Il
Guttuso più appassionato e
militante è arrivato alla
Galleria d'Arte Moderna, per raccontarci
un'Italia ricca
di valori civili e di impegno sociale, di cui abbiamo
perso la memoria e che sarebbe bello ritrovare.
Renato Guttuso –
L'arte rivoluzionaria nel Cinquantenario del '68 esorcizza quasi il
declino a cui la GAM è costretta dalla
mancanza di fondi degli
ultimi tempi e rivendica il suo ruolo di
divulgatrice dell'arte
moderna e contemporanea e di
protagonista del dibattito su arte e
cultura. Non so se la scelta sia stata voluta, ma mentre giravo nelle sale dedicate alla mostra è stato facile pensarlo.
La mostra è
apprezzabile e godibile anche senza
conoscere la parabola artistica di Renato Guttuso, genio siciliano
nato a Bagheria nel 1911 e morto a Roma nel 1987, quasi
un secolo di
lotte ai fascismi, agli sfruttamenti e alle ingiustizie sociali che
hanno caratterizzato il Novecento italiano. È utile, però,
conoscere
una frase di Guttuso riportata dal comunicato stampa e
scritta nell'articolo
Avanguardie e Rivoluzione, pubblicato da
Rinascita, nel 1967, in occasione dei 50 anni dalla presa del Palazzo
d'Inverno: "L'arte è umanesimo e il socialismo è umanesimo".
Il socialismo, nella sua versione comunista, che si affermò in
Italia nel Novecento, come portatore di
una nuova civiltà e una
nuova arte, in cui gli artisti erano militanti,
osservatori e
divulgatori delle istanze provenienti dalle parti più umili della
società.
Basta guardare i quadri di Guttuso in mostra, circa una sessantina, e seguire
i temi da loro affrontati. Le zolfatare, i minatori, i pescatori, i
contadini, le fucilazioni in campagna, con riferimenti anche alla
Guerra Civile Spagnola, che tanta passione suscitò anche in Italia,
e alla fucilazione di
Federico García Llorca, le mani degli operai, i
comizi, tele di denuncia per le condizioni di povertà e tele di
passione civile che si percepisce anche nell'uso dei colori. In
mostra tutte le tele hanno
colori accesi e forti, che non lasciano
mai indifferenti, anche quelli che raccontano
scene di vita, come
La
donna alla finestra,
Boogie-Woogie o le stesse nature morte. Ci sono
tele, come
La marsigliese contadina o
Lotta dei minatori francesi che
riportano l'eco della ricerca artistica internazionale. L'impegno
civile non è l'unico tema della mostra, lo ha sottolineato anche il
curatore
Pier Giovanni Castagnoli durante la conferenza stampa, ma è
certamente il
filo conduttore principale.
C'è una frase,
riportata come didascalia a uno dei suoi quadri,
La zolfara, che mi
ha molto colpita per l'idea di arte come strumento per raccontare il
Paese: "Altri pittori vanno oggi in altri luoghi della lotta
umana, nelle fabbriche, nelle miniere, nel delta padano a mischiarsi
con la vita vera, per una cultura nuova che esprima l'animo popolare
nella sua complessità, nei suoi contrasti, che esprima la vita del
popolo italiano e le sue lotte per progredire". Posso dirlo,
senza essere mai stata comunista, c'è un
qualcosa di epico e di
affascinante nelle lotte che, grazie ai sindacati e ai comunisti in
quei decenni sono state compiute, per
migliorare le condizioni di
vita di milioni di italiani. Anche per questo, davanti a una bandiera
rossa, anche se non ne condivido gli ideali, sento sempre
un profondo
rispetto.
Sarà per questo che
due grandi quadri, più di tutti
gli altri, mi sono entrati nel cuore, per il loro
significato
implicito.
La Battaglia di Ponte Ammiraglio, che si ha di fronte non
appena si entra nella prima sala della mostra, dai colori accesi, in
cui risalta il rosso dei garibaldini, da una parte
la storia della
Sicilia liberata dai garibaldini e dall'altra
la Sicilia che non si
arrende e che continua a credere in un ordine nuovo, che
faccia
giustizia agli ultimi. È anche bella la didascalia scritta per il
quadro, ma, devo dire, sono
molto belle e molto utili, per inquadrare
l'opera di Guttuso,
tutte le schede informative che accompagnano
lungo il percorso espositivo. L'altra grande tela capace di
emozionare è ovviamente il
Funerale di Togliatti, con le bandiere
rosse e, sparse nella folla silente e in bianco e nero,
le icone
del comunismo, anche quelle già scomparse nel 1964, come Lenin,
Giuseppe Di Vittorio, Antonio Gramsci; a vederli tutti insieme, da
Giorgio Amendola alla Pasionaria (tutte le sfumature di quel grande
movimento che fu il comunismo europeo), non si può non pensare a
che
grande epopea fu e quanto
l'Italia libera e civile di questi anni
deve anche a quei decenni di lotte e di impegno politico. Proprio di
fronte alla grande tela dei
Funerali di Togliatti ce ne sono due di
significato quasi opposto tra di loro:
Comizio di quartiere parla
ancora di impegno civile, di un'Italia appassionata, che ascolta un
comizio affacciandosi ai balconi e attenta per le strade;
Gli addii
di Francoforte mostra invece un abbraccio, che riporta il sentimento
d'amore e la passione sentimentale, dopo tanto impegno civile per
migliorare il mondo. Alla fine, tutto, in fondo, è frutto
dell'amore, che
continua a muovere il sole e le altre stelle.
Renato
Guttuso – L'arte rivoluzionaria nel Cinquantenario del 68 è alla
GAM, in via Magenta 31, fino al 24 giugno 2018. L'
orario di apertura
è da martedì a domenica ore 10-18; lunedì chiuso. Il
biglietto per
la sola mostra costa 12 euro, ridotto 9 euro, gratuito per
Abbonamento Musei Torino Piemonte e Torino Card; il biglietto per la
mostra e le collezioni permanenti costa 16 euro, ridotto 13 euro,
gratuito per Abbonamento Musei Torino Piemonte e Torino Card. Il
sito
web della GAM è
www.gamtorino.it;
il
bel catalogo è pubblicato da Silvana Editoriale.
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