Sul
numero di settembre di Abitare, in
edicola da alcuni giorni, si parla di
25 verde, il bell'edificio
progettato da
Luciano Pia in via Chiabrera, il
primo in Italia con
gli alberi protagonisti delle facciate e dello stile di vita. Una
cosa che non è mai emersa chiaramente, mentre frequentavo la Facoltà
di Architettura, tra gli anni '80 e '90, e che invece sto sentendo con forza in questi anni, in cui mi sono riavvicinata
all'architettura da giornalista, è quanto
l'architetto non sia solo
un costruttore di edifici: i progetti, la loro definizione degli
spazi, il loro inserimento nella città, la stessa immagine della
città che propongono,
influenzano profondamente il nostro stile di vita e la nostra
società. Quello dell'architetto, se osservato da questo punto di vista, è un ruolo grandioso e bellissimo, che richiede idee
chiare e senso di responsabilità. Tutto questo si respira
profondamente in 25 verde, che ho avuto la fortuna di visitare con il
suo artefice.
Luciano Pia è un architetto dalle
idee molto
chiare, che
meriterebbe maggiore visibilità e riconoscimento in
Italia e che disegna edifici inseriti nel verde per
profonde convinzioni personali. Mi ha detto una frase che mi è
piaciuta tantissimo e che ho riportato nell'articolo per
Abitare:
"Forse ci siamo stancati di vivere
in città di minerali e
abbiamo capito di essere animali naturali, che hanno bisogno di
essere circondati del verde e della natura". Non avevo mai
pensato prima a una città "di minerali" e l'ho trovata
un'immagine bellissima. 25 verde ha preceduto la moda di avere gli
alberi in facciata, che sta avendo successo in tante parti d'Europa
(l'ultima
in Olanda, dove i vasi in facciata sembrano
una palese
citazione dell'edificio torinese, anche se senza la sua poesia). E offre proprio uno stile di vita diverso, con ritmi più lenti e con un benessere psicofisico nuovo (il microclima creato dagli alberi rende le estati più fresche di quanto siano nelle strade di Torino). Si entra in
un cortile che è un
bosco, si attraversano
passerelle su specchi d'acqua, si è
circondati da
scandole di larice, che rendono totalmente naturale la
presenza di tanto verde. Gli alberi sono ovunque, sorgono sui balconi
da grandi vasi di corten, appositamente progettati per garantire loro benessere e una lunga vita. Sono sostenuti
da un complesso
sistema di travi e pilastri trasformati in facciata in "alberi"
di corten, che contribuiscono anche al fascino estetico di 25 verde.
Visitare un edificio con il suo architetto è un privilegio,
non solo si hanno spiegazioni per ogni curiosità, ma si conoscono
anche
l'amore e la passione con cui è stato immaginato e realizzato, si notano i
dettagli, se ne respira la poesia. Perché
spesso l'architettura è
poesia: in 25 verde lo è non solo la scelta di trasformare un pezzo
di città in un bosco coerente, ma anche
l'uso della luce, che filtra
da alberi e balconi semitrasparenti (la parte più aggettante dei
balconi è formata da doghe di iroko e vetro); il
rispetto per
l'ecosistema interno, che tanti alberi hanno creato, richiamando
anche animali dal vicino Parco del Valentino ("Mi svegliano gli
uccelli" mi ha detto uno degli inquilini con un gran sorriso).
Persino la selezione degli alberi è poetica: l'ha effettuata
lo
studio torinese Lineeverdi, che ha lavorato con Pia anche per il
verde di Casa Hollywood e che ha
recentemente vinto il Premio della Creatività per il Giardino presentato al
Festival dei Giardini di
Chaumont. "Li abbiamo scelti in base all'esposizione, alle
esigenze agronomiche e a una varietà di fogliame, fioritura e colore
durante tutto l'anno; ci sono, tra i tanti, agrifogli, aceri,
melograni, gelsomini ricadenti, sempreverdi e specie a foglia caduca,
per permettere il passaggio della luce solare d'inverno" mi
hanno detto Stefania Naretto e Chiara Otella, in un rapidissimo
scambio di email. E mi hanno confermato così che
25 verde va visto
in ogni stagione dell'anno, perché non è mai uguale a se stesso.
Cambia con le stagioni e ne segue il ritmo, coerente con lo spirito
del suo autore.
È un privilegio anche visitare un edificio con chi lo fotograferà: conosco
Michele D'Ottavio da tempo, grazie al web; il destino ha voluto che
Abitare ci facesse incontrare un paio di volte in tempi ravvicinati e adesso entrambi stiamo pensando a future opportunità. Lavorare con lui è stata
un'esperienza affascinante, perché un fotografo individua subito prospettive inedite, dettagli da non perdere, luci da immortalare. Un conto è guardare le foto che ti propongono, un altro è vedere come e perché quelle foto vengono scattate.
Per scrivere l'articolo, ho visitato alcuni
appartamenti e parlato con alcuni
inquilini. Sono stati tutti
sorprendenti per la
passione che hanno rivelato per l'edificio. C'è
chi non ha voluto abbandonarlo neanche dopo l'allargamento della
famiglia e ha cercato un appartamento più grande (sono 63
appartamenti di varie dimensioni,
progettati senza muri interni, per
dare la libertà ai proprietari di definire gli spazi interni secondo
le proprie esigenze); c'è chi ha praticamente smesso di uscire alla sera e
invita gli amici a casa perché "con uno spettacolo come questo,
prendo un drink nel mio giardino guardando il tramonto sulle Alpi da
una parte e la collina dall'altra, perché dovrei andare in un
locale?"
25 verde mi è rimasto nel cuore e ho scoperto che
possiamo viverlo anche noi, che non ci abitiamo: al suo interno ci
sono un
bed&breakfast e una casa in affitto per soggiorni
turistici: un regalo da farsi, per un weekend cittadino insolito,
immersi nella natura, mentre tutt'intorno ci sono Torino e i suoi
ritmi.
Se leggete l'articolo di
Abitare e vi fa piacere,
fatemi
sapere cosa ne pensate!
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