Sono tra le centinaia di torinesi che
hanno approfittato di
Open House Torino per visitare la
Nuvola della
Lavazza (e non vi dico la fatica di prenotare, sul treno, tra Porta
Susa e Lingotto, mentre Eventbrite mi dava il sold-out a ogni orario
che selezionavo, dandomi l'ok solo al quinto tentativo, puntando su
domenica alle 12). Avevo avuto l'opportunità di visitare buona parte
del complesso grazie alla conferenza stampa e al tour per i media, ma
questa volta la visita ha compreso anche gli uffici e la terrazza
verde ed è stata un'altra cosa.
La prima cosa che colpisce della
Nuvola è quanto sia
curvilinea: non solo l'esterno, con la facciata
che 'abbraccia' gli edifici esistenti, ma anche l'interno. Sono
morbidamente curvilinee la luminosa
hall e le
scale che portano su,
ai vari piani degli uffici, dove dominano gli open-space, i colori
vivaci, le pareti vetrate che mettono in continuo contatto con il
panorama esterno, gli spazi in cui i dipendenti possono rilassarsi
per un caffè e una pausa. Curvilinea anche la
caffetteria, arredata
con mobili d'epoca e colori chiarissimi, con una preziosa
collezione
di caffettiere e questa luminosità proveniente dalle pareti
vetrate. E la
terrazza verde, sul tetto piano, segue le curve
dell'edificio, permettendo, tra piante e tavolini per il relax, di
guardare Torino, la collina, la Mole e lo skyline del centro.
Per
richiesta della Lavazza, non abbiamo potuto scattare fotografie negli
uffici, solo sulla terrazza, nella hall e nei pochi spazi pubblici (ci siamo tutti innamorati delle
zone relax, che sono tante, hanno i simboli e i loghi della Lavazza ben in vista e propongono anche locali per la palestra e per il gioco.
Fotografatissimi i calciobalilla con
Caballero e Carmencita).
Ma le poche immagini penso diano un'idea di quanto la Nuvola sia
diversa da tutti gli altri edifici torinesi, proprio grazie all'ampio
uso della linea curva. Torino è una città di
linee perpendicolari e
angoli retti, trovarsi avvolti da questi
spazi morbidi e da questa
gentilezza di un mondo senza angoli retti è una sensazione nuova e
piacevole. Tempo fa ho avuto l'opportunità di intervistare
Cino
Zucchi, l'architetto della Nuvola, e mi è piaciuto quello che mi ha
detto di Torino, delle passeggiate in città per impregnarsi della
sua anima, dell'ammirazione per gli architetti che hanno disegnato la
città,
da Guarino Guarini a Carlo Mollino, passando per Alessandro
Antonelli. Lo avevo cercato per questioni tecniche che non mi erano
chiare, siamo finiti a parlare della
poesia nell'architettura, che
poi è sempre quello che conta. In questa linea curva, che Torino non
vedeva con questo protagonismo dai tempi di Guarino Guarini e del suo
Palazzo Carignano, quanto c'è del grande architetto barocco? Per
rispondere, Cino Zucchi ha fatto
un discorso bellissimo sulla città,
le sue facciate, i suoi architetti (se volete essere rapidi sì, c'è
anche Guarini nella linea curva della Nuvola).
La facciata curva
risponde non solo alle necessità tecniche (riduzione dell'impatto
termico) o al progetto architettonico dell'isolato (l''abbraccio'
della nuova struttura agli edifici già esistenti del Museo e della
Centrale), ma anche al "
tentativo di fare architettura urbana".
Un tentativo che nasce dopo lunghe passeggiate di Zucchi a Torino e
aver osservato le sue facciate, "
il classicismo delle case
d'affitto, in particolare quella casa dell'Antonelli con le colonne".
Da quelle passeggiate, il
collage analogico, che ha portato alla
facciata della Nuvola,
scandita da rettangoli snelli e slanciati,
come le finestre della Torino barocca e ottocentesca. La Nuvola ha
facciate che vogliono essere "
sfondo dello spazio pubblico",
un concetto che torna anche nella piazza dell'isolato, che separa il
nuovo edificio dalla Centrale; quest'ultima, che un tempo ospitava la
prima centrale elettrica torinese, ha una bella facciata liberty su
via Bologna, ma non ne aveva nessuna all'interno dell'isolato,
essendo legata ad altri edifici. Cino Zucchi ha quindi
reinventato
una facciata lungo la piazza, citando le lesene di quella principale
e trasformandole in
elementi trilitici, "un po' tribali e un po'
Stonehenge" ha detto, sperando che "non mi diventino il
titolo, perché è semplicemente per far capire come funzionano".
Così, guardando la Centrale dalla piazza, "vi si riconosce
l'elemento
continuo dei prospetti che si sente nelle piazze torinesi, anche i
portici che caratterizzano le piazze sono un segno di questo,
sfondo
dello spazio pubblico e privato". E a questo punto sì, nella
hall della Nuvola, così morbidamente curvilinea e in quelle scale
che salgono su così sinuose e sensuali, "i Lavazza vedranno
le
volute di fumo", quasi come il piacere sensuale dell'attesa del
buon caffè, ma "io ci vedo
le curve di Carlo Mollino o di
Palazzo Carignano. Certamente c'è in questo
un po' di barocco, un
po' di sabaudo, nel senso dello sfondo urbano".
Sabaudo.
Questo termine così abusato e inflazionato, ultimamente, e che
Zucchi maneggia con cura e prudenza. Durante l'incontro con i
giornalisti, alla presentazione della Nuvola, aveva detto una cosa
che mi aveva colpito: "Non importano le parole, importano gli
accenti". Mi era piaciuta l'immagine e lui me l'ha confermata,
parlando del profondo rapporto instaurato con i Lavazza, così
torinesi nel loro
understatement, e della stessa Torino, che, come
tutte le città, ha codici suoi che la rendono diversa da tutte le
altre. "I Lavazza hanno scelto di stare nella città in cui sono
nati,
una città fatta da usi, costumi e codici, scritti e non
scritti. C'è sempre un
galateo urbano da conoscere: la città è un
luogo di
codici sociali, di confronto con il diverso, la costruzione
di un edificio urbano è
consapevolezza di quei codici; quando
accetti di progettare in una città significa che accetti un
contratto sociale con lei. L'
understatement è il codice torinese in
termini di urbanità" sostiene Zucchi.
Mi è piaciuta quest'idea
di Torino, dei Lavazza e dell'urbanità necessaria quando si progetta
in una nuova città. Vista così, la Nuvola non è solo la sede della
Lavazza, ma
un vero e proprio omaggio alla storia di Torino.
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