A giugno dello scorso anno,
Open House
Torino ha aperto il
delizioso studio di
R3 Architetti, a San
Salvario. Mi aveva colpito perché si trovava in un locale
commerciale, in
via Principe Tommaso e perché l'arredamento interno,
essenziale ed efficace, aveva un che di geniale. È una delle
architetture che non ho fatto in tempo a visitare, ma mi è piaciuta
talmente tanto che ho cercato
Matteo Restagno,
Gian Nicola Ricci,
Marco Pippione e
Alexandru Popescu, i quattro giovani architetti
dello studio, per parlarne con loro. E, durante la ricerca, la
sorpresa: quello
studio non c'è più, i quattro si sono trasferiti
in
uno spazio più ampio in via Baretti, sempre a San Salvario.
Peccato per la perdita di quell'architettura (che in realtà non è
andata proprio perduta), ma
benissimo per il futuro professionale di
R3 Architetti, ovviamente. Rimanendo ferme le impressioni su quel primo studio,
gli architetti hanno accettato di raccontarmelo lo stesso, con un
certo affetto per quella che è stata
la prima 'casa' del loro progetto
professionale.
"Ci siamo conosciuti al Politecnico,
tutti
laureati tra il 2011 e 2012; abbiamo sempre lavorato
insieme nei
gruppi di progettazione, creando questo gruppo
molto coeso, sfociato
poi nella professione. R3 Architetti esiste da tre
anni, ma come gruppo risale ai nostri primi anni al Politecnico. R3 viene
proprio
dal nome dell'aula in cui abbiamo fatto le nostre prime
esperienze da studenti di architettura" racconta Gian Nicola
Ricci, che fa da
portavoce anche dei colleghi "Abbiamo partecipato ai primi concorsi, qualcuno
l'abbiamo anche vinto, verificando che potevamo funzionare. Durante
l'Università, con
Erasmus, abbiamo fatto le nostre prime
esperienze
all'estero, chi in Svezia, chi in Spagna, chi in Francia, abbiamo
così
ampliato i nostri orizzonti, scoprendo cosa succedeva
fuori
Torino. Abbiamo insistito con l'estero, con
tirocini in Danimarca, in
Brasile, in Francia. Composto questo
bagaglio, abbiamo deciso di
rimanere a Torino, perché ha un
potenziale interessante, non solo perché si è
internazionalizzata, mantenendo una dimensione umana, è
un mix tra
caratteristiche nordiche e italianità, ma anche per lo
sviluppo di
progetti professionali nell'architettura".
Lo
studio di San Salvario arriva a questo punto.
"Stavamo cercando
un primo spazio in cui lavorare, in
cui trovarci quasi nei ritagli di tempo, perché tutti
stavamo
facendo altre cose, tra dottorati, lavori in altri studi, esperienze;
non eravamo sicuri che il nostro gruppo funzionasse e potesse avere
un futuro, quindi ci serviva semplicemente uno spazio in cui
trovarci, non necessariamente grande, anche per
questioni di budget".
La ricerca di questo posto ad affitto contenuto li ha portati in un
locale
commerciale, con tanto di
vetrina su strada. "Ci piaceva
l'idea
di essere visti. Non è fondamentale per uno studio d'architettura,
perché non è che la gente entra e chiede di fare un progetto, se ti
vede dalla vetrina; ma ci piaceva che si
vedesse cosa facevamo".
Lo spazio era davvero piccolo,
circa 12 metri quadrati, ma piuttosto
alto. "Siccome eravamo in quattro abbiamo
sviluppato al massimo l'organizzazione interna, usando anche le
altezze. Si sono mosse varie cose in parallelo, che hanno portato poi
al progetto degli interni. La
questione economica per noi è sempre
stata fondamentale. Per esempio, tutti i materiali erano
di recupero,
le impalcature le abbiamo prese
da vecchi cantieri, conoscendo le
imprese, che ci hanno dato
i tubi Innocenti. La
cosa geniale, secondo
me, è stata
utilizzare materiali così semplici per creare una
struttura di lavoro in uno spazio così ridotto. I tavoli erano
a
sbalzo, così da evitare le gambe che avrebbero potuto crearci
fastidio mentre lavoravamo, per salire sul soppalco c'era
una
scaletta di cantiere, abbiamo cercato di massimizzare il comfort in
uno spazio così piccolo" spiega Ricci.
