Laura Milani, nata a Torino, 47 anni,
laureata in Design della Comunicazione,
è CEO e direttore dello IAAD e fondatrice de La Scuola Possibile
Sì allo sviluppo, al futuro, agli orizzonti da scoprire; No allo sconosciuto, all'incertezza, alla novità. Se n'è parlato tanto in questi mesi e, guardando le piazze e ascoltando i discorsi, mi è venuto in mente un magico verso di Dante Alighieri, che ha definito l'Italia il Bel Paese dove il sì suona. Mi è sempre piaciuta l'idea di una terra allora divisa in tanti Stati, rivalità e avversioni e unificata dal suo monosillabo più ottimistico, agli albori del volgare. Così è nata l'idea di questa sezione, TorineSÌ, per scoprire quando i torinesi dicono sì, uscendo dalle loro zone comfort, e con quali forze ed energie accettano le sfide di quei sì. Le domande sono uguali per tutti gli intervistati e grazie a tutti i torinesi, nati qui o arrivati per scelta, per le loro risposte.
- Pensa che sia più facile dire sì o
no?
In assoluto nessuno dei due, perché dipendono dal momento,
dal contesto e dagli obiettivi. Sono un'ottimista e penso però che i no
debbano essere detti con maggiori ragioni.
- Il sì più folle,
quello che ha detto senza pensarci, e quello più faticoso?
Il sì
più folle è stato a IAAD, a 28 anni: ho lasciato una posizione
invidiabile in una realtà internazionale di strategic design per
scegliere IAAD, che allora era una piccola scuola di design in
difficoltà. il sì più faticoso è stato quello al Museo Nazionale
del Cinema. Non me la sono sentita di rispondere un no, perché c'era
un grave problema economico e organizzativo per cui mi hanno chiamata
in soccorso urgentemente. Amo la mia città e vorrei vederla
fiorire.
- C'è un sì di cui si sente orgogliosa e uno che,
ripensandoci, non direbbe? Quali sono?
Sono orgogliosa del sì che
ha portato all'apertura de La Scuola Possibile. Avremmo potuto
scrivere un libro, invece è nata la scuola. Ridirei tutti i sì e
magari gestirei meglio il dopo, ci sono sempre modi migliori di fare le cose, ma si fanno mentre si vivono e con il senno di poi siamo tutti
bravi.
- Ha mai identificato in cosa consista la sua zona comfort?
Cosa ha implicato uscirne, le volte che l'ha fatto?
La mia zona di
confort è il cambiamento, è immaginare e costruire il futuro. Sono
le generazioni future. Uscirne ha implicato una grande fatica, ma
sempre nuove esperienze e nuove cose apprese. Tutte le esperienze
sono utili e non capitano per caso.
- Ci sono dei sì detti da
Torino, durante la sua storia, di cui si sente orgogliosa e in cui si
riconosce?
Il sì alle Olimpiadi invernali, che ha cambiato la
storia della città. E ha permesso la realizzazione di altri sì
importanti arrivati dopo.
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