C'è stato un momento in cui il conte
Camillo Benso di Cavour era un giovanotto bello e ambizioso, persino
conteso tra le dame dell'aristocrazia piemontese, spesso prigioniere
di matrimoni combinati e infelici; del resto lui preferiva gli amori
poco impegnativi e senza grande futuro, che non gli complicassero
troppo la vita: e chi meglio delle aristocratiche infelicemente
sposate poteva garantirgli queste caratteristiche?
Impegnato a
trovare il proprio posto nel mondo, cadetto senza diritto al
patrimonio familiare, passò gli anni della gioventù tra la gestione
delle tenute agricole del padre, viaggi alla scoperta dei sistemi
politici, sociali ed economici di Francia, Svizzera e Gran Bretagna,
dame che lo accompagnavano per qualche tempo, senza chiedergli più
del necessario. Tra i venti e i trent'anni, Camillo seminò quello
che sarebbe stato: un uomo dell'Ottocento, di idee liberali, ma
consapevole della propria classe sociale, interessato al
miglioramento della produttività in agricoltura, ma non troppo ai
diritti dei contadini e dei mezzadri, che gestiva in modo
autoritario; un giovanotto ribelle, di idee troppo aperte, non troppo
ben visto nella mediocre dirigenza sabauda della prima metà del
secolo, un uomo appassionato, ma incostante nei suoi sentimenti. Ne
sa qualcosa Anna Giustiniani, la più famosa delle sue amanti,
ovviamente infelicemente sposata.
Di lei parla Franca Porciani in
un bel libro dedicato all'artefice dell'Unità d'Italia,
Cavour prima
di Cavour, che racconta gli anni della sua formazione politica ed economica. Anna e Camillo si conobbero a Genova, dove lei viveva, nel
1830, quando lui era tenente del genio, durante la brevissima
carriera militare. Lei era la moglie del marchese Stefano
Giustiniani, gentiluomo di camera di re Carlo Felice. Il matrimonio
era "decisamente mal assortito: lei appassionata, intransigente,
nonché repubblicana convinta; lui cinico, prudente, ben allineato
con la monarchia" commenta Porciani "Non bastarono i tre
figli a tenerli uniti, mentre Anna andò organizzando un salotto che
diventò ben presto il più brillante della città, nonché
sorvegliato speciale della polizia torinese". Il primo incontro
tra i due amanti avvenne proprio nel salotto di lei e fu colpo di
fulmine.
Ma sfortuna volle che mentre Anna sarebbe stata disposta
a lasciare tutto per il bel conte, lui non fu colpito da altrettanto
entusiasmo. E poi, sottolinea ancora Porciani, "la giovane
marchesa rendeva particolarmente difficile la sua posizione perché
era di una disarmante sincerità: non faceva niente per nascondere i
sentimenti per il giovane conte, tanto che molti aristocratici
genovesi erano informati della scandalosa relazione". Gli eventi
storici, le idee liberali di Camillo, invise a Corte, quelle
repubblicane di Anna, che si presentò a teatro con colori
sgargianti, in una Torino ancora in lutto per la morte di re Carlo
Felice, separarono gli amanti per qualche tempo (lei, dopo l'episodio
a teatro, fu spedita a Milano). In realtà, negli anni della loro
relazione fu più il tempo che trascorsero separati che insieme.
Dopo la passione iniziale, si persero di vista per tre anni, durante i quali
ebbero altri amori. Si rividero nel 1834, quando Anna tornò a
Torino, vissero una parentesi idilliaca durante un soggiorno di lei a
Vinadio; prima attraverso un intenso scambio di lettere, appassionatissime
da parte di Anna, "che portava alle estreme conseguenze l’idea
di amore romantico che imperversava ai suoi tempi, senza
preoccuparsi, comunque, delle convenienze". Poi Camillo la
raggiunse per alcuni giorni e fu amore, nonostante la presenza di Stefano, il marito di lei.
Si rividero ancora a Genova e lentamente
iniziò il distacco del conte dall'amante. Un distacco che divenne
definitivo nel 1835, quando lui tornò a Torino da Bruxelles a causa
di un'epidemia di colera. Lei tentò di raggiungerlo, ma fu fermata a
causa delle quarantene. Poco dopo iniziò il declino mentale di Anna,
l'ossessione per l'amore impossibile, le lettere sempre più
accorate, fino al suicidio, messo in atto a soli 34 anni, dopo un'ultima lettera disperata all'amante ormai lontano. La riporta Franca Porciani, in un libro
davvero affascinante, che offre un bel ritratto, senza indulgenze e per
questo più appassionante, del giovane Cavour.
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