Nel weekend torna alla Palazzina di Caccia di Stupinigi FLOReal, che tanto successo aveva avuto nella prima edizione, nella stessa location. Nella tre giorni, dal 7 al 9 ottobre 2022, la mostra florovivaistica, con vivaisti provenienti da ogni parte d'Italia, sarà accompagnata da un ricco palinsesto culturale. Presentazioni di libri e conferenze, proiezioni di cortometraggi e documentari, performance teatrali, mostre, laboratori e un ampio spazio dedicato alla gastronomia, con un filo comune: la natura e la sostenibilità. La mostra propone colori e profumi dell'autunno, "dal fiore più amato, la rosa, agli agrumi siciliani, le orchidee dalla Lombardia, e ancora piante succulente e carnivore, orchidee, tillandsie, piante acquatiche e rampicanti, aromatiche e tropicali, oltre a diverse tipologie di bonsai. Piante da appartamento, da secco e da sole intenso, da ombra, fioriture annuali, bulbose e graminacee. Non mancheranno varietà più stagionali come le viole, i ciclam...
Il Messico e i sincretismi delle Tierras Altas, al Museo della Montagna
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Al Museo della Montagna, ancora fino al
7 ottobre 2018, c'è una bella mostra fotografica, Tierras Altas, che
racconta il Messico lontano dagli stereotipi
promozional-turistici. Chi non ha mai sentito parlare del Día
de los muertos, del Chiapas o dei maya? Enrico Martino, autore delle
78 foto in esposizione, racconta questo Messico profondo dal
lato di chi lo vive. Sono immagini coloratissime e vivaci, come è il
Messico, di grandi fuochi notturni, di paure ataviche che mescolano
la cultura europea a quella indigena, di volti segnati dalla vita e paesaggi indomiti, tra
boschi e vulcani.
Si parla soprattutto delle tradizioni in cui si
incontrano il dio cristiano e gli dei indigeni, in un sincretismo
sorprendente, soprattutto in occasione delle grandi feste religiose
cattoliche. Non solo il Día de los muertos, adesso assediato da
Halloween, in cui si ride della morte, quasi a esorcizzarla, ma anche
la Judea di Santa Teresa Del Nayar, sulla Sierra Madre, in cui un
esercito del male dà la caccia a Gesù, per ucciderlo, durante la
Settimana Santa. E poi i ricami antichi delle donne maya, che
riprendono la cosmogonia indigena mai dimenticata, e i riti degli
sciamani, lassù tra le montagne che separano, ma solo politicamente,
il Messico dal Guatemala.
Oltre alle foto, vorrei sottolineare la
bellezza e l'importanza dei testi dei pannelli informativi, che
raccontano quest'incontro tra Europa e culture precolombiane. Enrico Martino spiega in uno
di questi pannelli di essere stato interessato "ai sincretismi,
vertiginose stratificazioni culturali e religiose che avevano
resistito a cinque secoli di Conquista, elaborando una complessa
cosmogonia sincretica, che ha affascinato generazioni di viaggiatori
e antropologi. Uno spaventoso conflitto di civiltà che ha prodotto
una cultura che non è europea, non è indigena e non è, perlomeno
non è ancora, globalizzata."
Poi mi è piaciuto tantissimo
un testo dedicato alle donne messicane, che "incontri sulle
Tierras Altas del Chiapas, cariche di mais, di ritorno da qualche
milpa, ma anche a Città del Messico, dove sono emigrate da qualche
sperduto pueblito della Sierra Madre". Donne che spesso
mantengono la famiglia con lavori improbabili, legati alle tradizioni
e alle superstizioni di questo incredibile sincretismo di dei locali
ed europei, e che sopravvivono "in un Paese di machos, terra di
rivoluzionari come Pancho Villa, che lasciò diciotto pretendenti
alla carica di vedova ufficiale, o Emiliano Zapata, che tra una
rivoluzione contadina e una riforma agraria, saettava irresistibili
sguardi assassini". Donne che, nonostante il machismo e le
difficoltà, si rivendicano, "con un'identità indigena
alimentata dalla fierezza delle tessitrici e delle contadine nelle
Tierras Altas o persino negli scenografici vestiti zapotechi
indossati da Frida Kahlo, che servivano in realtà a identificarla
con gli oppressi e gli indigeni, trasformandola in un'icona di
irraggiungibile alterità mentre proclamava Mi vestido soy yo, il mio
vestito sono io, avvolta dalle volute di un cigarro delicado, che
fumava tra lo scandalo dei benpensanti dell'epoca".
E poi il
meglio, perché i messicani, uomini e donne, si ritrovano poi "in
qualche cantina, ultimi luoghi dell'anima in cui i messicani di ogni
generazione tendono a identificarsi almeno per una sera, ascoltando
ancora oggi canzoni che raccontano amores que te quitan el sentido,
amori che ti tolgono la ragione". Leggendo queste parole ho pensato immediatamente a Luis Miguel, a quando Luis Miguel era il figlio prediletto del Messico, anche quello delle Tierras Altas, e bastava un suo cenno perché tutte le star più prestigiose del Paese accettassero di apparire in La media vuelta, video in bianco e nero, ambientato in una cantina di un Messico atemporale, in cui l'allora giovane stella della canzone latinoamericana canta La media vuelta, un classico della musica messicana (trovate il video al termine dell'articolo). E provate a leggere parole così belle, pensare a come Luis Miguel le abbia sintetizzate nel video, mentre in sottofondo c'è la voce roca di Chavela
Vargas che canta Ojalá que te vaya bonito (che bella la colonna sonora che accompagna il video della mostra, a proposito!). È emozione pura.
Tierras Altas è al Museo della Montagna, in piazzale Monte dei
Cappuccini 7, fino al 7 ottobre 2018. L'orario di apertura è
martedì-domenica dalle ore 10 alle 18, chiuso il lunedì. Il
biglietto d'ingresso costa 10 euro, ridotto 7 euro, per i soci CAI 6
euro, gratuito per i possessori della tessera Abbonamento Musei.
Tutte le informazioni sul Museo e sulla mostra su
hwww.museomontagna.org.
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