Casa Okumè, una delle abitazioni
private di maggior successo di
Open House 2017 (sarà
aperta anche
per Open House 2018, il 9 e 10 giugno, sabato pomeriggio e domenica
mattina), è un altro esempio di come i
bassi fabbricati nei cortili
interni degli isolati torinesi possano rinascere a nuova vita, con
funzioni eleganti e affascinanti. Casa Okumè, che deve il proprio nome all'okumè,
un legno molto resistente, protagonista di struttura e arredamento, era in origine una
falegnameria; la sua riqualificazione era stata iniziata dall'
architetto Raimondo
Guidacci pensando a una futura vendita, e, a lavori già iniziati, la
designer Paola Marè, in cerca di casa a Torino, se n'è innamorata.
Paola Marè e Raimondo Guidacci (sin) e Casa Okumè (des)
"L'intervento è stato realizzato
tutto a secco, senza getti di
calcestruzzo; sia la soletta che la copertura appoggiano su
travi
d'acciaio a C, unite da un elemento a T in legno, che pinzato
all'interno delle due travi, serve a fissare
i pannelli in okumè
dall'alto" spiega l'architetto Guidacci. "Sopra le finestre è
stata inserita
una putrella, che raccoglie le travi della soletta,
permettendo di realizzare
aperture con un ritmo molto fitto,
praticamente i pieni, portanti, e i vuoti si equivalgono. La facciata diventa doppia, in base alla posizione degli scudi scorrevoli, che si raccolgono sulla parte piena di giorno e di notte possono essere utilizzati per chiudere le aperture".
Nel
disegno della facciata, la putrella ha
un ruolo unificante, che in
realtà parte dal pavimento, risale sul fianco laterale, gira
intorno, maschera il pacchetto che sostiene gli scudi, attraversa lo
spazio che separa le due maniche e
corre poi intorno all'altro
edificio. Ritorna anche
nel disegno della pavimentazione del cortile,
in cubetti di pietra di
Luserna, ma con fasce in pietra bianca alternate a una fascia in
pietra nera, che riprendono il motivo della putrella. Sul piano terra
in legno, si appoggia
la copertura di zinco al titanio del primo
piano, "la scatola di metallo" la definisce Guidacci,
"disegnata dagli abbaini che tengono lo stesso passo delle
finestre sottostanti e rendono utilizzabile il sottotetto".
La
falegnameria aveva
una forma a L: eliminate le tettoie che univano i
due edifici, sull'angolo, sono state ricavate
due maniche separate;
nella più grande è stata ricavata
l'abitazione in cui vivono adesso
Paola Marè, il marito e un gatto, nell'altra ci sono il
laboratorio,
il posto auto e, sulla copertura, un
bel terrazzo di piante,
ringhiera in lamiera forata e struttura metallica leggera per
eventuali teli o pergolato, che la coppia utilizza nel tempo libero. Le piante ritornano nel cortile, dove su una rete elettrosaldata lungo le pareti
si arrampicano i
falsi
gelsomini, che in primavera si riempiono di
fiori e inondano
l'ambiente di
profumi, ingentilendone anche l'aspetto.
All'interno dell'abitazione, la soletta è
in legno, ma con una parte in vetro, che, adiacente alle aperture, dà
idea dell'antica altezza dell'edificio. Tutta la parte di decorazione
e arredamento interno è stata
disegnata da Paola: è il suo lavoro,
ma non crediate sia così facile per un
interior designer arredare la
propria casa. "Direi che è
molto complicato. Ho sempre
tante idee che
vorrei realizzare: con il cliente seguo come
direzione il suo gusto, c'è un
atteggiamento più distaccato
che permette di dare la consulenza. Quando si tratta di te, sei lì
che dici mi piace, mi piace a tantissime cose e
prendere una
decisione diventa difficile. Qui sono stata
aiutata dai materiali,
già presenti, quindi l'okumè che torna, la lamiera forata che vela
le scale".
L'
open space, la vera passione di Paola, presenta su un angolo verso
l'interno una sorta di
scatola in legno, disegnata su misura, in
okumè. Sul lato della cucina, la scatola ha
una parte a vista, con
le stoviglie bianche che sono un bell'
elemento decorativo e riprendono la passione della padrona di casa per il
Giappone; i pannelli in okumè
nascondono il frigorifero e le armadiature per gli utensili. Sull'altro
lato
si apre il bagno. "L'arredo è su misura, la fuga di luce dà
sensazione di luce dall'alto; in genere non mi piacciono le
piastrelle in tutto il bagno, preferisco porzioni in smalto e in
rivestimento in grande formato, come questo, con pallini sporgenti
verso il lavandino e invece rientranti nella zona doccia"
spiega Paola. Spostandosi verso la cucina, definita dalla presenza
della scatola di legno,
non ci sono pensili, "personalmente non
li amo e in un open space fanno effetto buongiorno sono la cucina,
che non mi piaceva qui. È molto minimale".
Sulla
parete lunga, opposta alle aperture sul cortile, l'
open space presenta
una
struttura per libreria costruita su misura dal fabbro, con
ripiani in legno di
diverse lunghezze e di diversi spessori,
appoggiati sopra, per
accogliere libri, soprammobili. Il ripiano più basso
diventa poi una panca che corre lungo tutta la parete e serve per sedersi, appoggiare
oggetti. Tra la libreria e le aperture sul cortile, un bel
divano di
Patricia Urquiola, designer spagnola di stanza a Milano, "ha
forma fluida, come se fosse una pietra
lavorata dall'acqua. All'interno di questa geometria simmetrica,
definita dalla scansione delle putrelle, il divano porta
movimento".
Al piano di sopra si
sale con una
scala di metallo piegato. "Il giunto tra le singole
lastre in lamiera avviene in mezzo, in modo da avere continuità"
fa notare Guidacci "Il raggio di curvatura della lamiera piegata
rimane sempre la stessa ed è più semplice da realizzare". La
verniciatura è a polvere, è molto resistente, spiega Marè, ma "nel
caso si rovinasse un gradino sarebbe facile da rimuovere e
aggiustare, piuttosto che togliere l'intera scala".
Il piano
superiore è davvero
bello, caldo e accogliente, con il palchetto, che sotto gli abbaini prosegue con una
lastra di vetro, con il soffitto di legno
cadenzato dalle travi
d'acciaio, e con gli armadi a muro
bianchi. La camera da letto è al fondo, preceduta da
uno spazio in
continua evoluzione, in base alle esigenze di Paola e del marito:
"Prima facevamo
ginnastica, spostavamo e mettevamo a seconda delle esigenze, poi,
siccome non amo la televisione a vista, una sorta di nuovo focolare,
che non condivido, l'ho nascosta nell'armadio e abbiamo messo un
divano. Adesso lo sto ripensando".
Gli armadi finiscono in una nuova scatola,
questa volta bianca, che nasconde il bagno. La cosa
più originale,
che testimonia ancora una volta la passione della padrona di casa per
il Giappone, è la presenza di
una vasca sotto un lucernario e di un
lavandino in vetro, appoggiato su una leggera struttura lignea
disegnata da Paola, nella zona notte, accanto al letto. Un'immagine
rilassante, "l'effetto che volevo creare era
una suite raccolta
in cui si possa fare il bagno essere in camera, musica, candele,
molto tranquillo e rilassante".
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