Nobiluomini dalla
vita avventurosa, che
mai ci si aspetterebbe nel seno delle
severe famiglie piemontesi.
Invece. Un esempio è il
conte Luigi Palma di Cesnola, secondogenito
di Maurizio Palma di Cesnola e di Eugenia Ricca di Castelvecchio,
nato a
Rivarolo Canavese nel 1832. Ho scoperto di lui grazie alla
direttrice dei Musei Reali di Torino
Enrica Pagella, che qualche
giorno fa, annunciando in tv
la mostra Cipro. Crocevia di civiltà, ha citato Palma di
Cesnola, che fu anche
primo direttore del Metropolitan Museum di New
York. Come non incuriosirsi?
Giovanissimo, cresciuto in un
ambiente carbonaro, partecipò come
volontario alla prima guerra
d'indipendenza, facendosi notare
per ardore e coraggio, tanto da
essere promosso a sottotenente nella battaglia di Novara,
il più
giovane ufficiale piemontese. Il primo degli episodi poco chiari
della sua carriera militare, probabilmente una storia di debiti,
causò il suo
congedo; Luigi perorò invano la sua causa e partecipò
alla
guerra di Crimea in un reparto turco dell'esercito britannico.
Nel 1858
emigrò negli Stati Uniti, conoscendo la dura vita
dell'emigrante. La svolta avvenne nel 1861, con il matrimonio con
Mary Isabel Reid, figlia di
Samuel Chester Reid, eroe di guerra
statunitense e autore della bandiera a stelle e strisce degli USA. Fu
la moglie a consigliargli, l'a
pertura di una scuola militare per
giovani ufficiali, vista la sua esperienza: così Palma di Cesnola
preparò alla
Guerra di Secessione ben 700 soldati. Ovviamente prese
parte alla guerra, finì anche prigioniero e fu di nuovo al centro di
episodi controversi, tanto che alla fine della guerra venne di nuovo
congedato. Ma il suo coraggio e la sua audacia in battaglia gli
garantirono la stima degli ambienti militari e politici, tanto che
nel 1865 venne nominato
console degli Stati Uniti a Cipro. E qui
iniziò
la sua seconda vita.
Appassionato lettore, ammiratore di
Heinrich Schliemann, che in quegli anni aveva scoperto Troia, il
cosiddetto tesoro di Priamo, il conte italiano iniziò a
scavare
anche nell'isola mediterranea, alla ricerca di
reperti archeologi.
Siamo nell'Ottocento,
la cultura archeologica non risponde ai severi
criteri scientifici che la guidano oggi e Luigi Palma di Cesnova
continua a essere irruente e appassionato e, per questo, a commettere
errori, come racconta la dottoressa
Maria Luisa Moncassoli Tibone nel testo scritto per il convegno della Regione Piemonte sui 100 anni
dalla morte dell'archeologo: "All'inizio del 1866 scopre la
città morta di
Idalium; nel marzo del 1870 mette in luce il
tempio
di Afrodite a Golgoi. Vi scava statue di dei, di dee, di eroi, di
sacerdoti. È affascinato dalla scultura in pietra di Cipro che
paragona alla scultura greca.
Gaston Feuardent, erede della Ditta
Rolin e Feuardent ben conosciuta a Parigi, di cui Cesnola si serve
negli anni degli scavi, nel 1879 sulla rivista
Art Amateur lo accusa
di aver
scambiato teste di statue non compatibili e segnala
restauri
e alterazioni a cui sono sottoposti i reperti: ne nasce una causa che
si protrae quattro anni dalla quale Luigi Palma, in tribunale, esce
scagionato e
vittorioso". Il lavoro del console, insomma,
non è scientifico,
così "non è certo dove le sculture di Golgoi siano state
scavate. Del santuario, Cesnola
non offriva piani e misure e altre
fondamentali informazioni: sembra inoltre dubbio che fosse presente
allo scavo. Egli
lavorava come Schliemann a Troia e a Micene. Ne ammirava le trovate e volle emularlo."
