Isabella Giunto, nata a Stornarella (FG), 60 anni,
ideatrice
del Salotto Buono, interior design e stylist
Sì allo sviluppo, al futuro, agli
orizzonti da scoprire; No allo sconosciuto, all'incertezza, alla
novità. Se n'è parlato tanto in questi mesi e, guardando le piazze
e ascoltando i discorsi, mi è venuto in mente un magico verso di
Dante Alighieri, che ha definito l'Italia il Bel Paese dove il sì
suona
. Mi è sempre piaciuta l'idea di una terra allora divisa in
tanti Stati, rivalità e avversioni e unificata dal suo monosillabo
più ottimistico, agli albori del volgare. Così è nata l'idea di
questa sezione TorineSÌ, per scoprire quando i torinesi dicono sì,
uscendo dalle loro zone comfort, e quali forze ed energie trovano per
accettare le sfide dei loro sì. Le domande sono uguali per tutti gli
intervistati e grazie a tutti i torinesi, nati qui o arrivati per
scelta, per le loro risposte.
- Pensa che sia più facile dire sì o
no?
Più facile dire di sì, perché
bisogna essere propositivi e ottimisti. Con il sì rischi, ti dai
un'opportunità, fai qualcosa. Se dici no crei una barriera, quindi
chiudi; i percorsi hanno ostacoli, ovvio, ma penso sia sempre importante aprirsi opportunità.
- Il sì più folle, quello che ha
detto senza pensarci, e quello più faticoso?
Il Salotto Buono è la mia impresa più
folle, ma ci credo profondamente, mi piace e mi sono buttata con passione ed entusiasmo (
Rotta su Torino ha scritto del Salotto Buono qui). Non riesco a trovare un
sì faticoso, perché se non sono interessata non dico sì... non mi
viene in mente niente.
- C'è un sì di cui si sente
orgogliosa e uno che, ripensandoci, non direbbe? Quali sono?
Sono orgogliosa di tutto quello che ho
fatto e pertanto ridirei tutti i sì che ho detto, non ho rimpianti.
- Ha mai identificato in cosa consista
la sua zona comfort? Cosa ha implicato uscirne, le volte che l'ha
fatto?
La mia zona di comfort, essendo una
guerriera, non è ben definita. Ho dovuto lottare per tutta la vita
per mantenermi, per fare quello che volevo, se c'è stata una zona
comfort l'ho sempre frequentata poco.
- Ci sono dei sì detti da Torino,
durante la sua storia, di cui si sente orgogliosa e in cui si
riconosce?
Torino è una città che combatte
molto. Mi piace come abbia saputo emanciparsi dall'industria: era una città chiusa a tutto, poco
conosciuta e riconosciuta per quello che aveva. Eravamo solo la città
della Fiat. Con il sì alle
Olimpiadi, Torino si è emancipata e ne sono felice perché è una
città che adoro: forse la mia zona di comfort è proprio Torino.
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