La loro
intuizione è
stata dividere
il locale in due parti in verticale: da una parte la
zona lavoro, realizzata
su due altezze, che permetteva di far
lavorare
fino a 5 persone contemporaneamente, grazie ai
tavoli
continui; dall'altra parte
lo spazio per i clienti, con una
piccola
area espositiva, creata con
tavole dello stesso materiale dei piani
di lavoro, su cui si appendevano i progetti realizzati e si
presentavano ai clienti i lavori. Mentre lavoravano al progetto i
quattro architetti hanno notato
le metafore possibili: "Eravamo
consapevoli che l'impalcatura poteva indicare
il cantiere, dicendo
che siamo sì progettisti, ma anche
persone che conoscono attivamente
il cantiere, il lavoro concreto della progettazione, oltre quello in
studio. E anche che
il progetto è un continuo cantiere, un divenire.
Ci piaceva anche questa lettura possibile del nostro studio".
Uno studio così piccolo ma così sorprendentemente organizzato,
da offrire tutti i servizi necessari, è
un bel biglietto da visita,
anche delle capacità progettuali e della creatività di chi lo ha
firmato. E infatti
le reazioni dei clienti sono sempre stati di
meraviglia. "Si meravigliavano tutti, non solo i clienti, che,
avendo visto il nostro lavoro prima di cercarci, sapevano già cosa facevamo ed erano già
alla ricerca di cose particolari; i nostri primi clienti sono stati
giovani professionisti, che cercavano architetti che la pensassero
come loro, che lavorassero
sulla flessibilità degli spazi,
sull'organizzazione di spazi piccoli,
sui materiali, noi amiamo la terra cruda,
il cemento grezzo a vista. La cosa bella per noi è stata
anche
la meraviglia di chi passava, soprattutto alla sera,
quando era
illuminato. Noi lavoravamo fino a tardi e c'erano tanti che
si
fermavano a guardare la vetrina, c'era anche chi entrava per
chiedere, si era instaurato
un bel rapporto dentro-fuori, che era
quello che avevamo cercato" ricorda Ricci.
Adesso che si
sono trasferiti in uno spazio più grande, a pochi isolati di distanza, sempre a San Salvario,
una
delle maggiori soddisfazioni è che le impalcature, smontate e
rivendute, sono state utilizzate da "un piccolo atelier che c'è
lì, vicino a dove eravamo noi: i ragazzi se le sono rimontate. La
cosa interessante è
la flessibilità e la reversibilità, perché
noi, essendo in affitto, dovevamo lasciare lo spazio così come
l'abbiamo trovato".
Open House per R3 architetti è stata
un'esperienza sorprendente: "Non ci aspettavamo venisse tanta
gente, c'erano
code per entrare, una cosa a cui non avevamo pensato.
Per noi
una bella vetrina, inaspettata perché
non pensavamo che
saremmo stati selezionati. Il progetto del nostro primo studio è
stato
uno dei più economici e spontanei che abbiamo realizzato ed è
stato un trampolino che non pensavamo, è stato
pubblicato su riviste
tedesche e cinesi. Open House ci ha
permesso di raccontare, nel
nostro spazio di lavoro e
a un pubblico molto più vasto, i nostri
progetti, la nostra professione, la nostra filosofia. È stato un bel
modo per raccontarsi, penso che Open House sia utile
per avvicinare
ed educare la gente all'architettura. Sembra sempre che l'architetto
sia una figura lontana, invece Open House aiuta a spiegarsi alle persone comuni ed
è importante educare la gente a pensare cosa sia uno
spazio e come organizzarlo.
L'architettura è, dev'essere, alla
portata di tutti".
Tra le cose belle della chiacchierata con
Gian Nicola Ricci c'è stata
la sua età, è la prima volta che ho incontrato un architetto intorno ai 30 anni.
R3 Architetti è composto
da giovani professionisti, che hanno
una
visione fresca e ottimista dell'architettura, che si sono
formati
durante la grande crisi, ne vedono l'uscita e
credono nelle potenzialità
della loro professione. Una delle cose interessanti dette da Ricci riguarda
il rapporto con Torino e l'architettura
contemporanea, un rapporto formatosi
non solo con le esperienze
all'estero di Erasmus, ma anche attraverso "
i social, nuovi
programmi per progettare e idee progettuali meno radicate sul
territorio. Tanti studi di architettura torinesi hanno
come modello
di riferimento Gabetti e Isola, i grandi maestri torinesi, legati
all'Università per lungo tempo, hanno forgiato tutta una generazione
venuta dopo di loro. Adesso è diverso,
non ci sono grandi figure di riferimento,
l'Università è molto più aperta, noi
tendiamo a portare queste novità che abbiamo conosciuto".
R3 Architetti è in
via Baretti 46, ha
un sito web ed è
su Facebook e
su Instagram.
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