Vi è mai capitato di passare
spesso
davanti a una chiesa e di
non essere mai entrati, e poi, la volta che lo fate non potete trattenere un oh di
meraviglia e un ma perché non sono mai entrata/o prima? È più o
meno quello che mi è successo qualche giorno fa: ero in via
Garibaldi, avevo tempo, la
chiesa dei Santi Martiri Solutore,
Avventore e Ottavio era aperta e sono entrata. Mi sono trovata
davanti
una delle più sontuose chiese barocche della città.
La
chiesa dei Santi Martiri, questo il suo nome breve, è dedicata a
tre
dei primi martiri cristiani torinesi, uccisi appena fuori Augusta
Taurinorum alla fine del III secolo dopo Cristo: erano tre soldati
romani, che furono poi sepolti in città dalla nobile Giuliana e che
furono ricordati dal vescovo Massimo un secolo dopo, a testimonianza
che il loro martirio non era passato inosservato. Sebbene porti il
nome di martiri romani, la chiesa può essere considerata una sorta
di
paradigma degli edifici religiosi della Controriforma, affidati ai
Gesuiti. Siamo alla fine del XVI secolo, dopo il
Concilio di Trento,
che stabilisce le linee per riportare i fedeli alla 'giusta' fede e
che assegna ai Gesuiti il compito di vegliare sull'ortodossia
religiosa; la chiesa torinese viene progettata da
Pellegrino Tibaldi,
molto vicino a
Carlo Borromeo, che fu una delle figure centrali della
Controriforma in Italia e che fu amico del
Duca Emanuele Filiberto.
A
differenza delle chiese tradizionali, questa non è a tre navate, ma
a
navata unica affinché i fedeli non si 'distraggano' in altri spazi
e si
concentrino sull'altare e sulle parole del prete che officia la
Messa (e il
raffinatissimo pulpito, con le sue dorature, meriterebbe
da solo tutta l'attenzione). Sui lati corrono le cappelle, che solo
in età successiva, soprattutto dopo i danni subiti dalla chiesa
durante l'
assedio de 1706, assumono un maggiore protagonismo
decorativo. È dopo l'assedio che la chiesa dei Santi Martiri si
converte a
un barocco sontuoso: la costruzione della cupola e del
campanile e la realizzazione di un coro più profondo, con il
grandioso altare progettato da
Filippo Juvarra, trasformano
radicalmente l'immagine della chiesa. A questo bisogna aggiungere
la
forza delle
lesene dai capitelli dorati, che scandiscono il ritmo
degli spazi, degli
archi finemente decorati su cui é impostata la
cupola e che, nelle pareti laterali danno ingresso alle cappelle,
degli
affreschi, che nella volta della navata e nell'abside riportano
scene di vita dei santi gesuiti e da episodi biblici. Nella parte
bassa dell'altare juvarriano ci sono le
reliquie dei tre martiri a
cui è dedicata la chiesa, ma Juvarra non è l'unico grande artista
ad aver lavorato alla chiesa: ci sono anche la pavimentazione e la
facciata progettati da
Bernardo Vittone, i quadri della milanese
Gianna Duranda, che decorano le pareti della sacrestia (e quante
donne hanno le proprie opere all'interno di una chiesa?).
Stupisce
anche il
contrasto tra la
rigorosa facciata bicolore e il
trionfo
barocco e dorato dell'interno: da una parte una severa facciata
scandita da lesene grigie, con le nicchie in cui trovano posto le
statue dei santi gesuiti e un bassorilievo, sopra il portone, che
racconta i Santi Martiri torinesi a cui è dedicata la chiesa,
dall'altra una navata monumentale, sontuosamente decorata, che
suscita stupore e invita a scoprire la forza di Dio e della fede.
Non
lasciano mai indifferenti, le chiese di Torino, si sia o meno
religiosi.
La
chiesa dei Santi Martiri, in
via Garibaldi 25, a
pochi passi
dalla Cappella dei Mercanti,
è aperta tutti i giorni
dalle ore 11 alle 13 e dalle ore 16 alle 19; fa parte del progetto
Torino città d'arte e cultura tra le chiese di via Garibaldi e i
Musei Reali della Compagnia di San Paolo, che intende promuovere la
riscoperta del legame tra gli edifici religiosi e il complesso aulico
di Palazzo Reale, tutti appartenenti a un unico programma politico,
quello di trasformare Torino in una capitale
elegante e sontuosa,
all'altezza delle
aspirazioni politiche dei Savoia.
Commenti
Posta un commento