Bello, in questi giorni di isolamento in
casa, presentare
progetti che parlano di futuro e che invitano a
guardare avanti.
Utopian Hours, il Festival di
Torinostratosferica
che invita a pensare alle città del futuro, si terrà
dal 23 al 25
ottobre 2020 e per la prima volta ha
un tema conduttore,
The city at
stake,
La città in pericolo. Vista la sua stretta attualità, in questi
tempi di pandemia, che ci costringono in casa e magari a ripensare i
nostri rapporti sociali e, quindi, l'idea stessa di città, sembra un
argomento scelto in questi giorni. Invece no, gli organizzatori
giurano che
la scelta è avvenuta oltre un mese fa e nella lunga
newsletter spiegano perché.
"Da vent'anni
una serie di
eventi drammatici mina il concetto stesso di città: il terrorismo,
la crisi finanziaria, la crisi ambientale e biologica. E oggi, in
modo drammatico, la pandemia. La città, che dopo un secolo e mezzo
di accuse e critiche, era stata rivalutata come
luogo primario della
nostra evoluzione, come concetto ideale di "assicurazione" contro
i grandi disastri del Novecento, è oggi sul piatto, in bilico,
contesa tra interessi diversi. La città gloriosa, la città libera,
la città che esalta, quella portata in palmo di mano dai giovani e
dagli "urbaniti", dai talenti tolleranti e dagli innovatori
sociali, la città che è
soluzione ai mali del mondo, la città
insomma che tutti amiamo e sogniamo di migliorare è a
un bivio.
Che
ne sarà della città se l'essenza stessa della città è a
rischio?" si chiedono ricostruendo le premesse di quello che
sarà Utopian Hours 2020.
Le città contemporanee sono a rischio
su tre livelli, teorizzano. Il primo livello è
fisico: "La densità,
la prossimità, le varie tipologie urbane che conosciamo, originate
in buona parte dalle grandi invenzioni del 1900, sono tutti elementi
che appaiono
desueti e inadatti alle sfide che le città hanno di
fronte, tra cui il cambiamento climatico è forse la principale.
La
forma urbana che continua a estendersi in modo globale è palesemente
inadeguata". Al secondo livello c'è il
potere, che "riguarda
il
soft power, l'affermazione, l'aggregazione, e si estende fino al
controllo sociale. Il sistema di governo e di auto-affermazione della
città sembra non essere più adatto, e in alcuni luoghi del mondo è
diventato una forma di controllo che ci aliena e ci fa ribellare.
Siamo velocemente passati da un periodo in cui le città sembravano
più importanti degli stati e i sindaci più adatti a governare il
mondo dei capi di stato, a un momento in cui le città hanno perso
autorevolezza, controllo, decisioni, e
i sindaci cercano di
contrastare le emergenze con gli hashtag." Il terzo livello è
filosofico, teleologico, "intende la città come
modello del libero pensiero. Qui è l'essenza stessa della città che si sta
smagnetizzando. Il fine della città sembrava essere il luogo
prescelto per il libero pensiero, per la circolazione delle idee, per
l'incontro surreale e serendipico che portava ricchezza e
eccitazione. È la città a cui hanno inneggiato alcuni grandi
pensatori e innovatori americani dagli anni '60 e '70 in poi, anche
grazie all'uso di sostanze psicotrope come forma di sperimentazione
radicale: si sta in città per evitare che si ripetano le guerre, si
sta nelle città per sottrarsi alla tradizione e al potere delle
élite, per affermare la propria libertà di pensiero e di
iniziativa, per essere al centro del commercio e della cultura".
Nella sua nuova edizione, Utopian Hours intende
analizzare il
futuro delle città:
quali le forme urbane? Cosa significa smart
city? A cosa porta il “data urbanism”, che vuole regolare il
battito della vita urbana con il controllo incessante dei nostri dati
privati? Quanto dura il richiamo della campagna? Se non è la città,
quale sarà il luogo in cui possiamo costruire la nostra personale
verità?
Quale eventuale alternativa alle città? Ne parleranno ospiti internazionali: architetti, urbanisti, giornalisti, analisti, esperti di culture urbane si confronteranno su questi argomenti.
È curioso che
questo tema inizi a girare p
roprio in questi giorni in cui tutti,
chiusi e isolati nelle nostre case, obbligati al
minimo dei contatti
sociali, siamo costretti a
ripensare il nostro futuro anche
personale. "In queste settimane la priorità di tutti è stata
conoscere gli effetti della pandemia e capire come organizzare il
nostro nuovo stile di vita. Proprio alla luce di quanto sta accadendo
nel mondo, mentre osserviamo le nostre città deserte,
il tema si
conferma centrale. Al di là della drammatica emergenza legata alla
pandemia, sappiamo che è lo stesso concetto di città a essere in
ballo. Non va difesa solo la nostra salute e la nostra economia"
commentano gli organizzatori di Utopian Hours "
Va difesa la
nostra capacità di immaginare, costruire, vivere e raccontare la
città". Immaginare, costruire, vivere e raccontare, verbi
davvero belli e importanti, carichi di visione in questi giorni in
cui si può guardare Torino solo dalla finestra. L'appuntamento è
per ottobre.
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