Paolo Verri, nato a Torino, 53 anni, laureato in Storia dei Media,
è Direttore Generale della Fondazione Matera-Basilicata 2019
Sì allo sviluppo, al futuro, agli orizzonti da scoprire; No allo sconosciuto, all'incertezza, alla novità. Se n'è parlato tanto in questi mesi e, guardando le piazze e ascoltando i discorsi, mi è venuto in mente un magico verso di Dante Alighieri, che ha definito l'Italia il Bel Paese dove il sì suona. Mi è sempre piaciuta l'idea di una terra allora divisa in tanti Stati, rivalità e avversioni e unificata dal suo monosillabo più ottimistico, agli albori del volgare. Così è nata l'idea di questa sezione, TorineSÌ, per scoprire quando i torinesi dicono sì, uscendo dalle loro zone comfort, e con quali forze ed energie accettano le sfide di quei sì. Le domande sono uguali per tutti gli intervistati e grazie a tutti i torinesi, nati qui o arrivati per scelta, per le loro risposte.
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Pensa che sia più facile dire sì o no?
Sarebbe bello
immaginare che sia più facile dire di sì, che ha un valore positivo e
propositivo verso la società; purtroppo nella società occidentale,
che è una società in forte fase di auto-discredito, il no vince
spesso, è la parola della burocrazia. Dire di no è
più facile.
- Il sì più folle, quello che ha detto senza
pensarci, e quello più faticoso?
Il sì che ho detto senza
pensarci, che con il senno di poi è stato rischioso, è stato quando ho
accettato di fare il Direttore del Salone del Libro di Torino a 27
anni. Forse non ero preparato, ma l'entusiasmo del Presidente, che me
lo aveva proposto, mi ha convinto. Ma è stato un sì totalmente
folle, certo, ripensandoci ho fatto bene a dirlo, anche se
ero giovanissimo e facevo altro. Non ho un sì faticoso nella
memoria, i sì non mi sono mai costati uno sforzo. Per me è più
faticoso dire di no, sono una persona generosa, poi magari ne
pago il prezzo con sacrifici a livello personale, ma dico sì facilmente.
- Un sì di cui si sente orgoglioso e uno
che, ripensandoci, non direbbe?
Il sì di cui sono
orgoglioso è quello che ho detto a mia moglie, quando ci siamo
sposati. Ne sono davvero orgoglioso, siamo stati i primi tra
gli amici, eravamo molto convinti. Era il 18 novembre 1995, sono passati tanti anni e continuo a trovarla proprio una bella
ragazza. Il sì che ripensandoci non direi è probabilmente quello all'Associazione Italiana
Editori, dopo aver lasciato il Salone del Libro; ho accettato per rivalsa e ho imparato che non bisogna mai dire sì per
rivalsa. È stato un sì a un soggetto per dire no a un altro soggetto. Con il
senno di poi avrei dovuto resistere a Torino, come ho fatto a Matera,
invece di lasciare e andare da un'altra parte per dimostrare cosa si
erano persi.
- Ha mai identificato in cosa consista la sua zona
comfort? Cosa ha implicato uscirne, le volte che l'ha fatto?
No,
non ho una zona comfort, sono uno che sta sempre bene, mi va sempre
bene tutto... se proprio devo identificarla è il mio spazio
intellettuale, i miei libri, l'attitudine all'approfondimento. Ecco,
pensandoci la mia zona comfort è la lettura.
- Ci sono dei sì
detti da Torino, durante la sua storia, di cui si sente orgoglioso e
in cui si riconosce?
Torino ha fatto molto bene a dire sì al
Piano Strategico in una data stranissima, il 29 febbraio 2000, una data che torna ogni 4 anni. Quel giorno, 60 diverse organizzazioni
hanno sottoscritto volontariamente il Piano, un momento molto
importante. Oggi a Torino manca molto un luogo come quello, in cui
far convergere le proprie esperienze e, rimanendo in tema, i propri
sì. Un Piano Strategico è proprio il luogo del sì, un luogo in cui
si tirano fuori le cose che funzionano; è stato stranissimo in Italia,
dove si dice no per paura che qualcuno si avvantaggi. Invece dire sì,
a livello territoriale, significa dire "abbiamo voglia di lavorare insieme
per la città, indipendentemente da chi siamo e da dove veniamo". Siamo riusciti a lavorare tutti insieme per un anno, per individuare
tutti i sì che volevamo dire, ecco perché lo ritengo un sì
emblematico. Magari non è così conosciuto, ma è stato determinante
per tutto quello che è successo tra il 2000 e il 2008.
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