Negli
anni '30 del XX secolo,
la demolizione dell'antica via Roma costituì
un prima e un dopo nella
storia di Torino. Al di là delle considerazioni sulle operazioni
realizzate dal regime fascista, anche
per motivi ideologici (via dei
Fori Imperiali, che, a Roma, attraversa gli antichi Fori Romani per
la gloria del Duce, distruggendoli in parte e dividendo per sempre un
complesso che era unitario, senza capirne pertanto origine e
storia...), la torinese via Roma andava, se non demolita, in larga
parte
riqualificata, a causa del suo
degrado e, all'interno dei suoi
isolati, della sua
scarsità d'igiene. Questo lo ammettevano più o
meno tutti, all'epoca, anche coloro che non appoggiavano la
demolizione della via e la conseguente scomparsa di edifici di
fascino, come il
cinema Ghersi, costruito solo pochi decenni prima, o
la grandiosa
Galleria Nazionale.
Si decise di
demolire la via,
per ricostruirla
più ampia, più moderna, dotata di quei
portici che
caratterizzavano alcune delle vie torinesi (via Po, via Pietro Micca,
corso Vittorio Emanuele, per rimanere a quelle adiacenti a via Roma),
ma non lei: nonostante quello che pensiamo adesso, passeggiando sotto
i suoi ampi portici, l'originaria via Roma non li aveva; era
più una
via Garibaldi che una via Po, insomma, con i marciapiedi stretti e
tanti negozi; i portici c'erano solo
in piazza San Carlo, che
ricostruiva le piazze chiuse parigine, una sorta di
place royale in
salsa sabauda.
Non era una via salubre, era una via sempre meno
frequentabile, ma
la sua demolizione dovette essere un colpo al cuore
per i torinesi dell'epoca. Un po' come se oggi decidessero di buttare
giù quella che conosciamo noi per ricostruirla da capo: quanti
ricordi e quante pagine di vita si perderebbero! L
'Archivio Valdese,
ripreso dal forum
Torino Sparita di skyscrapercity.com, propone
numerose
foto dei giorni della demolizione: con decine di persone che
si fermavano a guardare i lavori e gli sventramenti e con immagini
che sembrano
più di guerra che di riqualificazione (e la guerra
sarebbe arrivata solo pochi anni dopo!).
Quando guardo immagini
di sventramenti così drastici di una città, penso sempre a
cosa
abbiamo perduto. Mi capita lo stesso quando leggo
dell'abbattimento
del Quartiere Svizzero, nella Torino ottocentesca, o della
distruzione della Parigi medievale raccontata da
Victor Hugo. E allo
stesso tempo penso a
quello che non avremmo avuto senza quei
'sacrifici': non ci sarebbero stati
i grandi boulevards e le piazze a
stella di Parigi, né
il recupero dell'area romana e il tratto di via
XX settembre verso corso Regina Margherita a Torino.
Equilibri sempre difficili da
trovare: abbiamo perso una via Roma antica, costruita
dal potere
sabaudo, abbiamo recuperato una via dinamica e commerciale, di
architettura che cerca
di legare passato e presente. Rimane
lo
stupore e lo sgomento di quelle fotografie, di quando Torino ha
cambiato pagina.
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