Parlare o non parlare del
Salone del
Libro di Torino, che l'
Associazione Italiana Editori (AIE) vorrebbe
affossare, organizzando una kermesse sull'editoria nello stesso
periodo a
Milano?
Ci ho pensato molto, in questi giorni
di rabbia
e di delusione. Rabbia e delusione allo scoprire che l'Italia
non è
un Paese che fa squadra, che è inutile parlare di Cultura e Turismo
come risorsa nazionale se poi si continua a lottare per campanili e a pensare per signorie.
Ma devo anche dire una
cosa, onestamente: al Salone del Libro di Torino
non ci mettevo piede
da anni, a parte l'edizione 2014, che ho visto solo perché volevo
vedere la Cupola di San Pietro fatta di libri, nello stand di Città
del Vaticano. Non ci mettevo piede da anni perché nella vita posso
superare molte cose, ma non la mancanza di puntualità e
le code. E
per me 5-6 persone davanti sono una coda da prendere e andare via,
per cui immaginate come potevo entrare al Salone del Libro, che
mostrava compiaciuto le lunghe code di ingresso (mania di molti enti
culturali italiani, che considerano le code un segno di successo e
non un'indicazione di fallimento nell'accoglienza). Nei primi anni il
Salone del Libro era un'occasione
per scoprire libri altrimenti
introvabili, si potevano ascoltare
scrittori altrimenti
irraggiungibili; mi ricordo la
passione con cui avevo seguito gli
autori latinoamericani, nell'anno in cui
Latinoamérica era l'ospite
del Lingotto e i suoi scrittori, la sua politica, la sua cultura
erano tutti da scoprire (
non c'era ancora Internet, che rendeva
autonomi nella propria ricerca del sapere). Poi.
Poi le
dimensioni del Salone sono cresciute in maniera
abnorme, come
l'
autocompiacimento. E il Salone delle chicche, degli autori da
scoprire, delle conferenze da seguire, è diventato l'
ennesima
kermesse di facce che trovi ovunque (davvero avevamo bisogno di
portare a Torino autori mediatici degli ultimi bestseller,
intervistatissimi da tutte le testate, presenti in tutti i tg a
presentare l'ultima fatica? E davvero c'era bisogno dell'ennesimo
showman prestato alla letteratura che aveva già presentato il suo libro
in tutte le trasmissioni e stressava anche nel web?). L'ultima
volta che sono stata al Salone volevo seguire la conferenza di
qualche economista, non ricordo chi, sorry, mi ricordo solo che era
in Sala Gialla e che
un'ora prima c'era una coda di oltre un
centinaio di persone che aspettava di entrare (e dovevano pure uscire
quelli che stavano seguendo l'incontro in corso, se non erano già
dentro in attesa dell'economista). Io in quel casino, in coda per un'ora per un
economista intervistato spesso sui quotidiani e dotato di blog da cui
esprime disappunto, idee e proposte? Ovvio che giammai!
Non so
quanti siano quelli che, come me, pensano che il Salone del Libro si
fosse un po' perso in questi anni, proprio per la mania di diventare
sempre più enorme,
sempre meno gestibile dai suoi fruitori (ma
quante conferenze in contemporanea pensano si possano seguire, gli
organizzatori?), come se i numeri d'ingresso fossero il segno del
successo e non
la capacità di far scoprire autori, di dare spazio a
chi in genere finisce in seconda fila negli scaffali, di organizzare
conferenze gestibili e interessanti. Ma, seguendo le
vicende di questi ultimo giorni, che hanno portato l'AIE a
organizzare una propria Fiera o-come-la-chiameranno a Rho (MI), e che
hanno spinto dodici editori indipendenti a dimettersi dall'AIE per
continuare a sostenere il Salone, ho scoperto che siamo in tanti a
pensare che questo 'scippo' dev'essere
un'occasione di innovazione,
per fare qualcosa di nuovo, di bello e di diverso, che parli a
editori e a lettori e che permetta a entrambi di (ri)scoprire
il piacere
della Cultura, dell'Incontro, dello Scambio. E per questo, lascio
cose a cui ho pensato in questi giorni:
1 Un Salone con
un calendario di
eventi, incontri e conferenze più gestibile dal
pubblico (sì, anche da chi, come me detesta le code e non trova che
stare un'ora e mezza in piedi ad aspettare di entrare in una sala sia
la cosa migliore perché wow, sta
avendo un sacco di successo e adesso mi faccio un selfie e lo pubblico
sui social). Meno personaggi nazional-popolari, più autori
interessanti e sconosciuti, magari
da lanciare proprio al Salone.
Facciamo 10 incontri al giorno e non 100, ma che abbiano qualcosa da
dire al pubblico, che siano degli
unicum, eventi imperdibili e non l'ennesima intervista compiacente all'autore della grande casa
editrice che deve prendere l'ultimo treno per Milano perché lo
aspettano per un'intervista in tv (che ci vado a fare al Salone, se
poi lo vedo in tv?!)
2 Un Salone che scopra
i nuovi modi di
leggere e il ruolo del web: le case editrici che pubblicano
solo
ebooks, i siti web palestra di nuovi autori come
Wattpad, gli scrittori delle
auto-pubblicazioni e i siti che le facilitano. In fondo è
da Wattpad, dai forum, dalle auto-pubblicazioni, che molti autori sono poi riusciti a passare alla carta. Perché non dare spazio anche a loro?
3 Un
Salone che
non stia chiuso solo al Lingotto e che, come ha già fatto
negli ultimi anni, approfitti delle eccellenze di Torino e
dell'
enorme passione con cui i torinesi seguono sempre gli eventi
culturali organizzati nella loro città. Torino è appassionata, anche se non ci crede
nessuno. Partiamo da questo, dal Circolo dei Lettori, dalle librerie,
dai caffè, dalle biblioteche, per portare gli autori ovunque,
periferie comprese, e per far conoscere a chi continuerà a venire a Torino, le altre eccellenze della nostra città.
4 Un Salone che
riconosca i dodici editori
che si sono dimessi dall'AIE per sostenerlo (sono dodici, come le
colonie americane che fondarono gli Stati Uniti d'America, non so che
senso abbia l'associazione di idee, ma mi piace); che ci siano
eventi speciali in cui add editore, Edizioni e/o, Iperborea, la Nuova
Frontiera, LiberAria Editrice, Lindau, minimum fax, Nottetempo,
Nutrimenti, O Barra O, SUR e 66thand2nd, abbiano
attenzione, spazio e
occasione di presentare i propri autori e i propri progetti. Se lo
meritano.
Rotta su Torino è un
piccolo blog che non parla 'di' Torino, ma 'della'
Torino che piace a
me, che sono la sua autrice. Lo realizzo
con passione e un filo di
divertimento, anche per questo è
a disposizione del Salone del
Libro che verrà.
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