Silvia Lanza, 46
anni, nata a Lubumbashi (Repubblica Democratica del Congo),
laureata
in Scienze della Comunicazione, ufficio stampa di Turismo Torino
Sì allo sviluppo, al futuro, agli
orizzonti da scoprire; No allo sconosciuto, all'incertezza, alla
novità. Se n'è parlato tanto in questi mesi e, guardando le piazze
e ascoltando i discorsi, mi è venuto in mente un magico verso di
Dante Alighieri, che ha definito l'Italia il Bel Paese dove il sì
suona. Mi è sempre piaciuta l'idea di una terra allora divisa in
tanti Stati, rivalità e avversioni e unificata dal suo monosillabo
più ottimistico, agli albori del volgare. Così è nata l'idea di
questa sezione TorineSÌ, per scoprire quando i torinesi dicono sì,
uscendo dalle loro zone comfort, e quali forze ed energie trovano per
accettare le sfide dei loro sì. Le domande sono uguali per tutti gli
intervistati e grazie a tutti i torinesi, nati qui o arrivati per
scelta, per le loro risposte.
- Pensa che sia più facile dire sì o
no?
Penso che più facile dire di no, perché è
come una sorta di protezione a quello che non si conosce, non ti
costringe a fare delle scelte e ti lascia tranquillo nella tua
routine. Non subisci quei cambiamenti che il sì potrebbe
comportare.
- Il sì più folle, quello che ha detto senza pensarci,
e quello più faticoso?
Il mio sì più folle è stato quando ho deciso di avere un cane: Pixi mi ha cambiato la vita e sono completamente innamorata di lui. A lui dico sempre di sì, se vuole un biscotto, se vuole
uscire, se vuole giocare con la pallina. Avere un cane richiede
impegno e organizzazione, non è una cosa semplice, è come avere un
bambino che non diventa adulto e che, anzi, invecchiando diventa
ancora più bambino, quindi bisogna offrirgli tutte le attenzioni del
caso. Un sì folle e carico d'amore.
Il mio sì più faticoso rimane su questo argomento: è il
sì che avevo detto a una conoscente alcuni anni fa, per aiutarla in
un canile di Torino. Un'esperienza che non dimenticherò mai e che mi
ha segnata, considerando la mia passione per gli animali; mi piacerebbe molto portare avanti questo amore per i cani, ma mi comporta una fatica estrema, di cuore, di anima, di
testa, per cui arrivo a casa devastata. L'ho fatto una volta e poi
non ho più avuto il coraggio perché è più la fatica che l'amore
con cui lo faccio: arrivo a casa e sto male.
- C'è un sì di cui
si sente orgogliosa e uno che, ripensandoci, non direbbe? Quali
sono?
Probabilmente è il sì al mio lavoro. Arrivare a Turismo Torino ha implicato per me cambiare
la prospettiva: prima lavoravo in un'agenzia di pubbliche relazioni e
ufficio stampa e portavo i giornalisti italiani a scoprire
destinazioni estere. Quando ho detto sì a questo lavoro, mi sono
trovata a fare l'opposto, a portare i giornalisti a Torino, per
fargliela conoscere e apprezzare. Mi sento orgogliosa quando i
giornalisti vengono a Torino, ne rimangono incantati e poi ritornano
per conto loro e mi chiamano per avere qualche dritta, continuando a
considerarmi un punto di riferimento in città. Sono nate belle amicizie di cui sono felice.
I sì che non
direi più è a tante amicizie che non si sono rivelate tali. Adesso
farei più attenzione: per carattere mi affeziono e mi lancio molto,
tendo a credere che il mondo sia buono e generoso e invece non è
così e mi scontro con la realtà. Ho detto tanti sì in modo emotivo
e adesso non li direi più.
- Ha mai identificato
in cosa consista la sua zona comfort? Cosa ha implicato uscirne, le
volte che l'ha fatto?
La mia zona comfort è quando posso
programmare e organizzare per tempo le cose, si tratti di lavoro, di
un viaggio, di un evento, patisco veramente l'improvvisazione e il
last minute. Amo sapere cosa devo fare stasera, cosa c'è domani, il
vivere alla giornata e decidere cosa fare all'ultimo minuto non fa
per me, parlo ovviamente delle cose importanti, non andare a fare una
passeggiata o a fare la spesa. Uscire dalla zona comfort mi costringe
ad adattarmi, cosa che non faccio volentieri. Poi capitano anche cose
belle, come, magari, i viaggi che non avevo programmato. Cito un
viaggio a Cuba, una destinazione che non è mai stata nelle mie
corde: sono andata all'ultimo momento con una mia cara amica e un
gruppo di persone che appena conoscevo ed è stata una vacanza
splendida. In particolare è stato bello il clima che si era
creato con le persone con cui avevo viaggiato: un'uscita dalla zona
comfort che ha lasciato un bel ricordo.
- Ci sono dei sì detti da
Torino, durante la sua storia, di cui si sente orgogliosa e in cui si
riconosce?
Certamente sì, direi quando ha finalmente iniziato a
dire al mondo che esisteva, che non era solo la città della
Fiat e della Juventus e che aveva tutte le carte in regola per farsi
conoscere e apprezzare. Quello è stato davvero un gran bel sì! "Sì,
siamo qui venite a trovarci" è stato il concetto che ormai vent'anni fa abbiamo iniziato a diffondere nel mondo. Il coraggio di quel sì ha
avuto grandi risposte e la nostra città è entrata nei circuiti
internazionali, finalmente, e si è rivelata come una città da scoprire. È stata una
grande sfida anche per me, per il cambio di prospettiva che, come ho
raccontato, Turismo Torino ha rappresentato, un sì
importante, per dire "Venite a Torino!"
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