Era il cosiddetto
distretto siderurgico
di Torino: da
corso Principe Oddone verso Ovest, con via Livorno e via
Orvieto come assi principali, "qui erano tutte industrie".
Se c'è un quartiere che può testimoniare la
rapida
industrializzazione del Novecento, è proprio questo: gli
alti forni della Fiat e della Michelin, i treni della SNOS e, intorno
a loro, altre piccole e grandi fabbriche, dalla Paracchi alla
Superga. Un vero e proprio distretto industriale, impressionante
nella foto a sinistra, con alte ciminiere e stabilimenti estesi.
Per orientarvi, l'ampia strada sulla sinistra è
via Stradella, con accanto la
linea ferroviaria Ciriè-Lanzo, che arrivava da corso Giulio Cesare e che oggi è sotterranea, sotto la cosiddetta Spina Reale; all'altezza dell'attuale
largo Giachino, il "bivio" da cui parte via Giachino, leggermente divergente rispetto a via Stradella; dallo stesso largo Giachino,
via Orvieto, che supera la Dora per diventare via Livorno; in basso, la piazza romboidale è
piazza Luigi Mattirolo. Pochi
gli edifici, destinati agli operai, quasi inesistenti gli spazi
verdi. Chissà cosa doveva essere
respirare quell'aria, quanti
metalli, quanti fumi.
Si guardano le foto e si pensa a quell'area oggi, diventata un
polmone verde sulle rive della Dora, il Parco Dora, circondato da edifici residenziali. Come tante città, nella sua tumultuosa crescita del Novecento, Torino ha
inglobato tanti complessi industriali e, dopo la deindustrializzazione degli anni 80 e 90, ha dovuto fare i conti
con le loro trasformazioni. La cosa interessante di Torino è che è riuscita a realizzare
tanti progetti innovativi e di grande fascino. Il padre di tutti è ovviamente il
Lingotto reinventato da
Renzo Piano, che ha dimostrato la nuova vita possibile delle grandi fabbriche. Poi sono arrivati il primo di tutti gli
Eataly nell'ex Carpano, le ville urbane sui tetti
nell'ex CEAT, il centro commerciale, con uffici e loft nel nuovo Basic Village,
al posto del Maglificio Calzificio Torinese, il nuovo cortile di ispirazione nordica, nel rapporto fluido tra pubblico e privato
nell'ex Tobler. Tutti interventi affascinanti e fascinosi , che meriterebbero itinerari ad hoc, alla scoperta della nuova vita degli edifici ex industriali. Ne ho parlato nel mio ebook,
Architetture ex industriali a Torino. Le trasformazioni del XXI secolo, in cui ho intervistato gli autori dei progetti di riqualificazione e ho tratto le conclusioni con il presidente dell'Ordine degli Architetti di Torino
Massimo Giuntoli e con l'Assessore all'Urbanistica di Torino
Guido Montanari.
Poi c'è
il Parco Dora, un vero e proprio parco, di
prati, piazzette alberate, canali e sentieri, progettato dal
paesaggista
Peter Latz, già autore del
Landschaftspark
Duisburg-Nord. Tutt'intorno, alti edifici residenziali convivono con
le
piccole borgate ottocentesche, le loro case basse e i loro cortili
che hanno
sapori lontani di cascine e di campagna. È il
primo parco
post-industriale italiano: il verde convive con le tracce del passato
industriale e ha lungo il perimetro i nuovi edifici. Una delle
trasformazioni
più sorprendenti e più rivoluzionarie compiute dalla
città (se solo il Parco Dora trovasse finalmente una rapida
conclusione dei lavori di costruzione). Là dove c'erano le industrie, adesso ci sono 20mila nuovi abitanti e un parco.
La foto d'epoca, da
Torino Sparita di skyscrapercity.com; l'immagine in 3D di Borgo Vittoria, da
Google Earth.
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