Cristina di Francia nel fulgore della
sua potenza e della sua bellezza, ritratta come Minerva, spada
sguainata per difendere il suo Stato e nessuna briglia, solo un
nastro, per controllare il cavallo che sta montando. Pochi decenni
dopo, la stessa posa per sua nuora,
Maria Giovanna Battista di Savoia
Nemours, per indicare la forza, il potere, la
capacità di gestire
governo e guerra, anche se donna. Sono due dei quadri che colpiscono l'immaginazione, nella mostra
Madame Reali: cultura e potere da Parigi a Torino, dedicata da
Palazzo Madama alle sue due abitanti più famose.
La sede della mostra non è infatti casuale:
Palazzo Madama è la sintesi della storia di Torino. Ingloba la
porta orientale della città romana, è stato fortezza degli Acaia,
per controllare il ponte sul fiume, e ha assunto il
suo attuale
aspetto proprio
grazie a Cristina di Francia, che chiuse il cortile
medievale per ricavare una grandiosa sala al primo piano, diventata poi l'Aula del primo Senato italiano, e a
Maria Giovanna Battista di
Savoia Nemours, che chiese a
Filippo Juvarra, la facciata e il
fastoso scalone barocco.
Oltre 120 opere tra dipinti,
arredi, tessuti, gioielli, ceramiche e incisioni, ripercorrono non
solo la loro vita, ma anche
lo slancio che hanno impresso
al gusto
estetico, alle istituzione e all'immagine di Torino. Cristina, figlia di Enrico IV e Maria de'
Medici, arrivò a 13 anni da Parigi, portando il
gusto leggero e un
po' frivolo della corte francese, la passione
per le feste e per la
moda; fu lei a
valorizzare le residenze fuori città, dal
Castello del Valentino, regalatole dal suocero Carlo Emanuele per le nozze, alla
Vigna di Madama Reale, con cui consolidò la moda delle vigne in collina dei nobili torinesi. Nelle sue residenze, arredate di tappezzerie e mobili raffinati e affrescate con putti, motti ed episodi mitologici, avevano luogo i
balletti di corte di gusto parigino, in cui erano la Famiglia Regnante e i nobili a loro più vicini a interpretare i diversi personaggi. Autore dei divertimenti e degli abbellimenti, fu il
conte Filippo d'Agliè, poliedrico gentiluomo di corte, il più
fidato consigliere politico e il
fedele amante della Duchessa, così legato a lei da
rinunciare a matrimonio e relativa discendenza.
Nel 1648, Cristina cedette il potere al figlio
Carlo Emanuele II, ma
continuò di fatto a esercitarlo fino alla morte. Cosa che non
riuscì a Maria Giovanna Battista. Arrivata a Torino nel 1665, come seconda moglie dello stesso Carlo Emanuele II, rimase vedova nel 1675, diventando
Reggente nel nome del futuro
Vittorio Amedeo II, il quale si prese il
trono con decisione nel 1684. La seconda Madama Reale governò lo Stato per dieci anni e mostrò
molta
attenzione ai temi sociali: il Ducato dovette affrontare
gravi
carestie e lei fondò un Monte di prestito, l'Ospizio di carità e l'Ospedale
di San Giovanni; promosse anche la nascita di diverse
Accademie, come quella
Reale, in cui arrivarono a studiare aristocratici di tutta Europa, e quella delle
Belle Arti, oggi Accademia Albertina delle Belle Arti.
I rimandi tra Cristina e Maria
Giovanna Battista nella mostra sono continui. I quadri e le stampe
raccontano i loro
piani per gli ampliamenti della capitale, la
propaganda per promuoverla nelle altre Corti europee, i
codici di
architettura dalle facciate omogenee che ancora oggi la
caratterizzano. Mobili e porcellane mostrano
la raffinata vita di corte:
il tavolo in tartaruga di Pierre Gole, gli orologi, gli oggetti
preziosi della toeletta, l'attenzione per le mode provenienti
dall'Europa, come gli arredamenti di gusto cinese. Non mancano
i
tessuti e i gioielli, che seguivano le indicazioni sulla moda parigina inviate dagli
ambasciatori del Ducato in Francia. Un ruolo importante è riservato
alla
religione, con le icone sacre e i libri di preghiera che
entrambe le Madame Reali usarono per tutta la vita,
devote cattoliche
nonostante gli intrighi di corte e gli amori proibiti.
Il
cambio di immagine per la dinastia e per la città
furono indiscutibili: grazie alle Madame Reali, la piccola città che Emanuele Filiberto sognò come capitale del suo Ducato
in rinascita, fu
pronta per diventare capitale di quel
Regno di
Sardegna che tanta parte avrebbe avuto nella storia d'Italia.
Tre note, per concludere:
l'allestimento, elegante e raffinato, che lascia in vista i soffitti e gli stucchi dell'Aula del Senato; la
femminilità della mostra, dedicata a due delle donne più importanti della storia di Torino, curata da
Clelia Arnaldi di Balme e
Maria Paola Ruffino, allestita dall'architetta
Loredana Iacopino, e, però, fortemente voluta dal Direttore di Palazzo Madama
Guido Curto sin dal suo insediamento, un paio di anni fa; il
momento del tutto casuale, dati i tempi di programmazione delle mostre, che celebra le Madame Reali in una Torino in cui ancora una volta
le donne stanno giocando un ruolo determinante, con la sindaca
Chiara Appendino e le
madamine che la contestano. Qualunque cosa tutto questo significhi, è interessante.
Madame Reali: cultura e potere da Parigi a Torino è a Palazzo Madama, in piazza Castello, fino al 6 maggio 2019. L'
orario di apertura è mercoledì-lunedì ore 10-18, martedì chiuso. Il
biglietto costa 10 euro, ridotto 8 euro gratuito per i possessori delle tessere Abbonamento Musei e Torino Card; il
sito web è
www.palazzomadamatorino.it.
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