici europei, tipo il britannico The Tudors e lo spagnolo Isabel (di Castiglia), con I Medici. E cosa non sarebbe raccontare i Savoia, da Emanuele Filiberto, che riconquista il suo Ducato grazie alla gloria di San Quintino, a Vittorio Amedeo II, che diventa re dopo aver sbaragliato i Francesi, grazie al genio militare del cugino Eugenio di Savoia? E in mezzo le reggenze delle due Madame Reali, Cristina, per l'appunto, e Giovanna Battista di Savoia Nemours. Che sovrani, che personaggi e che donne!


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