Se
marzo è il
mese dell'Unità
d'Italia, dalla nascita di Vittorio Emanuele II alla proclamazione
dell'Unità e di Roma capitale, passando per la sconfitta di Novara
del 1849 e dalla cessione di Nizza e della Savoia del 1860,
aprile,
il mese che sta per iniziare, è quello delle
stragi nazi-fasciste e, infine, della
Liberazione. È allora un
buon momento per ricordare
il patrimonio artistico che in quegli anni
violenti si protesse dai bombardamenti e dalle razzie in tutti i modi
possibili. Al
Museo Egizio, che ho visitato poco prima della
quarantena, ci sono nuove sale che raccontano la storia del Museo,
dal trasferimento della capitale dei Savoia a Torino fino alla
seconda Guerra Mondiale. Ed è in quest'ultima sezione che si
racconta come
i reperti egizi furono protetti, sia nel
Palazzo
dell'Accademia delle Scienze sia attraverso il trasferimento nel
Castello di Agliè.
Mi sono incuriosita e ho cercato maggiori informazioni nel web. Ho trovato così le immagini su
come furono protette anche le grandi statue delle
piazze torinesi. Le
foto d'epoca ci mostrano le
sculture di Emanuele Filiberto in piazza San Carlo, di
Castore e
Polluce all'ingresso di piazzetta Reale, del
Soldato Sardo in piazza
Castello, del
Conte Verde in piazza Palazzo di Città, nascosti in
strutture di legno, appositamente progettate, a loro volta riempite di
sacchetti di sabbia, per attutire il più possibile la violenza delle
esplosioni e degli spostamenti d'aria. Erano
protezioni volenterose,
che non evitavano però i danneggiamenti. La casseratura della statua
di Emanuele Filiberto, per esempio, si
incendiò e danneggiò leggermente la
statua, che venne perciò trasferita a Santena e riposizionata solo al termine
della guerra.
Non si può immaginare cosa sia vivere con la paura
costante dei bombardamenti e al sentire la propria vita costantemente
in pericolo, "come d'autunno sugli alberi le foglie", come
disse
Giuseppe Ungaretti in pochi versi, tra i più belli della
letteratura italiana. Ma a questa s
ensazione di fragilità e di
precarietà, chissà quanto contribuiva vedere le statue della storia
di Torino nascoste in queste grandi strutture di legno.
Il
patrimonio artistico torinese, come quello italiano,
sopravvisse alla
guerra grazie al lavoro immenso e continuo dei direttori e del
personale dei Musei, alla
generosità dei proprietari dei Castelli
nobiliari in cui tanti tesori artistici furono nascosti, all
'impegno
dei Vigili del Fuoco, che collaborarono sia ai trasferimenti sia alla
difesa dei nostri beni artistici, intervenendo dopo gli incendi. Un
intero popolo, che non si limitò a cercare di sopravvivere, ma che
lavorò per preservare e conservare il patrimonio culturale che ci
identifica come italiani. A loro è dedicato un libro,
Salvare
Torino e l'arte, scritto dalle architette
Elena Imarisio e Letizia
Sartoris, con
Michele Sforza, fondatore dell'
Archivio Storico del
Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco. Ci sono anche tante foto e
immagino che alcune di quelle pubblicate qui, e trovate nel web,
provengano da questo libro.
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