Luca Ballarini, nato a Torino, 45 anni, fondatore e direttore creativo di Bellissimo,
presidente di Open House Torino e fondatore di
Torinostratosferica
Sì allo sviluppo, al futuro, agli
orizzonti da scoprire; No allo sconosciuto, all'incertezza, alla
novità. Se n'è parlato tanto in questi mesi e, guardando le piazze
e ascoltando i discorsi, mi è venuto in mente un magico verso di
Dante Alighieri, che ha definito l'Italia il Bel Paese dove il sì
suona
. Mi è sempre piaciuta l'idea di una terra allora divisa in
tanti Stati, rivalità e avversioni e unificata dal suo monosillabo
più ottimistico, agli albori del volgare. Così è nata l'idea di
questa sezione TorineSÌ, per scoprire quando i torinesi dicono sì,
uscendo dalle loro zone comfort, e quali forze ed energie trovano per
accettare le sfide dei loro sì. Le domande sono uguali per tutti gli
intervistati e grazie a tutti i torinesi, nati qui o arrivati per
scelta, per le loro risposte.
- Pensa che sia più facile dire sì o
no?
Non saprei dire cosa sia più facile, dipende dalla propria
inclinazione. Per il mio modo di essere, un po' esploratore, alla
ricerca di cose nuove, direi che dire sì è più facile, anche se
poi non è facile quello che consegue. Dire no è più semplice, ma
non per questo è produttivo e utile. Il no inteso come rifiuto della
novità non mi appartiene, io sono a favore degli orizzonti aperti,
delle contaminazioni, ma è anche vero che a volte mi piace fermarmi e riflettere sul
significato delle novità
- Il sì più folle, quello che ha detto
senza pensarci, e quello più faticoso?
Il sì più folle
probabilmente l'ho detto a 23-24 anni, quando ho fondato la mia
impresa, perché non avevo all'epoca la consapevolezza delle
responsabilità che sarebbero arrivate. I sì più faticosi li lego a
quelli che devo dire anche quando non sono particolarmente convinto:
ogni tanto devo dire di sì, perché rifiutassi sarebbe spiacevole,
ma dentro di me so che le cose non andranno a buon fine; quelli sono
i sì più faticosi.
- C'è un sì di cui si sente orgoglioso e uno
che, ripensandoci, non direbbe? Quali sono?
I sì di cui sono
orgoglioso sono tanti, oltre a Bellissimo, sono sempre arrivati da
sfide e confronti con me stesso; ho sentito molto orgoglio quando
Open House Worldwide mi ha dato l'ok per l'organizzazione di Open
House Torino, è stato un processo di selezione e ho dovuto aspettare
un sì. Sono orgoglioso di Torinostratosferica, da cui è nato
Utopian Hours (
il primo festival italiano di city imaging
: la terza edizione si
svolgerà alla Nuvola della Lavazza dal 18 al 20 ottobre 2019, qui il programma NdRSTO). Sì che
ripensandoci non direi... io faccio fatica a dire no, perché sono un
entusiasta, ma direi che vale il discorso di prima, sono quei sì che
sentivo di non dover dire, ma ho detto lo stesso, per amicizia,
simpatia, coinvolgimento.
- Ha mai identificato in cosa consista la
sua zona comfort? Cosa ha implicato uscirne, le volte che l'ha
fatto?
Non amo il comfort, mi piace uscirne costantemente,
accettare le sfide, mi piace fare cose nuove. Lo spirito della vita è
mettersi alla prova, non amo la tranquillità, le scelte facili. La mia visione del progettista incarna l'idea di andare incontro alla
prossima sfida: fatta una cosa cinque volte, andate bene, ok, passa
oltre. Questo non significa che uscire dalla zona comfort non costi fatica, anzi.
- Ci sono dei sì detti da Torino, durante la sua storia, di
cui si sente orgoglioso e in cui si riconosce?
Sono tutti sì in
cui Torino ha dimostrato di essere ambiziosa; per esempio, ho sempre
trovato affascinante la storia del
Theatrum Sabaudiae, una forma di
marketing
ante litteram: alla fine del Seicento promuovi al città
con una serie di visioni, in parte realizzate, un vero e proprio
manifesto di ambizioni. Quindi, a cominciare da lì, tutte le forme
successive, per esempio quella del 1961, con la visione fantastica di
Torino dall'alto, con tutte le realizzazioni nuove, per i 100 anni
dell'Unità d'Italia, e poi chiaramente, lo slancio in avanti delle
Olimpiadi, Tutte le volte che Torino ha sognato in grande,
consapevole delle sue capacità e, con un po' di follia, del fatto
che abbiamo una straordinaria capacità creativa e culturale, secondo
me, quelli sono i sì di cui essere orgogliosi.
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