È stato
un tweet dei Musei Reali, che,
qualche giorno fa, ha mostrato il
cupolino della
Cappella della
Sindone libero dalle impalcature. Due foto emozionanti, che hanno
riportato alla mente
lo splendore della Cappella guariniana,
prima
dell'incendio che l'ha devastata nel 1997. Sono passati più di
vent'anni ormai, di restauri difficilissimi, complicati non tanto
dalla gravità dell'incendio quanto dalla
mancanza di una
documentazione sulla struttura: nessun disegno e nessuna
riflessione dell'architetto sulla statica dell'edificio, che aiutasse
la squadra di restauratori nel loro lavoro di ricostruzione. Di tanto
in tanto viene annunciata
la prossima riapertura della Cappella, che
passerebbe poi alla
gestione dei Musei Reali (si raggiunge dal
corridoio che unisce Palazzo Reale alla Galleria Sabauda, al primo
piano); ma poi la riapertura viene
rimandata, a causa di qualche
nuovo ritardo. Adesso che
le impalcature esterne sono state tolte e
sono tornati a vista i grandi archi finestrati, adesso che i Musei
Reali iniziano a creare curiosità e diffondono
le prime immagini
degli interni restaurati, c'è la speranza che la riapertura non sia
così lontana (si parla dell'
autunno 2018).
Nel loro sito web, i
Musei Reali riportano una bella descrizione della Cappella firmata da
Francesco Casanova e
Carlo Ratti e risalente al 1884 : "Sopra
una rotonda tutta di marmo nero, con archi e pilastri di belle e
grandi proporzioni, s'alza, leggera e fantastica
come nei templi
indiani, la cupola a zone esagone sovrapposte e alternate; pervenuta
a certa altezza, la parte interna converge rapidamente, ed è tutta
traforata da luci triangolari, finché lo spazio, reso angusto, è
chiuso da una stella intagliata che lascia vedere a traverso i suoi
vani un'altra volta su cui è dipinto il Santo Spirito in gloria".
Quando studiavo Architettura, per le
due cupole guariniane che segnano lo
skyline barocco di Torino, quelle
della Sindone e di San Lorenzo,
leggevo di ispirazioni
dall'architettura islamica, da Córdoba
in poi (San Lorenzo come il
mihrab della Mezquita andalusa, nel
disegno, non nella struttura statica, completamente diversa), però
dà da pensare che nella
piccola capitale di un Ducato meno solido di
quanto l'ambizione dei suoi sovrani avrebbe voluto, siano arrivate
influenze così esotiche, da regalare gioielli d'architettura unici
in Europa.
E al vedere le fotografie pubblicate su Twitter, con
questi
archetti che si inseguono fino alla gloria dello Spirito
Santo, mentre la luce piove morbidamente lungo le pareti, non si vede
l'ora che la Cupola torni finalmente a noi. Con
le consapevolezze e
le curiosità di questi vent'anni, in cui l'Architettura è tornata
nella mia vita, anche grazie a Rotta su Torino, rivedere la Cappella sarà un regalo, come se non fosse passato il tempo, una specie di
dove
eravamo rimasti; in fondo lo dice anche un vecchio e grande tango di
Gardel,
veinte años no es
nada, venti anni sono niente.
Commenti
Posta un commento