Il MAO propone sempre
piccole
mostre-gioiello, che sono un invito alla riflessione e alla scoperta.
Non fa eccezione
Safar: viaggio in Medio Oriente, vite appese a un
filo, mostra fotografica di
Farian Sabahi, giornalista italo-iraniana, in viaggio tra Italia, Medio Oriente e
Asia Centrale, tra le zone di guerra e i percorsi poco battuti dal
turismo, per raccontare quei popoli. Le foto selezionate, circa una
sessantina, sono state scattate
tra il 1998 e il 2005: l'
Iraq
dell'invasione statunitense,
Dubai che inizia la scalata alla
conquista del turismo del lusso, lo
Yemen dalle case ricamate, l'
Iran
degli altopiani, coloratissimo come non te lo aspetteresti. Le foto
raccontano la vita quotidiana, sono soprattutto volti di persone,
gesti consueti, paesaggi straordinari, dai resti romani di Palmira ai
tramonti iracheni, verso Baghdad.
Le guardavo e pensavo che in
larga parte erano
testimonianze preziose di un mondo perduto. Un
mondo che ha perso
la tolleranza e la multiculturalità, la capacità
di far vivere insieme per secoli culture diverse e orgogliose. La
Siria insanguinata dalla sua eterna guerra civile, con gli interessi
delle grandi potenze, l'Iraq agitato, senza pace nel dopo Saddam
imposto dall'Occidente, lo Yemen, isolato nei suoi ritmi antichi e
adesso vera e propria emergenza mondiale per la salute, i diritti, la
sopravvivenza, visti i bombardamenti sauditi, con la complicità
delle armi occidentali. Farian ha usato
la sua doppia cultura,
sospesa tra Oriente e Occidente, per entrare in luoghi generalmente
esclusi agli stranieri, per scambiare
impressioni e opinioni con chi
generalmente non si apre agli sconosciuti. Ne sono venuti fuori
ritratti inediti di Paesi lontani e affascinanti, che fanno sentire
ancora più forte il rimpianto di quanto è andato perduto e che
danno il senso di una storia
profondamente legata ai suoi riti e alle
sue tradizioni.
Ho molto amato l'introduzione alla mostra scritta
dal giornalista
Alberto Negri: "Guardando alcune di queste foto
scattate in Iraq, in Yemen o in Siria non posso non pensare a quel
tempo perduto.
Prima della tempesta. Ricordo che proprio con Farian
andammo a
Mosul a visitare uno dei capi della
comunità yezida.
Allora degli yezidi non parlava nessuno, soltanto dopo, quando l'Isis
fece nel 2014 la sua comparsa in Iraq, salirono tragicamente alla
ribalta delle cronache come una delle comunità
più perseguitate
insieme agli sciiti e ai cristiani. A quell'epoca, quando ancora
gli americani non avevano invaso l'Iraq, nel 2003,
si passeggiava
sulle rive del Tigri e si potevano incontrare i
Mandei con la loro
storia millenaria: il loro capo, appoggiato a un bastone e avvolto in
una tunica bianca, li accompagnava a immergersi nelle acque con un
rituale che aveva tremila anni. Vedo le foto di
Sanaa e si stringe il
cuore: quelle torri, quei pinnacoli, oggi sono in molti casi ridotti
in macerie. Gli
Houthi, i ribelli zayditi, allora era soltanto dei
manipoli di adolescenti che conducevano la guerriglia contro il
potere centrale e i sauditi con vecchi fucili. Oggi lo
Yemen è forse
la peggiore emergenza umanitaria mondiale ma se ne parla assai poco
perché tra i responsabili del disastro ci sono americani, sauditi,
Emirati, ma anche noi italiani, che vendiamo bombe alla monarchia di
Riad".
Un mondo perduto anche nei Paesi che
non sono stati
sconvolti dalle guerre, ma che hanno conosciuto grandi mutamenti: gli
Emirati Arabi Uniti, diventati
meta del turismo di alto target, ma
ancora chiusi in
società molto conservatrici, nelle quali
i diritti
dei più deboli non sono riconosciuti, siano le donne (e in questo
senso la storia della sceicca Latifa, trattenuta contro la sua
volontà dal padre, lo sceicco Mohamed di Dubai, è un esempio) o i
lavoratori asiatici in condizioni di schiavitù; le
Repubbliche ex
Sovietiche dell'Asia Centrale, in cui le suggestioni millenarie
convivono con le influenze occidentali ("Adesso ti chiedono
soldi per tutto, anche per fare fotografie" commenta Farian).
Una mostra fotografica
davvero bella, completata da
un'intera parete
di articoli scritti da Sabahi in questi anni sulle terre visitate; articoli che raccontano economia, diritti, itinerari turistici,
donne, le mille chiavi con cui leggere il Medio Oriente e l'Asia.
La mostra è accompagnata da
un ciclo di
tre lezioni sulla letteratura mediorientale, tenute da Farian Sabahi,
ognuna dedicata a un'autrice: 23 marzo ore 11:
Vénus Khoury-Ghata, Libano; 30 marzo ore 11:
Inaam Kachachi, Iraq; 6
aprile ore 11:
Nasim Marashi, Iran. Il ciclo di incontri costa 20
euro, la prenotazione è consigliata al numero di telefono 011
4436999.
Safar: viaggio in Medio Oriente, vite appese a un filo è
al
MAO, in via San Domenico 11,
fino al 30 giugno 2019. L'
orario di apertura è martedì-venerdì ore 10-18, sabato-domenica ore 11-19, chiuso lunedì.a mostra è
compresa
nel biglietto d'ingresso al MAO, che costa 10 euro; ridotto
8 euro pe rover 65 e 18-25 anni; gratuito per under 18, possessori
delle tessere Abbonamento Musei e Torino Card. Tutte le info su
www.maotorino.it.
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