Per
undici anni scavò a Cipro e di fatto
spogliò l'isola del suo
patrimonio archeologico (come si usava fare a quei tempi), per
inviare i reperti al
Metropolitan Museum e, in parti minori, alla
Società Piemontese di Archeologia e Belle Arti, attraverso il fratello
Alessandro, suo braccio destro a Cipro, e al
Museo Ottomano
di Istanbul. Un'idea di quanto sia stato scavato a Cipro la offre
Fabrizio Antonielli d'Oulx
nel numero di ottobre 2003 di Vivant:
"Furono
undici anni di lavori impegnativi: tombe, sarcofaghi,
vasi di alabastro, frammenti architettonici riemergevano a
testimoniare la ricchezza dell'isola. La collezione Cesnola, prima
di essere imbarcata per New York, fu esposta a Londra. Fu nelle
cinquecento pagine del volume
Cyprus che Luigi Palma di Cesnola diede
conto delle sue scoperte:
sessantacinque necropoli fino allora
sconosciute con
più di sessantamila tombe e sei acquedotti. I
cimeli- iscrizioni, monete, vasi, steli, busti, cippi, rilievi,
sarcofagi, gemme, utensili diversi, lampade, oggetti preziosi-
assommano a più di trentacinquemila e più di
millecinquecento sono
gli oggetti d'oro che costituiscono un tesoro prestigioso del
Metropolitan Museum".
Altri tempi, altra idea di archeologia
e di tutela del patrimonio storico e artistico di un Paese. Fatto sta
che grazie al lavoro compiuto a Cipro, il conte italiano venne
nominato
primo direttore del Metropolitan Museum. Era il
1879 e un
italiano era ai vertici di uno dei più importanti enti culturali
degli USA (in una delle sue lettere al giornale torinese
Il Baretti,
lamenta il silenzio della stampa italiana sui suoi successi, come se
fosse spiacente "di parlare del bene di un italiano
all'estero"). Un incarico che Luigi Palma di Cesnola mantenne
fino alla morte, avvenuta nel 1904, e che seppe sviluppare con
intelligenza, costruendo
la nuova sede in Central Park e iniziando
l'acquisto di collezioni e quadri che hanno reso il MET quello che è
oggi. Tra le sue realizzazioni, Antonielli d'Oulx cita la
Gold Room,
"che conteneva ori, argenti e gemme del tesoro di Curium
e inoltre sigilli, monete e medaglie di
straordinario valore storico. Il
gusto e l'armonia
dell'allestimento, la splendida illuminazione facevano delle sale
del museo un luogo ambito per i sempre più numerosi visitatori; non
mancava una eccezionale cura al mantenimento e alla pulizia di muri,
pavimenti, bacheche, vetri che veniva periodicamente organizzata in
modo completo. Si realizzava così per opera del direttore Cesnola
una impostazione museografica esemplarmente moderna, precoce modello
per ogni altra istituzione analoga nel mondo".
Stretti
rimasero i rapporti anche con l'Italia, con Torino, che nel
Museo
d'Antichità aveva dato spazio alla
collezione cipriota donata da
Alessandro, e con il suo Canavese, dove tornò un'ultima volta nel
1900, rivedendo i suoi vecchi amici, tra cui
Giuseppe Giacosa, che, dopo un viaggio negli Stati Uniti, lo aveva definito
l'italiano più
illustre d'America insieme ad
Antonio Meucci.
Re Vittorio Emanuele
III gli conferì la
Croce di Grand'Ufficiale della Corona
d'Italia. Dopo i funerali, nella Cattedrale di San Patrizio, a New
York, Luigi Palma di Cesnola fu sepolto accanto alla moglie, a
Kensico, in una tomba
ispirata a una stele di Cipro.
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