FLOReal d'autunno alla Palazzina di Stupinigi

 Nel weekend torna alla Palazzina di Caccia di Stupinigi FLOReal, che tanto successo aveva avuto nella prima edizione, nella stessa location. Nella tre giorni, dal 7 al 9 ottobre 2022, la mostra florovivaistica, con vivaisti provenienti da ogni parte d'Italia, sarà accompagnata da un ricco palinsesto culturale. Presentazioni di libri e conferenze, proiezioni di cortometraggi e documentari, performance teatrali, mostre, laboratori e un ampio spazio dedicato alla gastronomia, con un filo comune: la natura e la sostenibilità. La mostra propone colori e profumi dell'autunno, "dal fiore più amato, la rosa, agli agrumi siciliani, le orchidee dalla Lombardia, e ancora piante succulente e carnivore, orchidee, tillandsie, piante acquatiche e rampicanti, aromatiche e tropicali, oltre a diverse tipologie di bonsai. Piante da appartamento, da secco e da sole intenso, da ombra, fioriture annuali, bulbose e graminacee. Non mancheranno varietà più stagionali come le viole, i ciclam

TorineSÌ: Paolo Verri, il mio sì più folle, al Salone del Libro

Paolo Verri
Paolo Verri, nato a Torino, 53 anni, laureato in Storia dei Media,
è Direttore Generale della Fondazione Matera-Basilicata 2019 

Sì allo sviluppo, al futuro, agli orizzonti da scoprire; No allo sconosciuto, all'incertezza, alla novità. Se n'è parlato tanto in questi mesi e, guardando le piazze e ascoltando i discorsi, mi è venuto in mente un magico verso di Dante Alighieri, che ha definito l'Italia il Bel Paese dove il sì suona. Mi è sempre piaciuta l'idea di una terra allora divisa in tanti Stati, rivalità e avversioni e unificata dal suo monosillabo più ottimistico, agli albori del volgare. Così è nata l'idea di questa sezione, TorineSÌ, per scoprire quando i torinesi dicono sì, uscendo dalle loro zone comfort, e con quali forze ed energie accettano le sfide di quei sì. Le domande sono uguali per tutti gli intervistati e grazie a tutti i torinesi, nati qui o arrivati per scelta, per le loro risposte.

- Pensa che sia più facile dire sì o no?
Sarebbe bello immaginare che sia più facile dire di sì, che ha un valore positivo e propositivo verso la società; purtroppo nella società occidentale, che è una società in forte fase di auto-discredito, il no vince spesso, è la parola della burocrazia. Dire di no è più facile.

- Il sì più folle, quello che ha detto senza pensarci, e quello più faticoso?
Il sì che ho detto senza pensarci, che con il senno di poi è stato rischioso, è stato quando ho accettato di fare il Direttore del Salone del Libro di Torino a 27 anni. Forse non ero preparato, ma l'entusiasmo del Presidente, che me lo aveva proposto, mi ha convinto. Ma è stato un sì totalmente folle, certo, ripensandoci ho fatto bene a dirlo, anche se ero giovanissimo e facevo altro. Non ho un sì faticoso nella memoria, i sì non mi sono mai costati uno sforzo. Per me è più faticoso dire di no, sono una persona generosa, poi magari ne pago il prezzo con sacrifici a livello personale, ma dico sì facilmente.

- Un sì di cui si sente orgoglioso e uno che, ripensandoci, non direbbe?
Il sì di cui sono orgoglioso è quello che ho detto a mia moglie, quando ci siamo sposati. Ne sono davvero orgoglioso, siamo stati i primi tra gli amici, eravamo molto convinti. Era il 18 novembre 1995, sono passati tanti anni e continuo a trovarla proprio una bella ragazza. Il sì che ripensandoci non direi è probabilmente quello all'Associazione Italiana Editori, dopo aver lasciato il Salone del Libro; ho accettato per rivalsa e ho imparato che non bisogna mai dire sì per rivalsa. È stato un sì a un soggetto per dire no a un altro soggetto. Con il senno di poi avrei dovuto resistere a Torino, come ho fatto a Matera, invece di lasciare e andare da un'altra parte per dimostrare cosa si erano persi.

- Ha mai identificato in cosa consista la sua zona comfort? Cosa ha implicato uscirne, le volte che l'ha fatto?
No, non ho una zona comfort, sono uno che sta sempre bene, mi va sempre bene tutto... se proprio devo identificarla è il mio spazio intellettuale, i miei libri, l'attitudine all'approfondimento. Ecco, pensandoci la mia zona comfort è la lettura.

- Ci sono dei sì detti da Torino, durante la sua storia, di cui si sente orgoglioso e in cui si riconosce?
Torino ha fatto molto bene a dire sì al Piano Strategico in una data stranissima, il 29 febbraio 2000, una data che torna ogni 4 anni. Quel giorno, 60 diverse organizzazioni hanno sottoscritto volontariamente il Piano, un momento molto importante. Oggi a Torino manca molto un luogo come quello, in cui far convergere le proprie esperienze e, rimanendo in tema, i propri sì. Un Piano Strategico è proprio il luogo del sì, un luogo in cui si tirano fuori le cose che funzionano; è stato stranissimo in Italia, dove si dice no per paura che qualcuno si avvantaggi. Invece dire sì, a livello territoriale, significa dire "abbiamo voglia di lavorare insieme per la città, indipendentemente da chi siamo e da dove veniamo". Siamo riusciti a lavorare tutti insieme per un anno, per individuare tutti i sì che volevamo dire, ecco perché lo ritengo un sì emblematico. Magari non è così conosciuto, ma è stato determinante per tutto quello che è successo tra il 2000 e il 2008.


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