Nel 2017, mentre lavorava alla riqualificazione dell'ex convento
domenicano di via delle Orfane 20,
trasformato in QuadraTO, edificio
di appartamenti molto glamour anche turistici, il Gruppo Building ha
portato alla luce i resti di un edificio romano, dotato di preziosi
mosaici. Fermati i lavori e realizzata una variante al progetto
originario, su richiesta della Soprintendenza Archeologia Belle Arti
e Paesaggio per la Città Metropolitana di Torino, il Gruppo Building
presenta l'area archeologica eccezionalmente in questi giorni, il 16
e 17 ottobre 2020, con visite guidate a cura di Arcana Domus (sono già sold out). I
lavori di restauro, condotti dal Centro Conservazione Restauro La
Venaria Reale, sotto la direzione della Soprintendenza, si
concluderanno in realtà a primavera 2021, ma questa prima
presentazione alla città dà un'idea delle strutture trovate e della
storia millenaria che si nasconde sotto le nostre strade.
Qui
siamo in un sito archeologico di circa 125 metri quadrati, sistemato
all'interno dell'
insula compresa fra le attuali via delle Orfane, via
Santa Chiara, via Sant'Agostino e via San Domenico, nei pressi delle
mura romane, visibili ancora oggi nella vicina via della Consolata.
Dato il ritrovamento di un'ampia residenza poco oltre via
Sant'Agostino, si ipotizza che quest'area di Augusta Taurinorum fosse
destinata alle classi agiate della città. "I resti più antichi
messi in luce nel corso dei lavori sono costituiti da un vasto
impianto di epoca romana imperiale (I-II secolo dopo Cristo), con ambienti
particolarmente conservati nel settore sudorientale dell'area"
spiega il comunicato stampa. Quattro grandi vani rettangolari
affiancati, definiti da muri con fondazioni in ciottoli e
probabili pareti in argilla cruda, erano probabilmente affacciati su
un cortile porticato sul lato orientale, in cui si trovava anche una
vasca in muratura. Le pareti su questo lato erano quasi
completamente aperte, con ampie soglie di pietra in cui sono rimasti i segni dei cardini di possibili
cancelli di chiusura in legno.
L'elemento che più colpisce
l'attenzione si trova nell'ambiente più meridionale: un mosaico in
tessere bianche e nere che rappresenta il cacciatore Atteone,
dilaniato dai suoi cani mentre si tra trasformando in cervo. Il mito
racconta infatti che durante una battuta di caccia, Atteone sorprese Aremide mentre si bagnava con le sue compagne; infuriata, la dea lo trasformò in
cervo, ma mentre avveniva la trasformazione, i suoi cani lo
raggiunsero e, non riconoscendolo, lo sbranarono. "Il mito,
molto rappresentato ad esempio nella pittura pompeiana, ha pochi
confronti nei mosaici figurati e rimanda comunque a una committenza
colta e raffinata" commenta il comunicato stampa. Non è ancora
chiaro cosa fosse quest'edificio: gli archeologi tendono a escludere
una
domus privata e propendono per un edificio pubblico, forse una
schola, un collegio professionale, elegantemente decorato grazie ai
soci e ai benefattori.
Le stratificazioni sull'edificio hanno
rilevato che nei secoli successivi all'uso romano, la stessa area
divenne una sorta di cimitero, dato che sono state trovate dodici
sepolture, probabilmente infantili e di età longobarda (le datazioni
al radiocarbonio sono in corso). Ancora successivamente, il
rinvenimento di una fossa di fusione per campana, fa pensare al X
secolo e al campanile dell'antica chiesa di San Giacomo, oggi
Sant'Agostino. Un sito archeologico prezioso, che rivela parte
dell'intenso passato di Torino e inediti passaggi della vita di
Augusta Taurinorum. Speriamo che dalla primavera 2021, quest'angolo
del centro cittadino possa inserirsi nei percorsi culturali,
artistici e turistici della città, con tutte le precauzioni che
saranno necessarie per conservarlo.
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