, che chiuderà il 31 gennaio
2021 e che merita una visita per diverse ragioni. La prima riguarda
il coronavirus, che ha bloccato le attività culturali per tutta la
primavera: Torino prova a ripartire con l'inaugurazione di diverse
mostre, in questi giorni, tutte molto attente a garantire la
sicurezza dei visitatori e tutte con contenuto di grande interesse. Non si può non dare un segnale di sostegno al ritorno degli eventi culturali. Questa non è la solita mostra su uno dei fotografi più visti del
Novecento (si è chiusa pochi mesi fa la mostra che CAMERA aveva
dedicato al fotografo statunitense): nelle Sale Chiablese, i Musei
Reali ambiscono a presentare un aspetto meno noto della sua carriera,
ovvero "il particolare approccio di Robert Capa verso i nuovi
mezzi fotografici e la sua straordinaria capacità di integrare il
colore nei lavori da fotoreporter, realizzati tra gli anni ‘40 e '50 del Novecento".
L'interesse per il colore ha
accompagnato Capa in tutta la sua parabola proessionale, il comunicato stampa
ricorda che nel 1938, "trovandosi in Cina per documentare la
guerra sino-giapponese in un reportage durato otto mesi, Capa scrisse
a un amico della sua agenzia di New York: 'Spediscimi immediatamente
12 rulli di Kodachrome con tutte le istruzioni su come usarli,
filtri, etc… in breve, tutto ciò che dovrei sapere, perché ho
un'idea per
Life'. Sebbene di quel servizio siano sopravvissute
soltanto fotografie in bianco e nero, ad eccezione di quattro
immagini pubblicate sulla rivista
Life il 17 ottobre 1938, la lettera
esprime il chiaro interesse di Capa per i lavori con pellicole a
colori, ben prima che venissero largamente impiegate da molti altri
fotoreporter".
Se è diventato famoso per i reportage di
guerra in bianco e nero, sin dagli anni '30, durante la Guerra Civile spagnola, Capa iniziò a usare il
colore per fotografare le
celebrities dell'epoca, da Ernest Hemingway
nella sua casa nell'Idaho a Ingrid Bergman sul set di
Viaggio in
Italia di Roberto Rossellini, da John Huston nel film
Moulin Rouge a Pablo
Picasso in spiaggia con il figlio Claude. Dopo la Seconda Guerra
Mondiale anche i suoi reportage, per raccontare stavolta la vita
quotidiana delle persone, furono prevalentemente a colori. La sua
abilità, "abbinata alla capacità di raccontare le emozioni
umane dimostrata nelle prime fotografie in bianco e nero, gli permise
di muoversi tra i diversi tipi di pellicola, impiegando il colore a
completamento dei soggetti fotografati. Tra questi primi lavori si
trovano le fotografie della Piazza Rossa di Mosca, realizzate durante
un viaggio in URSS nel 1947 con lo scrittore John Steinbeck e la vita
dei primi coloni in Israele nel 1949-50. Per il progetto Generazione
X, Capa si recò a Oslo, a Essen, nel nord della Norvegia e a Parigi
per catturare la vita e i sogni delle giovani generazioni nate prima
della guerra".
Un mondo nuovo che sta nascendo, un fotografo
che non si stanca di raccontarlo con il linguaggio più immediato di
tutti, l'immagine, un viaggio affascinante in tutto quello che
compone un'epoca: i luoghi, le persone, le abitudini, la gente
comune, i personaggi famosi. Tutte icone di un tempo perduto, che
Robert Capa ha reso immortale, anche con l'uso saggio del colore.
Capa in color è nelle Sale Chiablese dei Musei Reali, in
piazzetta Reale, dal 26 settembre 2020 al 31 gennaio 2021. L'orario
di apertura è martedì-venerdì ore 10-19, sabato-domenica ore
10-21. Biglietto intero 13 euro, ridotto 10 euro (over 65), 5 euro
(11-18 anni compiuti); pacchetto famiglia 2 adulti 10 euro a testa e
ogni ragazzo tra 11-18 anni 5 euro a testa; gratuito per i possessori
delle tessere Abbonamento Piemonte Musei e Torino Card, per under 10
anni; i biglietti sono in vendita anche sul sito
www.capaincolor.it.
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