La
storia ufficiale racconta di quanto i
sovrani Savoia fossero
incolti, rozzi e quasi sempre
militareschi e mediocri. Basta girare per Torino e i suoi
dintorni, tra Residenze Sabaude e Musei, per rendersi conto quanto
questa
narrazione sia falsa e fuorviante. Non solo la Palazzina di
Caccia di Stupinigi, la Reggia di Venaria o il Castello di Racconigi
testimoniano
lo stile di vita raffinato della Corte e il
gusto
elegante e attento alle tendenze europee dei sovrani sabaudi e delle
loro consorti, ma
basta guardare ai Musei torinesi: il Museo Egizio,
la Galleria Sabauda, l'Armeria Reale, la Pinacoteca Albertina, tutti
hanno come
nuclei iniziali le collezioni dei monarchi. Il duca
Emanuele Filiberto fu il primo ad avere
molteplici interessi: tra una
riforma e l'altra dello Stato, tra uno studio e l'altro della
Cittadella da costruire, dialogava con
Andrea Palladio e invitava a
Torino
Torquato Tasso, quando non raggiungeva gli
alchimisti e si
dilettava con loro alla ricerca della pietra filosofale.
Carlo
Emanuele I, suo figlio, fu un appassionato collezionista d'arte e
intratteneva colte conversazioni epistolari con
Rodolfo d'Asburgo,
pure lui alla ricerca della pietra filosofale in quel di Praga.
Fu
Carlo Emanuele III di Savoia
a salvare dalla dispersione una delle più importanti collezioni d'arte europee, quella del cugino
Eugenio di Savoia-Soissons,
grande condottiero degli Asburgo, che nel tempo libero si dilettava
di pittura e scultura, fino a raccogliere un inestimabile patrimonio
culturale (potete ammirarla nella
Galleria Sabauda).
Una delle figure più interessanti, per gli
interessi culturali e le loro conseguenze sul suo Regno, è re
Carlo
Alberto di Savoia. È passato alla storia più per il suo ruolo nella
lunga preparazione al Risorgimento, tra tentennamenti e tradimenti
della causa liberale, fino alla
durissima sconfitta nella Prima
Guerra d'Indipendenza, senza dimenticare la concessione dello
Statuto, che è stato in vigore fino al 1947, sostituito dalla
Costituzione Repubblicana. Ma Carlo Alberto fu uno dei sovrani
sabaudi più interessanti, non solo per i tormenti caratteriali, ma
anche per le
inquietudini culturali e l'interesse per le
nuove
tecnologie che si stavano affermando nell'Ottocento.
Nato nel 1798,
dal ramo cadetto dei Principi di Carignano, era ben
lontano dal
trono: alla sua nascita,
re Carlo Emanuele IV, senza figli, aveva
come erede il fratello
Vittorio Emanuele e il di lui figlio Carlo
Emanuele, e, in ogni caso, c'erano ulteriori fratelli del re,
Maurizio Giuseppe e Carlo Felice; ma l'anno dopo la nascita di Carlo
Alberto morirono Carlo Emanuele e Maurizio Giuseppe; una ventina
d'anni dopo, quando fu chiaro che Carlo Felice non avrebbe avuto
figli, Carlo Alberto divenne
l'erede al trono presunto. Dopo le
ambiguità (e i tradimenti) sui
moti del 1821, dopo essere stato
costretto da re Carlo Felice a
un esilio in Toscana e dopo aver
riconquistato la sua fiducia partecipando alla
presa di Cadice da
parte dei francesi, nel 1823 il principe fu
richiamato a Torino. E fu
in quel momento, avendo chiarissimo che il trono sarebbe stato il
suo destino, che
si dedicò allo studio, in particolare
dell'
economia.
Praticamente ritiratosi nel
Castello di Racconigi (CN),
con la famiglia, ovvero la moglie
Maria Teresa d'Asburgo-Lorena e i
figli
Vittorio Emanuele e
Ferdinando, iniziò a leggere libri e
trattati, studiando e discutendo con intellettuali e su pubblicazioni provenienti anche dall'estero. A Racconigi si appassionò anche di
agricoltura, uno dei settori che avrebbe profondamente rinnovato, una
volta diventato re. Nel grande Parco del Castello fece costruire la
Margaria, bel complesso in stile neogotico, realizzato da Pelagio Palagi, dove vennero applicate
le tecniche più moderne in campo
agricolo, botanico e zootecnico; furono riformate le gestioni delle stalle,
applicando nuove norme di igiene, alimentazione e mungitura; il latte
veniva opportunamente lavorato per la produzione di burro e dei
formaggi; tutto era
ordinato e razionalizzato. Una volta che le
sperimentazioni ottenevano risultati
positivi, venivano poi
applicate in tutte le tenute reali,
contribuendo a migliorare l'agricoltura del Regno. Ancora oggi
le
coltivazioni e gli allevamenti tradizionali della Granda fanno
riferimento agli
insegnamenti di re Carlo Alberto e delle sue tenute.
Nella vicina tenuta reale di
Pollenzo, creò una vera e propria
azienda agraria, dove vennero sperimentate
tecniche di vinificazione
ancora oggi utilizzate dalle aziende delle
Langhe. Anche la
Sardegna,
che da principe Carlo Alberto aveva visitato nel 1829, fu al centro
dei suoi pensieri e delle sue riforme: durante la sua visita rimase
estremamente colpito dall'
abbandono delle campagne sarde e attribuì
la responsabilità al
regime feudale ancora vigente. Così, salito al
trono, si impegnò affinché venisse realizzata una riforma agricola,
che, tra difficoltà e resistenze dell'aristocrazia isolana, fu
approvata nel 1839. "Le terre vennero rese libere da ogni peso,
venne
abolita la giurisdizione dei feudatari ed il popolo venne
sciolto da tutti i vari gravami personali che l'opprimevano nei
confronti di una casta privilegiata; i vecchi feudatari, a loro
volta, vennero soddisfatti con adeguati indennizzi. Lo stesso Re si è
mostrato soddisfatto dei risultati conseguiti affermando, in una
lettera diretta al suo
Ministro Villamarina, che con la riforma
attuata era stato
rigenerato un intero popolo e che tutto questo era
stato conseguito "con giustizia, generosità e senza contraccolpi, e
con il consenso, si può dire, di tutta la popolazione". A buone
ragioni, quindi, in una lettera diretta alla contessa
Maria Truchsess
di Robilant, raccontando di una successiva visita all'isola
effettuata nel 1841, il Re poteva dichiararsi i
ncantato dal panorama
delle campagne, perché "i campi che avevo visto prima incolti, sono
diventati terreni perfettamente coltivati e offrono allo sguardo
l’aspetto di una brillante prosperità"" si legge su
www.osservatorioagromafie.it.
L'abolizione
dei diritti feudali fu
una delle sue riforme più importanti, a cui
bisogna aggiungere
l'intuizione sull'importanza delle ferrovie,
avendo ipotizzato la costruzione della Torino-Genova e della
Torino-Milano, con cui il Regno di Sardegna avrebbe favorito i propri
commerci (la ferrovia da Genova a Torino significava anche rendere
più facili i rapporti con Cagliari e la Sardegna, con quegli scambi
commerciali e culturali che ancora oggi uniscono il Piemonte e
l'Isola). A Torino
fondò o riformò la Biblioteca Reale, la Galleria Sabauda, l'Armeria
Reale, la Pinacoteca e l'Accademia Albertina delle Belle Arti. Una personalità, quella di re Carlo
Alberto, che meriterebbe di essere conosciuta anche
per queste
inquietudini e attività culturali.
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