Ai
Musei Reali di Torino sono in corso
due mostre che, se siete turisti in cerca di nuove mete, varrebbero
da sole un weekend invernale nel capoluogo subalpino:
Van Dyck. Pittore di Corte (alla Galleria Sabauda
fino al 17 marzo 2019) e
Tutti gli ismi di Armando Testa (a Palazzo Chiablese
fino al 24
febbraio 2019). Se aggiungiamo
I Macchiaioli, mostra in corso alla
GAM, che vedrò finalmente nei prossimi giorni, avete
tre buone
ragioni per raggiungere Torino o, se siete torinesi, per tornare ai
Musei Reali e alla GAM.
Ho visitato le due mostre ai Musei Reali
nello stesso giorno. Prima Van Dyck e la magnificenza dei suoi
ritratti, poi Armando Testa e la fantasia del suo universo: è stato
entrare a Palazzo Chiablese, vedere i colori fluorescenti dei primi
manifesti pubblicitari di Testa, con ancora negli occhi la luce
seicentesca di Van Dyck, per pensare "qui siamo su un altro
pianeta". Perché un solo articolo, dunque? Perché
il legame
tra i due grandi artisti mi è venuto naturale, al passare dall'uno
all'altro e perché
la loro genialità e il loro carisma sono
eccezionali. Antoon e Armando non potrebbero essere più lontani, per
i risultati della loro arte, ma non potrebbero essere più vicini:
uno pittore di Corte, l'altro pubblicitario dei grandi marchi
italiani, entrambi curiosi,
affamati di nuovo, pronti a mettersi
in
viaggio per nuove avventure e nuove sfide. Mi piace questo legame
magari non cercato, ma inevitabile agli occhi del visitatore, che
passa dall'una all'altra mostra e per questo
vi propongo di
considerarlo.
Nelle sale della Galleria Sabauda, 45 grandi quadri
e 21 incisioni raccontano
la straordinaria vita di Antoon Van Dyck e
spiegano il suo posto nella storia dell'arte. Già il sottotitolo,
Pittore di corte, mette in chiaro l'obiettivo della mostra,
realizzata
dai Musei Reali e Arthemisia, ovvero sottolineare l'unicità dell'esperienza del pittore fiammingo, che visse elegantemente, conteso tra le Corti più importanti. Nato ad Anversa, allievo di
Rubens, poi pronto a spostarsi a Londra, a Roma, a Genova, a Palermo,
ovunque lo chiamassero i committenti, Antoon van Dyck ha dipinto
quadri che sono
un appuntamento con la Storia. Hanno posato per lui
Carlo I ed Henriette Marie del Regno Unito, i principi Emanuele
Filiberto e Tomaso di Savoia, Maria de' Medici, l'Arciduchessa Isabella Clara Eugenia,
che governò le Fiandre nel nome del padre, Felipe II di Spagna, e poi principini, cardinali, nobildonne, aristocratici che
giravano intorno alle Corti d'Europa; ovvero buona parte della Storia del Seicento europeo.
Guardando i suoi quadri di
dimensioni enormi, viene da pensare che
l'Europa non l'abbiamo
inventata dopo la Seconda Guerra Mondiale: c'è sempre stata,
attraverso questi artisti geniali, che si muovevano da un Paese
all'altro e portavano con sé conoscenze ed esperienze con cui
avrebbero influenzato l'arte della nuova capitale visitata. Il
percorso cronologico, dalle prime opere nella bottega di Rubens fino
agli ultimi ritratti realizzati a Londra, permette di seguire
l'
evoluzione della pittura e degli interessi del grande fiammingo. Nei
suoi ritratti di principi e cardinali c'è sempre un
qualcosa di
epico (straordinario il
ritratto equestre di Tomaso di Savoia
Carignano, con un allestimento prospettico che ne esalta la
grandiosità); le sue donne hanno sempre una
luce di mistero nello
sguardo, persino l'Isabella Clara Eugenia con i suoi abiti monacali;
le scene mitologiche sembrano essere il
suo sfogo d'artista, come se,
stanco di temi religiosi e di ritratti, potesse trovare chiavi di
lettura più appassionanti
nei giochi di seduzione degli dei.
L'ultima sala, dedicata al suo ultimo segmento di vita, a Londra,
regala alcuni dei suoi
quadri più belli, dipinti per il re e la
regina d'Inghilterra: la capacità di dare vita persino ai vestiti
dei sovrani e dei principi ritratti, gli sfondi dotati di ogni
dettaglio architettonico e paesaggistico, parlano della sua piena
maturità. E parlano di un mondo, quello di re Carlo I, ormai
al
tramonto: pochi anni dopo la prematura morte di Antoon, il re sarebbe stato
decapitato e per il Regno Unito sarebbe iniziato uno dei periodi più
caotici della sua storia. È curioso come Antoon van Dyck si sia
mosso in un'Europa scossa
dalla Guerra dei Trent'anni, correndo da
una parte all'altra del continente, eppure di quelle convulsioni nei
suoi quadri
non c'è traccia.
