Si può essere stati studenti al
Castello del Valentino per anni e poi scoprire solo dopo l'esistenza di
cose
meravigliose come questa
Cappella seicentesca, appena
restaurata e
restituita al nostro tempo nella manica di nord-ovest (nella manica di sinistra, nella foto sottostante).
Non che frequentando l'Università non ci si
renda conto di trovarsi in uno
spazio aulico, che la Regia Scuola di
Applicazione per gli Ingegneri prima e la stessa Facoltà di
Architettura poi
non hanno sempre trattato benissimo: quante volte,
nelle aule intonacate di bianco, ci si chiedeva cosa doveva esserci
prima e quanti dipinti quell'intonaco nasconde? E quante volte si è
guardato con
disapprovazione alle aule prefabbricate e al grande
edificio di architettura contemporanea costruiti proprio nel recinto
di quella che fu la residenza prediletta di Cristina di Francia,
senza pensare alle conseguenze? Per non parlare delle aule a noi
'proibite',
intorno al loggiato del primo piano, ancora auliche, con
tappezzerie rosseggianti e affreschi consumati.
Che il
Politecnico abbia
deciso di valorizzare anche il 'contenitore' del
suo Dipartimento di Architettura, ricordando che è una delle
Residenze Sabaude
Patrimonio Mondiale dell'UNESCO, è cosa bella e
buona. È bene che i futuri architetti apprendano subito a dare il
giusto valore all'esistente. La Cappella appena tornata alla luce è
di
Amedeo di Castellamonte, era stata murata all'inizio del '900,
quando era stata divisa con varie contropareti, per ospitare
uffici
e segreteria. A dare un'idea di quello che doveva essere, era
rimasta solo
la magnifica volta a botte stuccata.
L'ambiente originario era formato da
un
ambiente con sacrestia ed era stato costruito intorno al 1644; la
decorazione, di fine XVII secolo, presenta ancora
stucchi e
affreschi. Il restauro, coordinato dalla professoressa
Costanza
Roggero Bardelli (mi emoziono ancora al leggere il nome dei miei ex prof!), ha permesso di ritrovare
la struttura originaria, l'ingresso
voluto dal Castellamonte e gli ingressi laterali della sacrestia.
Mi
piace ricordare anche le parole del Rettore
Marco Gilli, che ha
concluso il suo mandato proprio con quest'ultimo restauro, perché la
concezione del Castello del Valentino, come spazio di studio e di
cultura aperto alla città è
profondamente condivisibile: "Molto
è stato fatto, ma ancora molto rimane da fare, perché questa sia
una sede ancora più funzionale e si apra sempre più alla città e
alla collettività, punto focale di un programma che guarda all'asse
del Po come polo di sviluppo per un futuro ormai prossimo".
Bella l'idea visionaria del
Po come polo di sviluppo (un concetto che
torna spesso nel dibattito sulla Torino del futuro, come sa chi segue
il blog e gli articoli sui Progetti) e bella quest'apertura del
Castello: negli ultimi anni, la Residenza che Cristina trasformò a
sua immagine ha ospitato
incontri e convegni sul suo passato e sul
suo ruolo, ci sono state numerose visite guidate, anche all'interno
dei progetti appositamente studiati per valorizzare le Dimore
Sabaude.
Non perdetevi le prossime occasioni di apertura, per
scoprire la non facile, ma non per questo impossibile, convivenza tra
un passato elegante e barocco e un presente di studio e ricerca.
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