Una delle sorprese più belle della mia
estate torinese sono stati i Giardini Reali, riaperti al pubblico
durante la bella stagione. Li ho molto amati, perché il loro
restauro è stato pensato per accogliere il pubblico; per me è
stato immediato il paragone con i nuovi parchi torinesi, Dora e
Mennea
in primis, dove panchine dalle forme strane (e quasi sempre
senza schienale!) e alberelli dalle chiome non foltissime sono
piuttosto respingenti sotto il sole di agosto, quando si è alla
ricerca del fresco e del riparo dal sole. Nei Giardini Reali, invece, c'è l'invito a restare, per essere parte della Bellezza
che descrivono.
In uno degli ombrosi incroci del Boschetto, dove viene vogia di rimanere anche per leggere un bel libro, c'è un'opera d'arte che mi ha molto colpito,
Pietre Preziose di Giulio
Paolini. Durante una delle passeggiate che la Direttrice dei Musei Reali
Enrica Pagella fece con i cittadini nei Giardini Reali, per farli
conoscere e raccontare i suoi progetti, si parlò della convivenza di
opere d'arte originarie con opere d'arte contemporanee, così da
offrire una sorta di vita continua, non cristallizzata, a
questi magnifici spazi. In questo sono molto torinese, mi rendo
conto, e accolgo sempre con una certa diffidenza proposte di
commistioni tra contemporaneo e passato in aree storiche, prima di
vedere e decidere se diventare appassionata sostenitrice del
risultato.
Ma
Pietre Preziose è un'opera contemporanea diversa,
preziosa, perché realizzata con alcuni frammenti della Cappella
della Sindone incendiata; sono elementi d'architettura riconoscibili
e sparsi, quasi gettati in disordine, dai quali emerge una figura
umana, che osserva, pensa, scrive. L'effetto è suggestivo, perché
il legame tra presente e passato è evidente, così come la nuova
vita dei resti della Cappella di Guarino Guarini: hanno perso la loro
funzione originaria, sono diventati parte del bello dei Giardini,
come un cerchio che si chiude. Un intervento contemporaneo che ha un
senso è che è quasi commovente nel suo significato.
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