Alla
morte di Emanuele Filiberto di
Savoia-Aosta,
generale invitto della Terza Armata, durante la
Prima
Guerra Mondiale, avvenuta
nel 1931, il regime fascista decise di dedicargli un
monumento
a Torino, l'antica capitale del Regno d'Italia. L'idea era di
esaltare
non solo la figura del Duca scomparso, ma anche, attraverso
di lui,
i valori retorici del nuovo Governo (Emanuele Filiberto fu
molto vicino a Benito Mussolini e, di fatto, una delle personalità
che più si spesero per lui all'interno della Casa Reale, tanto che
il Duce lo considerava
un possibile sostituto di re Vittorio Emanuele
III, se questi si fosse opposto al suo Governo). Torino non mancava
di piazze per ospitare il nuovo monumento e la scelta ricadde su
piazza Vittorio Veneto.
Fu quindi indetto un
concorso, che
coinvolse numerosi artisti e che testimonia oggi, nelle foto che si
vedono nel web,
l'interpretazione della figura del Duca invitto negli
anni del fascismo. Era un'epoca di grande
retorica bellica, di
uomini
valorosi che andavano incontro al nemico con coraggio e valore, di
duci, nel senso romano del termine, che
conducevano il proprio popolo
alla vittoria finale e all'affermazione del proprio posto nella Storia. Così in tutti i modelli proposti, che Emanuele Filiberto fosse a
cavallo o fosse a piedi, risalta
la sua forza, il suo
carisma di
leader, la sua
capacità di "condurre" i suoi soldati verso
il trionfo. Soldati che appaiono diritti, forti e coraggiosi, in
attesa dell'ordine fatale, che emergono dalle trincee, in cui tanti
di loro persero la vita valorosamente. Con loro
le vittorie alate e
le figure della mitologia classica al servizio del regime.
Vedere
questi monumenti, così esplicitamente fascisti, nei toni e negli
obiettivi, non è di per sé impressionante. Impressionante è
immaginarli in piazza Vittorio Veneto, avessero come sfondo
scenografico la Gran Madre o l'ingresso aulico a via Po e, in ultima
istanza, Palazzo Madama. Così monumentali, enormi e in qualche modo
tronfi,
niente avevano a che vedere con il rigore anche geometrico
della piazza aperta sul fiume,
storicamente alla ricerca del rapporto
con il fiume. Come interrompere quel rapporto, per secoli aspirazione
di Torino (si mantenne l'inclinazione di via Po sullo scacchiere di
memoria romana proprio per garantire l'accesso all'unico ponte sul
fiume!), con un monumento, per quanto dedicato a un valoroso
generale?
Difficoltà tecniche ed economiche spinsero poi a
costruire il monumento dove lo vediamo oggi, s
ul lato orientale di
piazza Castello, con la facciata medievale di Palazzo Madama come
sfondo. Nell'opera di
Eugenio Baroni, lo scultore che vinse il concorso, ma che morì prima di poterla realizzare, il Duca d'Aosta, in divisa militare, è la
figura
centrale su un podio, ai suoi lati, appoggiati ad alti
parallelepipedi, simboli di trincee e di rifugi, soldati valorosi sono in attesa dei suoi ordini,
rappresentando
la fedeltà e la lealtà dell'esercito al suo
condottiero. I tre complessi scultorei sono sistemati
su un'alta
piattaforma, che li fa emergere dalla piazza e attira l'attenzione su
di loro (oggi purtroppo usata dai turisti come sede di riposo, mancando di rispetto al senso del monumento).
Di tutti i modelli proposti, ancora rintracciabili nel
web (una bella raccolta
su Torino Storia), è probabilmente
il più convincente, quello meno retorico e che
meglio restituisce
le doti militari di Emanuele Filiberto e
la
dedizione dei suoi uomini.
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