Ci sono quadri che quando li vedi
finalmente nella Pinacoteca che li conserva pensi,
wow, ma allora
esistono davvero! Alla
Galleria Sabauda succede non solo con i
ritratti dei sovrani, visti tante volte tra i libri di storie e di
architettura e il web. Al
secondo piano, ci sono
due Vedute di Torino
firmate da
Bernardo Bellotto, uno dei più
celebri paesaggisti del
Settecento veneto, nipote del
Canaletto, alla cui scuola si era formato e
che ha influenzato per anni la sua pittura. Poi zio e nipote presero
strade diverse ed entrambi finirono per sviluppare
una propria
poetica: oltre Torino, Bernardo Bellotto visitò
le grandi
capitali dell'Europa orientale, Vienna, Dresda, Varsavia; di quella
seconda parte della sua vita, a Torino potete ammirare
due splendide
vedute di Dresda alla Pinacoteca Agnelli, con un controllo dei
chiaroscuri e un'attenzione per i
dettagli paesaggistici che finirono
con il differenziare il suo lavoro da quello del Canaletto; la cura
dei paesaggi nei suoi quadri permise a
Varsavia di ricostruire il proprio
centro storico, dopo le devastazioni della Seconda Guerra Mondiale.
A Torino, Bellotto ha realizzato due
Vedute, una nei pressi dell'unico ponte che attraversava allora il Po (tra la Gran Madre e piazza Vittorio Veneto, nella cittù odierna) e un'altra dal lato dei Giardini Reali. Entrambe permettono di avere
un'idea realistica della capitale sabauda del XVIII secolo. Risale infatti al
1745 la
Veduta dell'antico ponte sul Po, che ci regala numerosi dettagli
sulla città. Il primo, più evidente, riguarda le
condizioni
fatiscenti dell'unico ponte che attraversava il Po; nel 1706, pochi mesi dopo la gloriosa fine dell'Assedio, con la cacciata dei Francesi, l'ennesima piena causò
il crollo del sesto pilone, che trascinò con sé anche le ultime arcate verso la collina. Si decise di riparare il ponte con
travi e pilastri di legno, che gli diedero l'aspetto provvisorio immortalato nel quadro; di lì a pochi decenni,
nel 1810,
Napoleone avrebbe fatto costruire il
Ponte di pietra, arrivato a noi
come
Ponte Vittorio Emanuele I, il sovrano rimesso sul trono dal Congresso di Vienna, dopo la caduta definitiva dlel'Imperatore dei Francesi. Sulla sinistra, sulla cima del
Monte dei Cappuccini,
la chiesa di Santa Maria del Monte aveva ancora
la sua
alta cupola originaria, che avrebbe poi perso nel 1801. Ma a
un'osservazione più attenta, quello che attira davvero l'attenzione
è il
forte contrasto tra la raffinata carrozza dorata che attraversa
il ponte e la
semplicità del suo intorno; un contrasto che racconta le
pesanti disuguaglianze sociali del XVIII secolo e la vita
semplice e povera dei torinesi di allora. Non solo il ponte restaurato alla
meglio, ma anche
le casupole delle lavandaie sulla riva di Torino,
con tutti i panni stesi al sole, che non davano esattamente l'idea di
decoro ed eleganza che ci si aspetterebbe da una grande capitale,
quale i Savoia aspiravano fosse Torino; e anche la
vita quotidiana
di Borgo Po, sull'altra riva, con le botteghe, la legna accatastata all'esterno e, di
nuovo, l'immagine così lontana da quella di una metropoli, seppure
del XVIII secolo.
Sul fiume, sotto il Monte dei Cappuccini,
il
porto di Torino, con le imbarcazioni dei barcaioli e dei pescatori:
era da lì che si partiva per navigare lungo il Po e verso la Granda (sull'altro lato si partiva invece per scendere il Po fino ai confini orientali del Regno). Sullo sfondo, all'epoca fuori città, la più vicina delle delizie, il
Castello del Valentino, francesizzato dalla Madama Reale e con le
quattro torri in bella evidenza, rispetto al loro attuale aspetto.
C'è quasi niente in comune tra la Torino ritratta da Bellotto e
quella che si osserva oggi dallo stesso angolo: quanta storia e
quanti cambiamenti, eppure come è possibile
riconoscersi ancora, in
questo quadro.
Un quadro cossi celò anche iu
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