È stato sabato scorso, grazie a
Ulisse, la trasmissione di Rai1 condotta da
Alberto Angela e dedicata
a
Maria Antonietta, regina di Francia. Si è parlato ovviamente del
suo rapporto con il
conte Hans Axel di Fersen e, con le immagini di
Lady Oscar e del lì fascinosissimo conte svedese negli occhi, ho cercato di nuovo
notizie su di lui. E quale la sorpresa nel leggere che, non ancora
ventenne, il bel conte,
nato a Stoccolma nel 1755, intraprese il
solito
Grand Tour di formazione degli aristocratici nordici e si
fermò a studiare a Brunswick,
Torino,
Strasburgo e Lüneburg. A Torino rimase
per circa un anno e mezzo, tra
il 1772 e 1774. Incontrò anche
re Carlo Emanuele III e studiò
nell'Accademia Reale, da cui discende l'Accademia Militare.
Si
sa pochissimo del suo soggiorno torinese, ma pare ne avesse avuto
una
buona impressione, tanto che, di ritorno in città, dopo il tour in
Italia, e in direzione della fatal Parigi, fu
contento di tornare a
vederla.
Fersen
non fu l'unico nobiluomo straniero a studiare a Torino, prima
e dopo di lui, passarono per l'Accademia Reale, il principe Federico
Guglielmo di Brandeburgo-Schwedt, il principe ereditario Federico di
Sassonia-Gotha, salito al trono come Federico III, il langravio Carlo
Emanuele d'Assia-Reinfels-Rothemburg. Attraverso l'Accademia,
arrivarono a Torino tanti giovani uomini, che impararono non solo
l'arte della guerra, ma anche la capacità di vivere a Corte e di
comportarsi adeguatamente.
L'Accademia torinese è stata la prima in
Europa, voluta alla fine del Seicento dal
duca Carlo Emanuele II e,
alla sua morte, portata avanti da sua moglie,
Maria Giovanna Battista
di Savoia Nemours, che aveva le idee chiarissime circa la necessità di
educare i giovani aristocratici anche con una
solida preparazione
umanistica oltre che con la
conoscenza approfondita delle arti
militari. Dopo l'Accademia torinese, furono fondate quelle di San
Pietroburgo (1723), del Regno di Napoli (1737), del Regno Unito
(1741), della Francia (1751), della Prussia, a Potsdam (1745) e di
West Point, negli Stati Uniti (1802).
Perché l'allora Ducato di
Savoia sentì l'esigenza di una scuola che preparasse i suoi
ufficiali e guidasse il suo Esercito? Lo spiega bene
una pubblicazione uscita per i 300 anni dell'Accademia Militare: "Fin
dal XVI secolo, il Piemonte aveva compreso che
per poter difendere la
propria indipendenza contro Francia, Spagna e Austria, le
superpotenze dell'epoca, si rendeva indispensabile realizzare
un
Esercito nazionale, abbandonando, sia pure per gradi,
l'universalmente diffuso impiego di soldati di professione e di
mercenari. L'avvio a questa soluzione fu dato, nella seconda metà
del secolo, da
Emanuele Filiberto, che, affiancando ai mercenari le
milizie nazionali, costituì con queste la seconda linea del suo
Esercito". Da questa scelta del Duca, l'esigenza di avere
quadri
adeguatamente preparati, che Carlo Emanuele II tradusse nell'idea "di
realizzare un'Accademia alla quale affidare il compito di
formare la
classe dirigente dello Stato e, in particolare, dell'Esercito,
impartendo ai giovani un'adeguata cultura generale e militare ed
educandoli a un
severo culto del dovere". Da questi concetti si
capiscono tante cose, non solo la creazione di un esercito nazionale,
poi indispensabile negli anni della costruzione dell'Unità d'Italia,
ma anche
la formazione del rigoroso senso del dovere che ha
caratterizzato
generazioni di burocrati e travet del Regno di Sardegna e che, in qualche modo, è ancora uno dei tratti distintivi
del DNA locale.
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