Dopo la
vittoria di Marengo, arrivato a
Milano,
nel 1800, Napoleone
ordinò l'abbattimento del sistema difensivo dello sconfitto Regno di Sardegna. Nella lista delle
demolizioni c'erano anche le mura di Torino. Necessario, dunque,
immaginare il
nuovo rapporto della città, spogliata delle sue
difese,
con il territorio verso cui si apriva.
Nel 1802, una
Commissione Governativa organizzò
un concorso pubblico, per la
pianificazione della città senza mura. Curioso ricordarlo adesso che
si sta ragionando sulla modifica del Piano Regolatore, per immaginare
di nuovo la Torino del futuro prossimo venturo.
Dei progetti
presentati alla Commissione sono arrivati al nostro tempo
solo due,
quello presentato da Ferdinando Bonsignore, Carlo Randoni e Luigi
Bossi e quello di
Giacomo Pregliasco, uno dei più importanti
paesaggisti dell'epoca (suo fu, per esempio, il Parco del Castello di
Racconigi). È quest'ultimo quello di cui si parla in quest'articolo,
per l'idea di Torino, privata di mura e circondata, come nuova cinta, più ampia della precedente, di
un
canale rettangolare e, al termine delle vie storiche, di
piazze
simmetriche sullo stesso canale. "Il modello di città
progettato da Pregliasco è un modello urbanistico nuovo, totalmente
dirompente ed innovativo, in quanto egli opera una radicale
destrutturazione della città preesistente e ne propone una completa
ristrutturazione" scrive
Vera Comoli Mandracci, che fu docente
di Storia dell'Urbanistica (anche mia!) al Politecnico di Torino in
Pianificazione urbanistica e costruzione della città in
periodo napoleonico a Torino.
Progetto urbanistico per la città di Torino di Giacomo Pregliasco,
conservato negli Archives nationales di Parigi
Nel suo progetto, Pregliasco
intende
superare la forma a mandorla che ha caratterizzato la città
dopo i suoi ampliamenti, la prova è che non si occupa tanto degli
isolati, quanto degli assi principali, quelli che collegano Torino al
territorio. "L'andamento a mandorla dell'antico perimetro appare
volutamente disatteso e vanificato, proprio in quanto
non è affatto
riconosciuto da Pregliasco come elemento tipizzante della struttura
urbanistica della città. Con il nuovo progetto, l'architetto
scontorna invece una figura planimetrica che appare nel suo insieme
razionalizzata al massimo e tendenzialmente compiuta, 'non più
perfettibile'" continua Comoli Mandracci.
Il piano si
presenta come
rigido, non modificabile, caratterizzato dalle piazze
sul canale,
senza un rapporto privilegiato con il fiume, che non
partecipa alla costruzione della nuova immagine: il lungo canale
rettangolare si tiene ben lontano dalla sua riva, c'è una piazza, che
prefigura piazza Vittorio Veneto, affiancata da due semi esedre da
cui partono i viali che, finalmente, raggiungono il Po. C'è solo un
asse che da Torino supera il Po,
quello di Villa della Regina, che
nella collina senza Gran Madre e senza Borgo Po doveva essere ancora
più enfatico e imponente.
Nel progetto di Pregliasco
il
territorio circostante è solcato da grandi viali, a partire dalle
piazze che enfatizzano la conclusione degli assi storici: vanno verso
sud e verso il Castello del Valentino i viali che partono dalla
grande piazza della Porta Nuova, si muovono verso la Francia e le
borgate circostanti i viali che partono dalla Porta Susa, raggiunge
la Villa della Regina l'asse che supera il Po, come già detto;
l'unica piazza che
non ha un viale monumentale è la madre
dell'attuale piazza della Repubblica, Porta Palazzo, insomma: la
vicina Dora e il ponte asimmetrico lo impediscono.
All'interno
del canale rettangolare, Torino mantiene la
Cittadella, privilegio
lasciato da Napoleone solo a lei e ad Alessandria, e la sua forma di
mandorla e
gli spazi 'vuoti' sono riempiti da grandi spazi a verde,
ispirandosi soprattutto al gusto inglese, caro all'architetto.
"Se il progetto del giardino rivela
le matrici culturali di Pregliasco quale affermato architetto di
giardini, il progetto urbanistico complessivo ha tuttavia un
significato più vasto e introduce un modo - inedito per il Settecento e il primo Ottocento
- di considerare
il rapporto architettura-natura. L'intera città e
l'intero territorio circostante appaiono progettati in guisa di
grande giardino: Pregliasco infatti completa ed enfatizza le
virtualità intrinseche dell'edificato urbano e lo inserisce in un
disegno complessivo più vasto, con una fondamentale estensione del
concetto di territorio progettato e con una grossa anticipazione di
quella che sarà
l'idea decisiva per la nuova città dell'Ottocento,
cioè il confronto diretto ed operabile tra il
milieu naturel e il
milieu technique" conclude Vera Comoli
Mandracci, aprendo nuovi spazi e dimostrando come tutto fluisce nel
tempo e ogni gesto sia conseguenza dei precedenti.
Cosa rimane
del progetto di Pregliasco, mai realizzato, come nessuno di quelli
che parteciparono al bando? Probabilmente questo
rapporto con il
verde circostante, che Torino non ha mai perso: potremmo considerare
l'idea di una
Corona Verde intorno alla città una versione
contemporanea del rapporto della città con il suo territorio? Rimane
anche l'idea, che l'Ottocento ha fatto fortunatamente propria, delle
grandi piazze chiuse, al termine dei principali assi viari: piazza
Statuto, piazza della Repubblica, piazza Vittorio Veneto, piazza
Carlo Felice, tutte a concludere gli assi visuali più importanti e
più belli del centro storico, facendo incontrare
la meraviglia
barocca che i sovrani sabaudi perseguirono tenacemente per secoli, e
la città moderna, destinata all'espansione.
Ma da quello storico
bando, il progetto di Pregliasco non è stato l'unico a influenzare
il futuro di Torino, pur senza essere stato realizzato; nei prossimi articoli si parlerà degli altri.
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