Recentemente ho avuto l'occasione di
visitare il MÚSES – Accademia Europea delle Essenze di Savigliano (CN),
ospitato a Palazzo Taffini D'Acceglio, uno dei palazzi storici più
belli della cittadina della Granda, e di parlare con la sua curatrice
storica, la professoressa Loredana De Robertis. I Taffini, che
portarono il palazzo al suo massimo splendore nel XVII secolo, erano
strettamente legati ai Savoia: erano una di quelle famiglie che da
Savigliano, piazzaforte sabauda di pianura, garantivano il nerbo dell'esercito al Duca, in cambio di favori, feudi e ricchezze. I legami con i
sovrani sono ancora oggi leggibili negli splendidi affreschi del
Salone d'Onore, che celebrano la gloria di Vittorio Amedeo I e, di
rimando, dei Taffini a lui vicini. Nella propaganda politica, affidata
all'arte e nello stile di vita del palazzo, c'è una raffinatezza che
difficilmente si attribuisce al Ducato sabaudo, sempre in lotta per
la sua autonomia e sopravvivenza.
Come è possibile questa distanza tra l'immagine che
la scuola attribuisce ai Savoia, poco colti e amanti della vita
militare, più che dei piaceri, e il messaggio di Palazzo Taffini,
che parla di gloria, di miti romani reinterpretati in chiave sabauda,
di conversazioni colte e leggere? "Tra un passaggio e l'altro,
c'è Cristina di Francia" mi ha detto la professoressa De
Robertis "arrivava da una Corte raffinata ed elegante, abituata
alle rappresentazioni teatrali, alla meraviglia, alla cultura e ha
portato tutto questo con sé". Ed ecco che ritorna Cristina, la
Duchessa che ha caratterizzato il XVII secolo sabaudo e ho
immediatamente pensato a quanto sia ingiusta la storia e il modo di
tramandarla nelle scuole. A come i programmi scolastici impediscano
di vedere i personaggi a tutto tondo, "mancano di
interdisciplinarietà" ha chiosato De Robertis.
Al Ducato
sabaudo dell'epoca, i programmi scolastici dedicano generalmente poche righe. E la fama
torinese della prima Madama Reale è quella di essere stata una donna
piuttosto frivola, amante dei divertimenti: lo aveva
capito il suocero Carlo Emanuele I, che la accolse a Torino con
grandi feste, nonostante la città fosse un cantiere a causa del
primo ampliamento, e che la viziò sempre con rappresentazioni
teatrali e con regali sontuosi come il Castello del Valentino, che fu
suo regalo di nozze. La si racconta anche come una donna
filofrancese, contrapposta ai cognati Tommaso e Maurizio, che durante
la Reggenza le contesero il potere chiedendo un'alleanza con la
Spagna. Ma Maria Cristina, più che filofrancese, fu sempre molto attenta
all'indipendenza del Ducato e, come ogni vera principessa di sangue
reale, ebbe come principale preoccupazione il mantenimento del trono
per i suoi figli. Si oppose fieramente alle richieste del Cardinale
Richelieu, che ambiva a includere il Ducato nel Regno Francese;
durante la guerra tra madamisti e principisti, che sconvolse Torino
nel nome dell'eterna lotta tra Francia e Spagna, Maria Cristina
rimase fedele alla Savoia, persino quando Richelieu fece imprigionare
l'amato conte Filippo di Agliè, che difendeva l'indipendenza del suo
Paese, e lo tenne per due anni prigioniero di lusso in Francia. Anche
l'accordo raggiunto con Maurizio e Tommaso, fu una testimonianza di
intelligenza dinastica, sebbene a prezzo altissimo (ma anche questo era molto regale): non solo le garantiva la Reggenza per il
figlio Carlo Emanuele, ma assicurava anche che il trono sarebbe
rimasto ai Savoia, in caso di morte del principino. Come? Con l'estremo sacrificio di
Ludovica, la figlia maggiore di Cristina e Vittorio Amedeo I, sposata
allo zio Maurizio, coltissimo e raffinato, ma di 30 anni più grande
di lei. Dunque, definire Cristina filo-francese non rende esattamente
giustizia alla sua storia.
Della sua storia affascina non solo
l'intelligenza politica, o comunque la capacità di farsi consigliare
dai migliori uomini disponibili a corte (a iniziare dal bel Filippo),
ma anche l'idea del bello, il senso estetico, questo sì molto
francese e capace di influenzare per sempre l'immagine di Torino.
Durante la sua Reggenza, Carlo di Castellamonte costruì la via Nuova
e, soprattutto, piazza San Carlo, chiamata allora piazza Reale: il
modello di piazza chiusa si impose nei futuri ampliamenti di Torino e
caratterizzò per sempre il centro cittadino, così come
l'architettura, fatta di ordini sovrapposti, di ritmo scandito da
finestre con timpani triangolari e arcuati, di abbaini di ispirazione
francese e di portici che alleggerivano il rigore della facciata.
Fateci caso: è piazza San Carlo, con la sua architettura omogenea,
ad aver ispirato le facciate di buona parte della Torino
ottocentesca. Il Castello di Valentino, che come abbiamo visto il
duca Carlo Emanuele I le regalò per le nozze, fu trasformato in una
residenza di stile francese, l'unica presente in città. Fu Cristina a iniziare la trasformazione dell'attuale Palazzo Madama da fortezza medievale a palazzo aristocratico, con la copertura del cortile e la creazione della magnifica sala centrale, diventata poi Sala del Senato del Regno di Sardegna. E fu ancora
Cristina a fare propria la moda delle vigne in collina, in cui
l'aristocrazia si trasferiva nel tempo libero. Il cognato Maurizio si
fece costruire la splendida residenza passata alla storia con il nome
di Villa della Regina, lei, a poca distanza, ebbe la sua Vigna di
Madama Reale.
Una Duchessa consorte, di sangue reale e francese
(ma anche mediceo, attraverso la madre Maria de' Medici), che passava
con disinvoltura dal piano di una guerra per mantenere il potere ai
Savoia al progetto della propaganda politica attraverso l'immagine
della sua capitale, fino alle feste organizzate per lei dall'amante
Filippo d'Agliè, cariche di simbolismi colti, e alle conversazioni
leggiadre con le sue damigelle, a Palazzo Taffini. Non doveva essere
così svampita, frivola e superficiale come la storia tende a
tramandarla: non avrebbe avuto accanto a sé per tutta la vita un
uomo brillante, intelligente e colto, come il conte d'Agliè,
immagine del cortigiano eclettico del Seicento italiano.
In autunno la RAI risponderà ai serial
storici europei, tipo il britannico The Tudors e lo spagnolo Isabel
(di Castiglia), con I Medici. E cosa non sarebbe raccontare i Savoia,
da Emanuele Filiberto, che riconquista il suo Ducato grazie alla
gloria di San Quintino, a Vittorio Amedeo II, che diventa re dopo
aver sbaragliato i Francesi, grazie al genio militare del cugino Eugenio di
Savoia? E in mezzo le reggenze delle due Madame Reali, Cristina, per
l'appunto, e Giovanna Battista di Savoia Nemours. Che sovrani, che personaggi e che donne!
Commenti
Posta un commento