Maria Elena Gutierrez, nata a Tepatitlán (Messico), cresciuta a Los Angeles, laureata in Letteratura e Cinema
CEO e direttrice del VIEW Fest e della VIEW Conference (17-22 ottobre 2021)
Sono arrivati a Torino per scelte
sentimentali, familiari, professionali o magari perché un giorno ci
sono passati, se ne sono innamorati e hanno fatto di tutto per non
andare via. Il loro sguardo racconta aspetti della città che chi è nato e vissuto qui non vede, magari per abitudine, e offre muovi stimoli e nuovi suggerimenti
(vedrete, mano a mano, diversi fili conduttori, nelle loro parole).
Sono i TorineSÌ per
scelta, quelli che hanno lasciato le loro zone comfort per aprire una
nuova pagina di vita in città.
E grazie a tutti loro per il tempo, lo
sguardo, le idee sulla Torino che vedono e quella che potrebbe
essere.
- Quando e perché ha scelto Torino? La
prima immagine e la prima impressione della città, all'arrivo.
Per essere del tutto sincera, a
portarmi a Torino è stato l'incontro con mio
marito, un torinese che ho incontrato in California e che ho seguito
qui. Ma accanto a questa storia d'amore personale ne stava
crescendo da tempo un'altra, diciamo un innamoramento per la
tradizione culturale di questa città. Avevo scoperto la letteratura
italiana attraverso Cesare Pavese, e poi l'avevo esplorata
attraverso Beppe Fenoglio, Natalia Ginzburg, Elio Vittorini, Primo
Levi, insomma il mondo della Einaudi; ma anche il cinema italiano mi
aveva spesso offerto scorci torinesi. Attraverso quella esperienza
avevo costruito una immagine intellettuale di Torino che si
incrociava con la città fisica, ancora a me ignota. L'esperienza
diretta non mi ha certo delusa, anzi, ho ritrovato molte atmosfere e
luoghi che avevo immaginato, e ne ho scoperti altri. Poi le ragioni
del radicamento sono cresciute, sommando quelle professionali a
quelle affettive: qui è nato mio figlio, e qui è cresciuta l'altra
mia "creatura", VIEW Conference. Insomma, la città ha ricambiato
il mio affetto.
- Cosa vorrebbe avesse Torino della sua
città d'origine e, viceversa, cosa la sua città d'origine dovrebbe
avere di Torino?
Beh, essendo cresciuta in California la prima
risposta, non seria, è che vorrei che Torino avesse il mare… ma
più seriamente mi piacerebbe che Torino avesse una maggiore 'facilità
di vita', anche attraverso un investimento ancora maggiore nelle
tecnologie della vita urbana e della sostenibilità ambientale. Che
fosse più smart, insomma. E poi mi piacerebbe molto che ci fossero
più spazi e luoghi di vita pubblica dedicati ai bambini, come i
musei per bambini che si trovano in molte città americane ed
europee. In compenso sarebbe bello che ci fosse a Los Angeles anche
solo una frazione del ricchissimo patrimonio culturale che abbiamo
qui: ma è più o meno impossibile come il mare a Torino. Anche se,
seriamente, un potenziamento dell'uso ricreativo delle sponde del
Po non sarebbe male; un tempo c'erano spiagge e bagni fluviali, e
molte città, ad esempio Parigi, stanno investendo proprio su questi
temi.
- Una cosa che non avrebbe mai detto
di Torino e che l'ha invece piacevolmente sorpresa, vivendoci; e
invece la conferma, positiva o negativa, di un'idea che aveva già
della città.
Direi che mi ha piacevolmente sorpresa
la geografia naturale della città. L'abbraccio delle Alpi, il
fiume, la collina. In parte erano già una componente della immagine
culturale della città che avevo costruito attraverso le letture,
soprattutto il Po, ma certo sperimentarle dal vero e farle diventare
parte integrante della mia vita quotidiana è stato molto bello. La
conferma, positiva, ha invece riguardato il patrimonio culturale. Mi
aspettavo di trovare una città colta, ricca di tradizioni, e in
effetti l'esplorazione del mondo museale, e del centro storico, mi
ha confermato in questa immagine. Forse sarebbe stato diverso se
fossi arrivata prima, nella città al culmine della sua parabola
industriale, con le sue durezze e i suoi conflitti.
- Il posto in cui ha iniziato a capire
Torino, da consigliare anche a chi visita la città.
Due luoghi per me particolarmente
suggestivi sono le sponde del grande fiume e il Museo del Cinema alla
Mole Antonelliana. Il primo è, come ho già detto, idealmente
all'incrocio tra la bellezza del paesaggio - sia naturale, sia
plasmato dalla creatività umana - e la memoria letteraria.
Percorrendo quelle rive mi sembra anche di ripercorrere i pensieri
che quei luoghi hanno suscitato in generazioni di intellettuali, da
Rousseau a Pavese. E il Museo del Cinema è un bellissimo percorso in
quella che per me è la forma d'arte che ho più studiato e
praticato, e al tempo stesso un modo per rivivere la storia della
città e del suo spirito creativo e innovativo.
- Tre cose da cui Torino può ripartire
dopo la crisi di questi anni e dopo la pandemia
La creatività: promozione
dell'innovazione, che sfrutti il patrimonio intellettuale della
città, con gli splendidi esempi del passato in campi quali il
design, il cinema e l'automotive, estendendoli a settori come le
smart cities e la sostenibilità.
La cultura e il paesaggio: la città
ha ricchezze straordinarie ancora poco sfruttate, che potrebbero
essere uno straordinario volano di sviluppo. In fondo, nel lungo
periodo, con l'evoluzione della connettività e il lavoro a
distanza, le persone sceglieranno dove vivere sulla base della
qualità della vita che le città offrono. Torino può essere un
luogo attrattivo se riscopre il rapporto con le sue ricchezze
naturali e culturali e lo mette al centro della sua identità
I sapori. Torino, come cuore del
Piemonte, è un serbatoio unico al mondo di sapori e arte della
cucina. Assieme all'arte e al paesaggio possono costituire una base
di attrazione turistica, ma anche di piccole, efficienti imprese che
sfruttino piccole produzioni ma di eccellenza
Tutte e tre le idee andrebbero
sostenute con una spinta ad accoppiare la valorizzazione del
territorio con la internazionalizzazione della platea dei
consumatori. Prodotti locali per il mondo.
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