Si esce dalla mostra con gli occhi
e la mente
pieni di Storia e di Europa, entrambi con le lettere
maiuscole, di personaggi famosi e aspiranti tali ritratti nella loro
sfolgorante forza terrena, come se la pittura di Van Dyck, oltre a
dare dettagli dei loro volti e dei loro vestiti, avesse voluto
sottolineare
la loro nobiltà e la loro bellezza interiore. E si
entra nel mondo di
Armando Testa. Il contrasto non potrebbe essere
maggiore e affascinante.
Dall'inquieto Seicento si viene
proiettati nella seconda metà del Novecento e si ritrovano
manifesti, personaggi, spot familiari.
Gli ismi di Armando Testa che
la mostra celebra sono il Futurismo, l'Astrattismo, il Surrealismo,
le culture di riferimento del
più grande pubblicitario italiano del
Novecento: si ritrovano nei primi manifesti,
di grafica geometrica e
di colori fluorescenti, si inseguono in tutta una carriera, che mutua
i linguaggi del cinema, della fotografia e dell'arte, per
trasformarli in pubblicità e comunicazione. Si ritrovano personaggi
come
Carmencita e Caballero, l'ippopotamo blu
Pippo, riprodotto quasi
a grandezza naturale, le sculture per il gelato della
Sammontana e
per il
Punt e Mes, tutte icone che hanno superato il loro tempo e che
sono riconosciute anche da chi non ha mai visto Carosello.
È la
storia della pubblicità in Italia, ma è anche la
storia di un
artista straordinario, che è stato fotografo, pittore, scultore, che
non ha mai smesso di cercare e che non ha mai smesso di
contaminare,
mescolare, provare. Lungo il percorso, c'è una serie di fotografie
degli anni 90 che probabilmente racconta Armando Testa più di tante
parole: il cibo utilizzato per costruire figure e disegnare
personaggi, come le salsicce che contornano un occhio femminile, una
poltrona ricoperta di prosciutto crudo, una fetta di parmigiano come
un'isola in mezzo al mare. Costruzioni
divertenti e irriverenti, per
prendere in giro il culto del cibo, per ironizzare sulle mode degli
anni 90. Un'ironia che si ferma
davanti al Crocifisso: c'è una
stanza con diverse Croci disegnate o scolpite da Testa, con il
braccio verticale corto leggermente inclinato, quasi a riprodurre la
testa di Gesù reclinata nella morte; più che irriverenza,
stavolta, vi ho letto un gesto di
pietas,
una sorta di pudore
sabaudo davanti al dolore e alla morte ed è una delle cose di questa
mostra che mi sono portata via.
C'è in questa mostra un lungo
pezzo di storia italiana, in cui possiamo riconoscerci, raccontata
attraverso gli occhi di uno degli artisti più aperti e più geniali.
Sarebbe bello scoprire perché
una città così rigorosa e così
razionale come Torino produca personalità così inafferrabili e così
creative, ma è tema che chissà se troverà mai una risposta.
Due
secoli lontani, due grandi artisti,
uno che ha scelto
l'epica e i dettagli, l'altro che ha preferito
le
contaminazioni e l'irriverenza. Due modi per guardare,
in una stessa giornata a
due momenti appassionanti della storia
d'Europa come il Seicento, uno dei secoli più sanguinosi, e il
Novecento, che ha regalato un lungo periodo di pace, dopo le stragi
di due guerre mondiali. Entrambi valgono il viaggio a Torino e una
mezza giornata spesa ai Musei Reali.
Van Dyck. Pittore di Corte è
alla Galleria Sabauda
fino al 17 marzo 2019. L'
orario di apertura è
martedì-domenica ore 9-19. Il
biglietto costa 14 euro, ridotto 12
euro, (15-26 anni, over 65), 7 euro (6-14 anni), gratuito per under 6
e possessori tessera Abbonamento Musei; una
convenzione con
Trenitalia permette a chi possiede un abbonamento Trenitalia della
Regione Piemonte (ma non Formula), ai soci di Carta Freccia con biglietto per Torino e a chi
ha un biglietto Trenitalia per Torino (valido per lo stesso giorno
d'ingresso alla mostra) di entrare alla mostra in due pagando un solo
biglietto, mostrando alla cassa i biglietti del treno e la Carta
(promozione valida nei giorni non festivi). Il
biglietto Mostra +
Musei Reali costa 20 euro, ridotto 16 euro (18-25 anni), 12 euro
(15-18 anni), 7 euro (6-14 anni), gratuito per i possessori della
tessera Abbonamento Musei.
Tutti gli ismi di Armando Testa è a
Palazzo Chiablese
fino al 24 febbraio 2019. L'
orario di apertura è
martedì-domenica ore 10-19, lunedì chiuso. Il
biglietto si compra
direttamente a Palazzo Chiablese, in piazzetta Reale, e
costa 12
euro, ridotto 6 euro, gratuito per chi possiede la tessera di
Abbonamento Musei; il
biglietto mostra + Musei Reali costa 20 euro,
ridotto 10 euro, gratuito per Abbonamento Musei.
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