Tra gli edifici perduti dalla Torino
contemporanea, uno di quelli che non smettono di affascinarmi è la
stazione di Porta Nuova. Il suo aspetto attuale non corrisponde a
quello originario. Come sappiamo, i due corpi della stazione, quello
su via Nizza e quello su via Sacchi, erano uniti non solo dalla
facciata, che sarebbe stata instabile da un punto di vista statico,
ma anche da una grandiosa galleria metallica andata perduta. Porta
Nuova era stata concepita nell'Ottocento senza grandi visioni di
futuro (purtroppo cosa che ritorna in molta edilizia pubblica
torinese): era una stazione di testa, ovvero i binari vi terminavano,
ed era organizzata per il traffico di quel momento storico, senza
molta capacità immaginativa circa lo sviluppo ferroviario futuro. E
però, nonostante questo limite, era una gran bella stazione.
Sotto la sua volta metallica arrivavano
sette binari, che erano visibili sin dall'ingresso principale. Prima
di arrivare ai binari, sugli angoli della facciata, c'erano due
piccoli chioschi in stile liberty: uno conteneva la biglietteria,
l'altro il caffè-ristorante in cui fermarsi in attesa dei treni o
appena arrivati in città. Anche il suo rapporto con Torino era
diverso: le due maniche su via Nizza e su via Sacchi, oggi occupate
da parcheggi, erano dotate di una cancellata abbellita da alberi, che le isolava e in qualche modo le valorizzava, sottolineando la loro presenza.
Porta
Nuova fu soggetta a continue modifiche sin dai primi anni del suo
funzionamento (i due chioschi furono aggiunti nei primi anni del
Novecento, nello stesso periodo furono tolte le cancellate sulle due
vie). Ma fu lo smantellamento della galleria metallica, in età fascista, a
cambiare l'immagine della stazione. La testa dei binari fu spostata
all'esterno della galleria e da 7 passarono a 20, lo spazio della
galleria fu ristrutturato con un grande atrio con volta a botte, un
piccolo giardino interno, e la biglietteria. Non fu l'ultima
ristrutturazione: il progetto Grandi Stazioni ha inserito un centro
commerciale laddove un tempo c'era la biglietteria e ha lasciato
intatto, in tutta la sua altezza, solo l'atrio centrale, al quale si
arriva anche in metropolitana. La grandiosa facciata su piazza Carlo
Felice ha perso il contatto visivo con i treni: chissà quante corse,
entrando in stazione, al vedere il proprio treno sui binari, chissà
quanti saluti veloci alla partenza e quanti sorrisi agli arrivi,
vedendo le persone care sin dall'ingresso, ci siamo perduti. Tante storie si perdono, in
una stazione che continua a raccontarne tante, tutti i giorni. Ma
lasciatemi dire che quella galleria metallica è davvero un
rimpianto.
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