A
metà strada
tra la pianura e il mare, a pochi km da quel cuneo di
Lombardia che si infila a separare Piemonte ed Emilia Romagna,
Novi
Ligure custodisce
numerose anime, grazie alla posizione strategica. E
curiosamente una di queste anime è il
ciclismo, diventato passione
locale sin dalla sua prima apparizione: qui ci sono state le
prime
fabbriche costruttrici di biciclette, qui i
primi regolamenti per i
velocipedi e anche la prima associazione, il
Veloce Club Novese, poco
prima del Touring Club Ciclistico Italiano, padre del Touring Club
Italiano, qui sono nati e vissuti alcuni dei
campioni più amati,
da
Costante Girardengo a Fausto Coppi. Naturale che la cittadina abbia
dedicato a questo sport un Museo prezioso, con
sorprendenti
memorabilia e con tante storie che rimangono nel cuore.
Il
Museo
dei Campionissimi si trova a poca distanza dal centro cittadino (sarà
un quarto d'ora a piedi dalla Stazione ferroviaria?), per arrivarci
si percorre il
viale dei Campionissimi, dove si stanno raccogliendo
opere d'arte moderna dedicate al ciclismo e ai suoi eroi. Una sorta
di
galleria d'arte all'aperto che introduce al Museo, ricavato
in un
ex stabilimento dell'ILVA. Nell'antica navata di produzione della
fabbrica poco è stato toccato: le capriate sono a vista, il ritmo
delle finestre è rimasto inalterato, semplicemente è stato
introdotto un secondo piano, a cui si accede dall'atrio d'ingresso,
rimasto a tutta altezza. E in questo atrio c'è anche
un'auto di Fausto Coppi, una 600 che porta immediatamente all'epoca magica in
cui l'Italia impazziva per le sue imprese.
Al secondo piano,
su
un lungo nastro di terra, che simula anche l'evoluzione stradale,
dalla terra battuta del XIX secolo fino all'asfalto dei nostri
giorni, ci sono decine di biciclette. Dalla Draisina, in legno e
senza pedali, fino alle ultime in fibra di carbonio. Dalle bici
con i
cerchioni di legno e le gomme piene alle mountain bike, dalle
biciclette che pesavano
25 kg a quelle che n
on arrivano a 2 kg.
Un'evoluzione appassionante e incredibile, con
ogni bicicletta che
racconta una storia, sia per i suo cerchioni, per il suo manubrio o
per la casa che l'ha prodotta, segnando un ulteriore gradino verso
maneggevolezza e leggerezza.
Tutt'intorno,
negli spazi adiacenti,
ci sono gli omaggi
a Costante Girardengo e a Fausto Coppi, con i loro
memorabilia; la serie di biciclette che dimostrano
l'uso quotidiano
che ne facevano i
mestieri fino a poco tempo fa, dal panettiere allo
spazzacamino, passando per i poliziotti. C'è anche uno spazio che mi
ha reso
davvero speciale il Museo dei Campionissimi perché tutto
dedicato
alle donne che hanno fatto il ciclismo. La bicicletta non è
una storia solo di uomini, ci sono state donne straordinarie, che
hanno
dovuto lottare non solo contro la fatica e lo scoramento di uno
sport che obbliga a lottare anche contro il proprio corpo (in Museo
anche
l'evoluzione dell'abbigliamento dei ciclisti, per sopportare
meglio le temperature e le piaghe), ma anche
il pregiudizio sessista
e gli ostacoli dovuti al loro genere. È stato bello conoscere la
storia di
Anne Londonderry, la prima donna a fare
da sola il giro del mondo
in bicicletta, tra il 1894 e 1895: una scommessa da 5mila dollari e 3
bambini in tenera età lasciati a casa per vincerla. O la storia di
Alfonsina Strada, che correva al
Giro d'Italia con gli uomini senza
timori reverenziali e senza sfigurare. E poi tutte le altre, fino a
Edita Pucinskaite, lituana di nascita italiana d'adozione, che è
stata c
ampionessa del mondo e che ha donato una delle sue biciclette
vittoriose al Museo di Novi. Si sente una certa soddisfazione al
vederla
a pochi metri da una bicicletta di Marco Pantani, entrambe
degne di figurare
in un Museo che racconta la storia dei
campionissimi. Anche solo per questo (e non è solo questo!), il
Museo novese meriterebbe una visita.
Oltre alle collezioni
permanenti, ci sono l
e mostre temporanee. In questi giorni, e
fino al
29 ottobre 2017, c'è
Bici e Dintorni con i
cappelli della Borsalino
come ospiti d'onore. La mostra segue
cronologicamente la storia della
bicicletta, dalla Draisina, antenata senza pedali, fino alla Ferrari
in fibra di carbonio, passando per le mitiche biciclette di
Fausto
Coppi, Costante Girardengo, Marco Pantani, e senza tralasciare le
biciclette ministeriali degli anni 30 e 40 né le
leggendarie
Graziella su cui sono cresciute le generazioni degli anni 70 e 80;
non si dimentica neanche come alcune delle
invenzioni più geniali
siano state frutto del contingente: per esempio, lo scozzese
John
Boyd Dunlop che inventa la
camera d'aria per evitare che suo figlio
continui a sentire i contraccolpi del terreno sul suo triciclo. La
bella idea è accompagnare questa
lunga cavalcata tra le biciclette,
con i
cappelli di Borsalino, storico marchio della
vicina
Alessandria: dalle tube che si immaginano facilmente sui biciclo ai
cappelli femminili del primo dopoguerra, che sembrano appena usciti
da un film con Ingrid Bergman, dai borsalino classici fino a quelli
delle ultime collezioni che rivisitano il passato con materiali
contemporanei e ripetono una storia antica e sempre affascinante. E
insieme ai cappelli anche
oggetti di uso quotidiano che
ricostruiscono le varie epoche, come il macinino del caffè, la
macchina da cucire. I
rimandi al territorio sono continui, come la
preziosa scultura dell'artigianato novese o i modelli di biciclette
costruiti dalle aziende del territorio per i grandi campioni. Non è
più solo storia della bicicletta, è un po'
una storia d'Italia da
un punto di vista
insolito ed eccezionale, in cui è facile
riconoscersi, perché siamo noi, anche se non ci pensiamo.
C'è
un'ulteriore chicca, prima di lasciare il Museo, che sottolinea ancora il suo
legame con il territorio; in una sala speciale, i
Tesori sacri della
Collezione Civica, raccontano la pittura novese tra il '600 e il
'700, con un gioiello come il
Beato Salvatore da Horta benedice gli
infermi di
Bernando Strozzi e con grandi tele come le pale degli
altari di Giovan Battista Chiappe e di Francesco Campora della
chiesa
della Santissima Trinità. Sono quadri in cui si riflette anche
l'influenza di Genova su Novi, che proprio in quei secoli era
la più
importante cittadina dell'Oltregiogo. E la scoperta di Novi, un po'
piemontese e un po' ligure, può iniziare proprio da qui.
Il
Museo dei Campionissimi è in
viale dei Campionissimi 2, a
Novi
Ligure (AL);
è aperto il venerdì dalle ore 15 alle 19, il sabato e la
domenica dalle ore 10 alle 19.
Il biglietto d'ingresso costa 7 euro,
ridotto 4 euro, gratuito per under 5, possessori delle tessere
Abbonamento Musei e Torino+Piemonte Card.
Tutte le info sulle sue
attività su
www.distrettonovese.it.
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