Come
attraversare le Alpi in tutta
sicurezza anche d'inverno è sempre stata una preoccupazione per le
popolazioni stanziate a Nord Ovest: la
neve, che rendeva
impraticabili i passi alpini, paralizzava, di fatto, anche i
commerci. Il
tunnel del Frejus è stato il primo ad attraversare le
Alpi e a permettere di muoversi in tutta sicurezza tra Francia e
Italia. Ma, in realtà, il primo, rudimentale tunnel delle Alpi
nord-occidentali risale addirittura a
l Quattrocento, in quello che era
il
Marchesato di Saluzzo nei pressi del Monviso,
nell'attuale Comune di Crissolo (CN). È passato alla
storia come il
Buco di Viso, lo chiamiamo ancora così, si trova a circa
2880
metri, ed è stato fortemente voluto dal marchese
Ludovico II del
Vasto, per facilitare i commerci tra il suo Stato e
la vicina valle
di Queyras. Il passo del
colle delle Traversette, a quota 2950 metri,
rimaneva chiuso d'inverno, a causa della neve, che rendeva pericoloso
il passaggio dei muli; così il Marchese pensò
all'impresa audace,
un tunnel che, poco più in basso, permettesse alle merci di attraversare le Alpi tutto
l'anno.
Ma come costruire un simile tunnel nel Quattrocento,
quando la polvere da sparo doveva ancora arrivare e quando i rilievi
topografici erano sconosciuti? Il metodo utilizzato si rifaceva agli
insegnamenti romani, descritti da
Diodoro Siculo, ed è raccontato
da wikipedia: "Consisteva nell'accatastare contro la parete
rocciosa una pila di legname a cui si dava
fuoco; la roccia,
intaccata dalle fiamme, subiva un primo processo di calcinazione,
a seguito del quale si screpolava e si fendeva frammentandosi
gradualmente. I minatori, quindi, inondavano la roccia con grandi
masse di una soluzione di
acqua bollente e aceto gettata
con forza al fine di disgregarla anche internamente. A quel punto la
roccia diveniva sufficientemente friabile per essere attaccata con
successo d
a martelli e picconi che venivano inseriti a forza e fatti
agire nelle fessure che si erano venute a formare in precedenza".
Potete dunque immaginare
la fatica dei lavori, considerando che il
tunnel era a oltre 2880 metri e che vi si arrivava solo attraverso
mulattiere, con tutte le difficoltà del caso. Eppure fu scavato
in
soli due anni.
L'accordo tra il Marchese Ludovico di Saluzzo e il
Conte di Provenza, il re di Napoli Renato d'Angiò, fu firmato ad
Arles
nel 1478; i lavori iniziarono nell'estate del 1479, non appena
la neve permise il loro avvio, e
terminarono nell'estate del 1480,
con la pausa invernale a causa del solito maltempo.
Due soli anni
di lavoro per il primo tunnel alpino,
costato 12mila fiorini.
Considerata la tecnica costruttiva, i suoi numeri sono ancora oggi
impressionanti: era
lungo circa 100 metri, alto 2,5 metri e largo
circa 2, in modo da permettere di far passare
un mulo carico, con le
due some laterali; non era illuminato ed era leggermente più
pendente nella parte italiana. Oggi, a causa dell'erosione della
montagna misura 75 metri.
Il Marchese Ludovico ci aveva visto
giusto: la sua galleria, scavata per migliorare i rapporti
commerciali con la vicina Francia,
fu un successo; secondo i
documenti dell'epoca,
nel solo 1482 vi passarono 20mila sacchi di sale,
oltre a tutti gli altri tipi di merci (riso e canapa dall'Italia,
stoffe e broccati dalla Francia). Ma oltre a essere
un'ottima via
commerciale, la galleria si rivelò anche
un potente strumento
bellico; nel 1486, il Marchese di Saluzzo usò il suo tunnel per
rifugiarsi in Francia; nel 1494
re Carlo VIII di Francia lo usò per spostare il
suo esercito in vista della Battaglia di Fornovo, nel 1499 e nel
1525 lo usarono rispettivamente
re Luigi XIII e
re Francesco I, per
difendere i propri interessi in Italia, contro
Carlo V.
Era così
importante e così strategico, che quando il Marchesato passò
sotto
il Ducato dei Savoia, nel 1601, questi ne causarono il declino,
temendo che potesse
fare concorrenza alla loro via commerciale
prediletta, attraverso
la Valle di Susa e il Moncenisio, da cui
ricevevano i tributi dei dazi. Il
duca Carlo Emanuele I lo fece
chiudere. Ma la sua esistenza
non fu mai dimenticata: di tanto in
tanto i valligiani chiedevano la sua riapertura e nell'Ottocento,
nonostante le difficoltà dovute alla manutenzione inesistente, fu
usato dai
tanti italiani che emigravano in Francia, in cerca di una
vita migliore. Fu
riaperto nel 1907 e negli ultimi anni è tornato
praticabile grazie a lavori di consolidamento e di restauro; viene
utilizzato da turisti ed escursionisti, per passare dall'Italia alla
Francia: sono 75 metri, carichi di storia e di storie, il simbolo di
cosa può l'uomo, quando segue i suoi pensieri audaci.
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