Sono tante le iniziative del
Museo
d'Arte Orientale (MAO) per quest'autunno. Inizio con il segnalarvi questa
mostra fotografica, che sarà inaugurata la prossima settimana, il
21
ottobre 2016, alle
ore 17, e che ha un qualcosa di epico sin dal titolo: L
a flotta
perduta di Kublai Khan – Mostra fotografica della Spedizione
Archeologica, che fa subito pensare a tutto quello che sapremmo, se i
fondali dei nostri mari potessero parlare. Non solo il Mediterraneo o
l'Oceano Atlantico, ma anche, nell'Estremo Oriente, il
Mare
Cinese!
Siamo
nel 1281,
Kublai Khan, l'imperatore che in Occidente
conosciamo soprattutto per l'avventura di
Marco Polo, prova per la
seconda volta di
invadere il Giappone degli
shogun. Il primo
tentativo, nel 1274, era fallito a causa di un
tifone, che aveva
distrutto la sua flotta. I tentativi dell'imperatore cinese di
sottomettere il Giappone risalgono al
1268, quando un'ambasciata con
un atto di sottomissione che lo Shogun avrebbe dovuto firmare,
fallisce per l'ovvio rifiuto del giapponese.
Nel 1274, allora, il
Khan invia
una flotta di 900 navi e 33mila soldati, per invadere la
regione a nord del Kyūshū, ma un violento tifone riduce di un terzo
la forza dei cinesi, che decidono di abbandonare l'impresa. Visto il
pericolo, i giapponesi decidono di proteggersi con
un muro di pietra
lungo 20 km, alto 2-3 metri e largo circa 3 metri, nella
Baia di
Hakata, tutt'oggi visibile. I cinesi inviano una nuova ambasciata per
ottenere la sottomissione dell'arcipelago e lo Shogun, che reggeva il
regno nel nome del principe Koreyasu, per tutta risposta fa
decapitare
i 5 uomini del Khan. La furia dell'imperatore non si fa attendere e
nel 1281 attacca Fukuoka, con oltre 140mila soldati e 4mila navi, i
giapponesi offrono una
resistenza incrollabile e i rinforzi attesi
dalle truppe imperiali finiscono
distrutti da un altro tifone.
L'imperatore mongolo perde buona parte della flotta e la metà dei
suoi uomini. A causare questo nuovo disastro mongolo-cinese,
venti
provvidenziali che i giapponesi definirono
kamikaze, cioè
vento
divino; furono questi venti a rafforzare la convinzione giapponese di
vivere in una
terra benedetta e protetta dagli dèi. E fu questa nuova
catastrofe a spingere l'imperatore mongolo ad abbandonare il
tentativo di conquistare il Giappone.
Sette secoli dopo queste
epiche battaglie nel Mare Cinese, una
spedizione di archeologia
subacquea, a cui ha partecipato anche l'Italia, ha riportato alla
luce la
grandiosa flotta del Khan, permettendo di studiare
imbarcazioni e armi dell'epoca. Di quel lavoro, compiuto dall'
IRIAE (International Research Institute for Archaeology and Ethnology), con la collaborazione del giapponese
ARIUA (Asian Research Institute for Underwater Archaeology), arrivano al MAO 36 fotografie e vari video. "Gli
scatti dei giornalisti e fotografi Marco Merola e David Hogsholt,
realizzati in occasione di un reportage poi pubblicato dal
prestigioso magazine internazionale
Terra Mater, hanno colto i
momenti di scavo subacqueo, di recupero dei materiali e di 'vita'
della missione più suggestivi. Insieme alle stampe saranno
presentati alcuni filmati montati da Fabio Branno, Cinemax Studio,
che avranno il compito di trascinare il pubblico nel Giappone
profondo, mostrando l'area interessata dalla spedizione e,
soprattutto, facendo vivere in differita le emozioni vissute dagli
archeologi nei sette anni di attività sul campo" spiegano dal
Museo di via San Domenico 11.
L'
inaugurazione della mostra sarà
accompagnata da una
conferenza, che racconterà la missione
archeologica. L'appuntamento è dunque per il
21 ottobre alle
ore 17, saranno
presenti anche
Daniele Petrella, presidente dell'IRIAE, e il giornalista e fotografo
Marco Merola. La
conferenza e l'inaugurazione alla mostra saranno a
ingresso gratuito.
La flotta perduta di Kublai Khan sarà aperta al MAO (via San Domenico 11)
fino al 20 novembre 2016, la visita è
compresa nel biglietto d'ingresso al Museo (10 euro, ridotto 8 euro, gratuito per under 18 e Abbonamento Musei Torino Piemonte); l'
orario di apertura è mar-ven ore 10-18 e sab-dom ore 11-19.
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