Su
Abitare in edicola da oggi, trovate
un articolo che
ho scritto su Torino, in occasione della
mostra Vista dall'alto, basata sulle
bellissime foto aeree in bianco e nero scattate da
Michele D'Ottavio.
Potete vedere la mostra sia sotto i portici di piazza Palazzo di
Città sia all'
Urban Lab, in piazza Palazzo di Città 8f (qui le foto
sono a confronto con analoghe immagini scattate dagli anni 30 in poi,
ad analizzare come il territorio sia cambiato).
La redazione mi
aveva chiesto un articolo che, partendo dalla mostra in corso
all'Urban Lab, analizzasse
il rapporto di Torino con i suoi dintorni,
la sua storia, la presenza del verde come elemento del futuro, le
trasformazioni in corso nelle aree deindustrializzate. È stato uno
degli articoli
più difficili da scrivere per me, perché un conto è
avere un blog sulla tua città, in cui racconti il tuo punto di
vista, quello che ti piace, usando anche superlativi tutte le volte
che vuoi, un altro è
raccontare la tua città a un pubblico che non
la conosce (mi è stato chiesto di raccontare Torino tenendo presente
il pubblico internazionale che legge
Abitare), cercando di mantenere
una certa
obiettività, evitando aggettivi magnificanti (il pudore
sabaudo, immagino) e lasciando che
non sia quello che ti interessa a
parlare, ma quello che importa davvero. Mi sono anche resa conto come
noi torinesi diamo
molte cose per scontate: in redazione la presenza
delle Alpi nelle foto di Michele D'Ottavio ha suscitato
meraviglia,
per me sono una cosa
magnifica, ma scontata, dato che da tante vie torinesi alzi
lo sguardo e le Alpi ti chiudono l'orizzonte.
Ci sono alcuni
passaggi dell'articolo a cui
tengo molto. L'incipit: "Torino è la
città con la posizione naturale più bella del mondo", detto da
Le
Corbusier, che è una cosa che noi torinesi non dovremmo dimenticare
mai (magari non sarà proprio così, ma certamente la scenografia che
ci circonda è invidiabile e bisogna
esaltarla, invece di creare
punti di distrazione). Un'altra frase che mi è molto piaciuta è
stata pronunciata da Michele D'Ottavio durante la conferenza stampa di inaugurazione:
"Volando su Torino, ho scoperto che
in periferia ci sono i castelli". Ed è una visione che
ribalta il concetto stesso di
periferia e addirittura è occasione di una sua valorizzazione,
un'idea che davvero potrebbe aiutare a disegnare il futuro di Torino
e delle sue vocazioni.
Altri due concetti a cui ho tenuto molto
sono
la forte identità architettonica di Torino, eredità della
propaganda politica dei Savoia, e l'
innovazione nelle trasformazioni.
L'
architettura omogenea ha fortemente condizionato
la nostra idea di
bello e ancora oggi la forgia ed è la ragione
principale per cui l'
architettura contemporanea non "sfonda"
in centro. Pensandoci, mi sono resa conto di quanto Torino abbia
un'identità forte in tante cose e ho pensato
a un'intervista a Elena Pignata, fondatrice di
Ombradifoglia, in cui mi diceva come i grandi
marchi italiani di moda e di tessuti abbiano una
distribuzione
apposita per Torino e il Piemonte, perché qui piacciono cose che
altrove non funzionano. "Ma è un bene o un male avere
un'identità così forte?" avevo chiesto a Elena e lei mi aveva
risposto che non lo sapeva, ma forse era un bene, perché indicava
una certa forza e una certa consapevolezza. Ho pensato anche a
un testo scritto da Nicola Lagioia qualche settimana fa, in cui definiva
Torino "un meraviglioso punto d'incontro
tra Cuneo e Seattle", tra
provincialismo, non sempre positivo, e innovazione, non così scontata. Curioso come tutto torni, poi. Sarà un
bene questa forte identità architettonica torinese o è un limite?
Non lo so, ma fondamentalmente
mi piace l'idea di non trovare a
Torino quello che troveresti ovunque (a iniziare dai grattacieli, che
possono essere gli stessi a Torino, Londra, Singapore o Buenos Aires,
mentre piazza San Carlo la riconosci tra mille e sai subito dov'è).
Nella sua espansione, Torino
ha inglobato le borgate operaie e,
dopo la deindustrializzazione, si è trovata nel territorio urbano
i
"vuoti" dei grandi stabilimenti abbandonati. La loro
riutilizzazione è
una delle sfide più importanti del suo futuro. La
cosa interessante è che la maggior parte degli spazi già ripensati
è stata
riqualificata in modo innovativo, dal primo Eataly nell'ex
Carpano alle ville urbane sui tetti dell'ex CEAT. Ritorna un po'
l'idea di Torino a metà strada tra Cuneo e Seattle, tra la difesa
della sua essenza e la passione avveniristica che ha sempre
contraddistinto la sua storia.
Se leggete l'articolo, su
Abitare,
fatemi sapere cosa ne pensate!
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