Laura Audi, nata a Torino, 51 anni,
laureata in Filosofia e Lingue e Letteratura Straniere,
con Nicoletta Di Ambroggio fondatrice di
Somewhere Tour e creatrice del tour Torino Magica
Sì allo sviluppo, al futuro, agli
orizzonti da scoprire; No allo sconosciuto, all'incertezza, alla
novità. Se n'è parlato tanto in questi mesi e, guardando le piazze
e ascoltando i discorsi, mi è venuto in mente un magico verso di
Dante Alighieri, che ha definito l'Italia il Bel Paese dove il sì
suona
. Mi è sempre piaciuta l'idea di una terra allora divisa in
tanti Stati, rivalità e avversioni e unificata dal suo monosillabo
più ottimistico, agli albori del volgare. Così è nata l'idea di
questa sezione TorineSÌ, per scoprire quando i torinesi dicono sì,
uscendo dalle loro zone comfort, e quali forze ed energie trovano per
accettare le sfide dei loro sì. Le domande sono uguali per tutti gli
intervistati e grazie a tutti i torinesi, nati qui o arrivati per
scelta, per le loro risposte.
- Pensa che sia più facile dire sì o no?
Per la mia esperienza personale nel lavoro, dire di no è
senz'altro più semplice, perché non comporta mai decisioni e rischi.
Dire di no dà sicurezza, ma non permette di andare avanti, soprattutto
in un mondo come quello del turismo, in cui mi muovo
io, che invece va avanti e lo fa sempre più di corsa. Dire di no, insomma, vuol dire non solo
stare fermi, ma anche arretrare, visto che gli altri corrono.
- Il
sì più folle, quello che ha detto senza pensarci, e quello più
faticoso?
Il sì più folle che ricordo è stato quello detto al
Comune di Torino per organizzare la Notte Bianca del 2000, al Balon. È
stata la prima a Torino, non si sapeva come sarebbe andata ed è stata un grande rischio, una vera Notte Bianca, in cui garantire eventi fino alle 7 di mattino, con animazioni, banchi di
spezie e aromi che rivelavano l'anima multiculturale già presente in
città, conferenze di scrittori come Renzo Rossotti o Giuditta
Dembech, dall'1 alle 4 del mattino. È stato un successo incredibile, il primo segno di cambiamento di Torino,
che ha iniziato da allora ad aprirsi e a rinnovare la sua identità. L'idea che mi ha lasciato quell'esperienza è che i torinesi sono
sempre pronti a dire sì, se ne hanno occasione; se le occasioni non
ci sono, rimangono un po' delusi.
Il sì più faticoso è stato
l'invenzione della Torino Sotterranea, che era una leggenda storica e
che abbiamo ritrovato grazie a ricerche, studi, scoperte. Non è
stato il solo rischio che ci siamo assunte: abbiamo inventato la sera come momento turistico: prima di noi, quali musei o
luoghi accettavano di aprire dopo cena e chi usciva di casa per
andare a scoprire la propria città alla sera? È stato un successo
strabiliante, molto amato dai torinesi, oltre che dai turisti. E
anche adesso, con la Torino Sotterranea 2, che lanceremo tra poco,
perché, questa è un'anteprima!, abbiamo appena scoperto un rifugio
sotto piazza della Repubblica, ci sono stati studi, ricerche,
riscontri, che sono un sì faticoso, ma appassionante.
- C'è un sì di cui si sente orgogliosa e uno che,
ripensandoci, non direbbe? Quali sono?
Il sì di cui sono
orgogliosa è quello detto alla Notte Bianca, un po' si era capito,
ma tengo molto anche al sì detto alle Olimpiadi. I grandi nomi
mondiali, da McDonald's a Samsung, sono arrivati a Torino in cerca di
un operatore turistico a cui affidare i loro ospiti e si sono
affidati a noi. È stato un lavoro enorme ed è stato un successo,
alla fine, per ringraziarci, uno degli sponsor ci ha regalato una
poltrona d'onore alla cerimonia di chiusura delle Olimpiadi. È stato davvero un
lavoro enorme: 6 mesi praticamente senza respiro, sempre online, e
ancora oggi l'orgoglio è grande. I sì che non direi più sono a
collaborazioni che sono state univoche, a chi si è avvicinato a
noi per copiare i nostri prodotti; molto triste, ma ne siamo
sempre uscite con chiarezza.
- Ha mai identificato in cosa consista la
sua zona comfort? Cosa ha implicato uscirne, le volte che l'ha
fatto?
La mia zona comfort è sempre stata nel turismo: lavoravo con un grande operatore ed ero a mio agio; era una
zona comfort anche la passione per la Torino esoterica. L'uscita dalla zona comfort è stata la creazione di Somewhere: condividere la passione, parlarne ad altri non è stato facile perché
bisognava trovare un codice linguistico adeguato. È stato un
processo faticoso e interessante, grazie al confronto con scrittori
come Renzo Rossotti, che poi ha lasciato il suo archivio a Somewhere,
e a Giuditta Dembech. È nata così Torino
Magica, che si è rivelato un prodotto di grande successo turistico e
ha 22 anni.
- Ci sono dei sì detti da Torino, durante la sua
storia, di cui si sente orgogliosa e in cui si riconosce?
Il primo
sì di Torino che mi piace è quello che l'ha trasformata in capitale, prima dei Duchi di Savoia, con Emanuele Filiberto, e poi del Regno
d'Italia: non poteva essere altrimenti, il Risorgimento è partito da
Torino e ne sono orgogliosa. Un altro sì che amo è quello alle Olimpiadi, che è stata l'accettazione di un
rischio: cambiare la propria pelle nel momento in cui la Fabbrica non
assicurava più le certezze di prima. Ci terrei a sottolineare una cosa: in questo momento
la Città sta dicendo molti no, che danneggiano e ci riportano
indietro, ma non bisogna non
dimenticare i sì detti da enti pubblici e privati, che si muovono in
maniera autonoma ed escono dalla propria zona comfort per creare
nuovo turismo culturale. E in questo rientra l'ultimo sì che volevo
indicare, quello dell'apertura straordinaria serale che l'Accademia
Albertina farà con noi; l'Accademia è stata la prima scuola d'arte
d'Italia, adesso intende farsi conoscere non solo come il Museo che
è, ma anche come scuola, con visite guidate serali anche alle sue
aule, generalmente non aperte al pubblico (le prossime visite sono
oggi, 15 febbraio, e il 19 marzo, info su
www.somewhere.it).
L'Accademia è un esempio dei sì al rischio e al nuovo che dicono
gli enti cittadini, nonostante un'Amministrazione che in questo
momento è ferma. Poter lavorare con questi sì provenienti da una
Torino che non vuole stare ferma è cosa che mi rende orgogliosa.
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