L'
8 marzo è sempre l'occasione per
ricordare
il ruolo delle donne nella nostra società, i diritti non
ancora riconosciuti, la parità non ancora conquistata. Quest'anno lo celebro ricordando cinque
donne che hanno avuto un ruolo nella storia di Torino e che hanno
contribuito a cambiarla per sempre. Le donne sono poco più della metà della
popolazione, ma il loro ruolo è sempre stato s
chiacciato in
posizione subalterna (quanto apprezzo quelli che mi dicono che sì,
se le donne vogliono i posti di potere ci devono arrivare per merito,
come gli uomini, mi immagino, che hanno fatto la Legge Salica per
assicurarsi i troni, massimi luoghi del potere dei secoli passati).
La lotta non è conclusa,
non
facciamoci riportare indietro, mentre leggiamo di nobildonne e plebee
che ci hanno
cambiati per sempre.
Cristina di Francia
Arrivata a Torino come moglie
dell'erede al trono Vittorio Amedeo I, si fece notare subito per la
passione per le feste e per i divertimenti, lasciando di sé
un'immagine frivola, strettamente legata a quella della Corte di
Francia, da cui proveniva. Rimasta vedova in giovane età, fu
la
prima Madama Reale, reggente per i figli, Francesco Giacinto prima e
Carlo Emanuele poi, e si distinse per l'impegno a mantenere il Ducato
di Savoia indipendente dai tentativi di influenza della Francia di
suo nipote Luigi XIV. Vinse la guerra civile scatenatagli contro dai
cognati Maurizio e Tommaso a caro prezzo, cedendo al primo la figlia
Ludovica in moglie. Non solo politica e guerriera, Cristina di
Francia ha stabilito
i codici estetici barocchi che ancora oggi
appartengono al nostro immaginario: piazza San Carlo e le vie
ortogonali sono opera dei suoi architetti, il Castello del Valentino
è stato da lei reinventato.
Giovanna Battista di
Nemours
Nuora della precedente, francese anche lei, di piccola
nobiltà, fu moglie di Carlo Emanuele II, rimanendone vedova anche
lei in giovane età. Non è detto che abbia amato il potere più di
Cristina, ma lo mostrò in modo più esplicito, fino al suo brutale
allontanamento da parte del figlio Vittorio Amedeo II, stufo, ormai
maggiorenne, di una madre che non lo lasciava regnare in pace. Più
filofrancese di Cristina, la seconda Madama Reale resse le sorti del
Ducato in tempi complicati, ma ebbe anche il tempo di
dedicarsi alla
cultura e alle arti. Fu lei a istituire l'Accademia Militare, oggi a
Modena, dopo diverse vicissitudini, e il Collegio dei Nobili, nel
Palazzzo oggi sede del Museo Egizio, che seppero portare a Torino
giovani aristocratici da diverse parti d'Europa. E fu ancora lei a
chiedere a Filippo Juvarra l'
abbellimento della sua dimora, Palazzo
Madama, oggi con la splendida facciata barocca per lei creata.
Giulia di Barolo
Nata come Juliette Colbert di
Maulévrier, nella Vandea scossa dalla Rivoluzione, anche lei
francese (ma quanto deve Torino alle donne di Francia?), fu l'ultima
marchesa di Barolo, grazie al matrimonio con Carlo Tancredi Falletti
di Barolo, soprattutto fu
una delle più importanti filantrope
dell'Ottocento. Poche donne, come lei, hanno saputo utilizzare la
propria ricchezza per fare del bene: animata dallo spirito
paternalistico del suo tempo e da una profonda fede religiosa, Giulia
si occupò soprattutto delle donne in difficoltà, offrendo loro
istruzione e opportunità. Riuscì a rendere più dignitosa la
condizione femminile nelle carceri, realizzò dimore per le giovani
senza dote, offrendo loro scuole professionali, trasformò Palazzo
Barolo in una sorta di mensa per i poveri, facendo trovare loro
sempre piatti caldi. Fu anche un'abile donna d'affari, riuscendo ad affascinare la Corte con
il suo vino Barolo, prediletto da re Carlo Alberto.
Emma Strada
Figlia di quell'epoca appassionante e
convulsa in cui Torino divenne capitale delle scienze e
dell'automobile, Emma Strada visse in un intorno privilegiato: non
solo studiò al Liceo Classico, ma nel 1908 fu anche
la prima donna a
laurearsi in Ingegneria civile in Italia. Con il massimo dei voti e
terza sui 62 partecipanti al corso. Il suo primo progetto fu una
galleria di accesso a una miniera, in Valle d'Aosta. Poi vennero una
carriera professionale di tutto rispetto e un merito: non dimenticò
mai
l'importanza del sostegno tra donne. Nel 1957 fu tra le
fondatrici dell'Associazione Italiana Donne Ingegnere e Architetto,
di cui fu prima presidente. L'ingegnere Strada ha aperto il cammino alle lauree scientifiche a migliaia di donne, ancora troppo poche in
quelle professioni. Pensate che le prime laureate in ingegneria
aeronautica o nucleare sono degli anni 60: il cammino è ancora
lungo, la prima porta l'ha aperta Torino, con Emma.
Rita Levi Montalcini
Torinese, ebrea,
Premio Nobel per la
Medicina nel 1986, una delle più straordinarie ricercatrici che il
mondo abbia avuto nella neurologia. Una mente aperta, brillante,
curiosa, pronta ad aprire nuovi orizzonti alla ricerca. Costretta
dalle leggi razziali e dal nazismo a nascondersi, non smise mai di
studiare e di fare ricerca nei suoi laboratori clandestini,
rimanendo
legata a Torino fino a quando possibile. Poi trent'anni di ricerca
negli Stati Uniti, con riconoscimenti prestigiosi per i suoi studi
sul sistema nervoso e, nella seconda parte della vita, anche una
carriera politica, dopo la nomina a Senatrice a vita. Nei suoi ultimi
anni, a causa della fragilità dei governi progressisti in cui si
riconosceva, fu spesso indispensabile il suo voto in Senato e
ricevette attacchi evitabili persino sulla sua straordinaria vita di
ricercatrice. Morta a 103 anni, primo Premio Nobel a superare il
secolo di vita, è tornata in morte a Torino.
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