Ho scoperto
Samboue navigando per siti
torinesi, nel web, e mi ha colpito subito il
richiamo all'Africa, con
i tessuti con i colori caldi del Continente applicati a borse,
accessori, cuscini, scarpe. Mi è piaciuto questo sapore etnico, così
elegante e singolare, e ho cercato le due fondatrici del marchio
Alice Carla Poli e
Stephanie Manoka. La conversazione con loro è
stata così interessante che, tornata a casa, ho passato il
pomeriggio nel web, a cercare di saperne di più del Congo, della sua
storia, delle sue culture. Alice e Stephanie sanno come
far
appassionare alla loro filosofia e, del resto, Alice mi ha accolto
raccontandomi subito come nascono
i tessuti kuba, senza i quali non
esisterebbe Samboue. "E' una rafia ricavata dalle foglie di
palma; con un lungo procedimento le fibre vengono trasformate fino a
poter essere lavorate al telaio. Sono gli uomini a lavorarle al
telaio e a realizzare drappi di diversa lunghezza; alle donne incinte
toccano poi il ricamo o le diverse applicazioni (ntshak)".
- Perché le donne incinte?
Alice:
Perché sono loro che non lavorano nei campi e rimangono a casa. I
disegni dei ricami e gli stessi colori hanno un significato
simbolico, non sono mai casuali. Abbiamo fatto un lungo lavoro di
ricerca e di studio per imparare i significati di questi tessuti;
quelli che utilizziamo noi vengono realizzati nella regione del
Kasai, intorno alla capitale
Mushenge, ma i tessuti di
rafia appartengono alla cultura di molti Paesi dell'Africa
Centrale, dal Kenya al Congo al Mali e ogni regione ha le proprie
tradizioni. La colorazione è realizzata in modo naturale, con le
radici delle piante o con i minerali, per questo prevalgono i colori
caldi e quelli freddi sono praticamente inesistenti.
- Perché avete scelto di utilizzare i kuba nelle vostre produzioni?
Alice:
Si sono intrecciate un po' di cose: Stephanie è di origine congolese
e suo padre, l'imprenditore Baron Manoka ha sempre collezionato i
tessuti, mia nonna materna Gillio Ida, ha avuto nel Venezuela una
casa di moda, in cui creava
cappelli sempre differenti e vinse un concorso proprio con un
cappello fatto utilizzando le fibre vegetali dell'agave. Sono
stati come messaggi per me e per Stephanie, che da tempo volevamo
fare qualcosa insieme. Abbiamo così iniziato a pensare a come
utilizzare queste vere e proprie opere d'arte, come valorizzarle e
farle conoscere meglio qui in Italia. Abbiamo iniziato a disegnare
borse, oggetti per la casa e accessori in cui la parte del
protagonista era dei tessuti kuba e per questo li abbiamo abbinati a
tessuti italiani che avessero una stessa origine naturale, come il
cotone o il lino.
Stephanie: Io sono di origini congolesi, ma il
Congo è un Paese enorme, è come chiedere conto a un valdostano
delle tradizioni pugliesi, ci sono tante culture diverse. Però è
vero che quando tornavo dal Congo portavo come regalo per le persone
questi tessuti, che sono una delle eccellenze del Paese. Potremmo
dire che abbiamo voluto mescolare le eccellenze del Congo con le
eccellenze del
made in Italy: ci sembra una buona combinazione. I
tessuti realizzati in modo naturale e artigianale nel Congo, inseriti
nel contesto del
made in Italy, valorizzati in oggetti di design e
con lavorazione artigianale. E' un'associazione che piace molto anche
nel Congo.
Alice: I tessuti kuba sono un esempio di arte reale
utilizzata come vesti, drappi decorativi, nella tradizione congolese,
e decontestualizzati totalmente nei nostri prodotti.
- Come vi
dividete il lavoro creativo?
Alice: Non c'è una divisione
vera e propria di ruoli, penso che ci compensiamo abbastanza. Abbiamo
entrambe una formazione scientifica, Stephanie è laureata in
Farmacia, io in Biotecnologie e questo aiuta molto nell'approccio
sistematico all'organizzazione. Entrambe tendiamo a sperimentare, non
abbiamo gli stessi gusti e anche questo è il bello.
- Come
definireste lo stile dell'altra?
Stephanie: Alice è
sorprendente, nel senso che ha uno stile sobrio, chic, ma a tratti è
eccentrica e ti sorprende.
Alice: Stephanie ha uno stile che si
potrebbe definire classico, ma è cosmopolita, c'è molto buon gusto,
le piace il colore, con linee rigorose e sofisticate. La trovo
ricercata nella sua semplicità.
Stephanie: Penso che a livello
creativo le differenze aiutino a definire meglio il progetto e a
livello organizzativo dividono responsabilità e tolgono pesi.
-
Siete agli inizi della vostra avventura, come siete state accolte?
Avete già identificato il tipo di donna che si fa affascinare da
prodotti originali e di ispirazione esotica come i vostri?
Alice:
Siamo state di recente al San Salvario District, a Saint Tropez e
abbiamo trovato l'esperienza incoraggiante perché abbiamo notato che
si avvicinano alle nostre creazioni donne di qualunque età, anche
giovani, in genere sono di cultura medio-alta e sono
interessate anche alle origini dei nostri lavori. Sono state
esperienze molto importanti per calibrare il nostro
concept.
-
E il web cosa rappresenta per Samboue?
Stephanie: Una bella
opportunità, io non seguo molto le reti sociali, Alice è più
attenta di me, ma è ormai chiaro che se è vero che il negozio aiuta
a veicolare il tuo prodotto, Facebook e Instagram aiutano a
raggiungere un pubblico più vasto e facilitano la vita a chi non
vuole più fare il giro dei negozi.
- Abbiamo parlato dei
vostri prodotti e della vostra passione per i tessuti kuba e per la
mescolanza tra le eccellenze artigianali congolesi e italiane, manca
solo un ultimo dettaglio: Samboue ha un suono africano, ma come
l'avete scelto e cosa significa?
Samboue è il nome di
famiglia di Stephanie ed il suo significato 'donne di successo' ci sembrava di buon auspicio.
Samboue ha un sito web,
www.samboue.com,
e lo trovate anche
su
Facebook e
su
Instagram.
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