In genere, quando scrivo d'architettura
contemporanea, mi limito all'area di Torino, per raccontare come la
città reinventa le strutture dismesse, i cortili, i palazzi storici
o come costruisce nuovi complessi per nuovi modi d'abitare. Poi ci
sono le eccezioni, perché i progetti mi sono piaciuti, magari sono
realizzati da architetti torinesi, anche se altrove, o si trovano in
Piemonte. Come questo, Casa Cinsc, nelle Val Divedro, nel
Verbano-Cusio-Ossola, realizzato dallo studio milanese ATOMAA.
Siamo
a circa 1400 metri di altezza, il rudere di un antico fienile e
ricovero del bestiame, forse anche periodicamente abitato, è stato
trasformato nella bella abitazione di una famiglia con figli,
utilizzando i due materiali tipici di montagna, la pietra e il legno.
Lo stretto legame con il paesaggio fa parte del recupero: niente è
stato ricostruito in contrasto con l'intorno. Il progetto ripristina
infatti il vecchio rudere, a cui aggiunge un nuovo corpo, che
all'esterno non si distingue, essendo entrambi rivestiti di pietra;
si serve anche delle pendenze naturali per realizzare tre livelli: il
primo ospita l'ingresso e gli spazi del giorno, l'inferiore la camera
da letto padronale, il superiore la camera da letto dei figli.
La
dura e severa pietra dell'esterno viene sostituita all'interno da un
rivestimento totale del legno, materiale scelto per pavimenti,
pareti, soffitti e arredamento, che dà un calore inaspettato
all'abitazione. "Il contrasto tra esterno e interno è evidente,
ma rimane immutata l'immagine tradizionale, seguendo il rigore delle
imposizioni normative, che trova il suo equilibrio con gli ambienti
interni legati ad un immaginario che attinge invece all’architettura
contemporanea alpina" spiegano gli architetti.
Nel volume
nuovo ci sono l'ingresso e il soggiorno, immaginato come uno spazio
"per osservare la montagna accompagnati dal calore di una stufa
dal linguaggio contemporaneo. Qui il pavimento è in resina nera
differenziando l'ambiente nuovo dal resto della casa, con pavimenti
in larice. Assecondando lievi differenze di quote si passa
all'edificio preesistente dove un tempo c'era la porta d'ingresso".
Si entra così nella cucina-sala da pranzo, ambiente a tutt'altezza
che è il vero cuore della casa, come vuole la tradizione: non solo è
lo spazio dove ci si riunisce, ma anche quello che distribuisce gli
spazi, comprendendo anche la scala che porta alle due camere da
letto. "La cucina è caratterizzata da un grande elemento di
arredo che occupa tutta la doppia altezza della stanza e dà volto
contemporaneo allo spazio interno" commentano gli architetti.
E
proprio nella cucina si sottolinea l'enorme importanza data al
progetto alla luce e alla vista del paesaggio circostante: le due
finestre della cucina, che incorniciano il paesaggio come un quadro
vivente, sono coadiuvate dalla grande vetrata del timpano, che inonda
di luce sia la cucina che la camera dei figli, che sulla sala si
affaccia e che dal timpano hanno una meravigliosa vista sulle
montagne. Belle viste anche per la camera da letto inferiore,
illuminata da un grande arco vetrato, anch'esso aperto sul paesaggio.
Pietra per l'esterno, legno per l'interno, vetrate per legare
indissolubilmente l'interno all'esterno, questa la magia del
progetto.
ATOMAA tiene molto anche a un'ulteriore particolarità
del suo progetto: il riuso totale, "quasi ossessivo dei
materiali di spoglio del rudere esistente. Nuova vita, anche dove le
condizioni delle strutture non ne consentivano il recupero: abbiamo
riusato tutto! Le pietre delle porzioni murarie antiche, dismesse,
sono state usate per ricostruire i muri nuovi, il legno del vecchio
tetto per realizzare architravi di porte e finestre. I muri di
contenimento dei terrazzamenti sono stati realizzati con porzioni
della roccia scavata, così anche il volume dell’ampliamento.
Inoltre, le pavimentazioni esterne riusando le piode del vecchio
tetto.
Tutto questo grazie ad artigiani locali
che conservano ancora l’abilità della costruzione tradizionale
delle case in pietra". Un progetto che colpisce per l'uso di
materiali tradizionali, per il forte rapporto stabilito con il
paesaggio, per il calore che riesce a ricostruire all'interno.
Un'architettura di montagna che ricorre al cemento armato solo dove
indispensabile e che indica una bella direzione per il recupero di
ruderi di pietra, con tante storie ancora da raccontare.
Le foto sono di Alberto Strada.
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