Grazie alla
Compagnia di San Paolo, che
li finanzia, nei mesi scorsi è stato possibile visitare i
cantieri
di restauro di alcune chiese del centro di Torino. L'ultima è stata
la
chiesa di Santa Chiara, nel Quadrilatero Romano, all'angolo tra
via delle Orfane e della stessa via Santa Chiara. Appartenente al
convento delle Clarisse, la chiesa ha tradizione antichissima: si
hanno sue notizie già in età medievale, ma di quell'epoca non è
arrivata a noi nessuna traccia.
L'attuale chiesa, con
sontuosa
facciata barocca, purtroppo non completamente apprezzabile sulla
stretta via delle Orfane, è stata progettata
nel XVIII secolo da
Bernardo Vittone, quando il Convento delle Clarisse era arrivato a
occupare già l'intero isolato. Essendo una
chiesa conventuale, ha
una concezione diversa rispetto alle chiese aperte al pubblico: è
costituita da
due sale, una, a pianta centrale, aperta al pubblico,
l'altra, adiacente e di forma rettangolare, riservata alle monache.
La
chiesa a pianta centrale è tra le più interessanti del barocco
torinese. E' impostata su
quattro grandi pilastri, sui quali è stato
realizzato
un ottagono (e grazie ai quali non si nota che il lato
all'angolo tra via delle Orfane e via Santa Chiara non è
perfettamente ortogonale); i pilastri sono
traforati e al livello
superiore ospitano una sorta di coro; su di loro è impostata la bella cupola a spicchi ottagonale. Uno degli elementi più
interessanti è il
doppio involucro della struttura: la pianta
centrale non si affaccia infatti 'direttamente' sulla strada, ma su
una sorta di corridoio che la circonda; si nota soprattutto al piano
superiore, dove i
grandi finestroni si aprono su un corridoio, a sua
volta illuminato direttamente dalla luce esterna, un effetto di
luce
indiretta, che nel cantiere non è chiaramente leggibile, a causa delle impalcature, ma si immagina facilmente come arrivi dall'alto e scenda sulle decorazioni dell'edificio; sarà una delle cose da scoprire e da ammirare, quando la chiesa
sarà finalmente aperta al pubblico.
I
restauri stanno riportando
Santa Chiara ai suoi
colori originari e stanno ripulendo le
decorazioni, gli stucchi, gli scudi, in cui sono rappresentate scene di vita biblica e simbolicamente legate alla luce, citando indirettamente la Santa a cui la chiesa è dedicata. Quando saranno terminati
restituiranno un edificio religioso dai colori chiari, in cui la luce
avrà
un ruolo primario, per affermare quella
claritas, chiarezza,
che arriva dall'Alto a prometterci la Salvezza. Le
decorazioni, sobrie ed eleganti, come
si conviene a una chiesa conventuale, sono settecentesche, gli arredi,
ormai quasi inesistenti a causa della tumultuosa storia
dell'edificio, trasformato anche in magazzino, risalgono al
Novecento. La
visita al cantiere permette di vedere da vicino le
decorazioni del primo livello, fino agli scudi che decorano i grandi pilastri, sopra il primo ordine; è un'occasione unica ed emozionante, perché non sarà possibile vederli da così breve distanza non appena il cantiere sarà smantellato. Le
guide, tutti giovani volontari del
Gruppo Abele, che
vivono nel convento, rivelano tante
curiosità sulla struttura e
sulle decorazioni; i
restauratori spiegano il loro
delicato lavoro,
mostrando come sia lungo e complesso ripulire le pareti dalle pitture
recenti, per riportarle allo splendore originale. La visita dura
45
minuti e permette di scoprire
un piccolo gioiello dell'architettura
torinese.
Dato il successo delle prime visite alla chiesa, l'iniziativa continua per
tutti i venerdì di novembre 2016, alle
ore 16 e 17, e il consiglio è davvero di partecipare, perché difficilmente i cantieri vengono aperti al pubblico e perché è appassionante scoprire quanta pazienza e quante competenze si nascondono dietro un restauro;
per partecipare alla visita bisogna prenotare all'email
cantiere.santachiara@gmail.com (è necessario indicare il numero di persone, il giorno e l'orario prescelto e un numero di telefono); alle visite non sono ammessi più di
12 persone, a cui è richiesto l'uso di pantaloni e di scarpe chiuse e senza tacchi, con suola di gomma.
Le fotografie interne della chiesa, pubblicate in questo articolo sono del fotografo
Ernani Orcorte.
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