Carlo Reale, nato a Torino, 34 anni,
laureato in Lettere Antiche,
guida turistica e membro di Turin Tour
Sì allo sviluppo, al futuro, agli
orizzonti da scoprire; No allo sconosciuto, all'incertezza, alla
novità. Se n'è parlato tanto in questi mesi e, guardando le piazze
e ascoltando i discorsi, mi è venuto in mente un magico verso di
Dante Alighieri, che ha definito l'Italia il Bel Paese dove il sì
suona. Mi è sempre piaciuta l'idea di una terra allora divisa in
tanti Stati, rivalità e avversioni e unificata dal suo monosillabo
più ottimistico, agli albori del volgare. Così è nata l'idea di
questa sezione TorineSÌ, per scoprire quando i torinesi dicono sì,
uscendo dalle loro zone comfort, e quali forze ed energie trovano per
accettare le sfide dei loro sì. Le domande sono uguali per tutti gli
intervistati e grazie a tutti i torinesi, nati qui o arrivati per
scelta, per le loro risposte.
- Pensa che sia più facile dire sì o
no?
Più facile dire sì, perché quando dico no ho sempre rimorsi
e mi dico "e se?"
- Il sì più folle, quello che ha detto
senza pensarci, e quello più faticoso?
Il sì più folle è
stato quando ho deciso di andare a Madrid per conoscere una persona,
è stato nel 2005 e mi ha cambiato la vita. Il sì più faticoso...
il sì più faticoso non riesco a trovarlo, per me è più facile
dire di sì, per cui se non sono convinto o mi costa fatica dirlo,
non lo dico.
- C'è un sì di cui si sente orgoglioso e uno che,
ripensandoci, non direbbe? Quali sono?
Sono molto orgoglioso di essermi
laureato in Lettere Antiche: quando era stato il momento, la mia prof
mi aveva detto ma perché non studi Lettere Antiche? I miei non erano
molto convinti e io ho deciso di seguire la mia passione, ne sono
felice. Un sì che oggi, con la mia attuale esperienza di vita, non
direi è a una supplenza che presi e che in qualche modo ha condizionato i miei rapporti con la scuola; è stata un'esperienza negativa, per cui è
un sì che non direi più, ma allora andava detto.
- Ha mai identificato in cosa consista la
sua zona comfort? Cosa ha implicato uscirne, le volte che l'ha
fatto?
La mia zona comfort sono i miei affetti, le ragazze di
Turin Tour con cui lavoro, la mia famiglia. Sono la mia forza e
quando ne esco... tendo a tornare subito, metto un piede fuori e lo
ritiro dentro subito. Anche la mia città è una zona comfort e non
mi vedo uscirne.
- Ci sono dei sì detti da Torino, durante la sua
storia, di cui si sente orgoglioso e in cui si riconosce?
Se penso alla storia di Torino, più che all'attualità guardo al Risorgimento: sono orgoglioso del fatto che sia la città che si è messa alla testa del movimento di
unità nazionale. E oggi mi piace che sia
una città sensibile ai diritti delle minoranze; ci sono manifestazioni come il Lovers Film Festival che, anche se non sono particolarmente amante del cinema, sono fiero che siano a Torino.
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