La scorsa settimana sono stata invitata
alla visita in
anteprima all'Area Archeologica Pietro Micca, aperta
al pubblico
tutte le domeniche dalle ore 15 dal 24 giugno 2018; in
essa si possono vedere parte
dei muri e delle gallerie del Rivellino
degli Invalidi, perfettamente conservati (ed è impressionante
camminare nell'alta e ampia galleria in cui passavano i soldati per
passare sotto il fossato e arrivare all'interno della Cittadella).
Una visita che ancora una volta fa riflettere sulla
complessità
della Cittadella, su come tutto fosse perfettamente pensato e
progettato, frutto di profonde conoscenze delle strategie militari;
non si dirà mai a sufficienza quanto sia
un peccato che un simile
patrimonio architettonico sia andato perduto e quanto sia, dunque,
straordinario avere la possibilità di visitare e conoscere quello
che resta.
Nella cartella stampa consegnata durante la visita, c'è
un libriccino,
La verità storica su Pietro Micca firmato da uno dei
massimo storici e conoscitori della Cittadella, il generale
Guido
Amoretti, che ha molte pagine di descrizione della Cittadella. Vi
propongo la parte iniziale, in cui si spiega
il disegno di questa
struttura, alla vigilia dell'assedio del 1706. Aveva la forma di una
"
grande stella pentagonale, elevantesi all'angolo sud-ovest
della città" ed era una delle "
più belle e formidabili
d'Europa". La Cittadella fu una delle prime opere messe in
cantiere dal
duca Emanuele Filiberto, non appena entrato a Torino,
nuova capitale dei suoi territori. Considerato
uno dei più brillanti
condottieri del Cinquecento, vincitore della
Battaglia di SanQuintino, deciso a garantire la sopravvivenza del suo Ducato, stretto
tra la Francia e i domini spagnoli del Milanesato, Emanuele Filiberto
costruì una Cittadella
grandiosa, "
sproporzionata alla stessa
estensione della città della fine del '500, copriva un'area di 74
'giornate' piemontesi e 63 tavole". Le
sue dimensioni nella
città contemporanea risultano ancora enormi: occupava
un'area
compresa all'interno di corso Matteotti, via Guicciardini, via
Bertola e via Guicciardini.
Alcune delle sue caratteristiche la
resero tra le Cittadelle di riferimento per quelle successive. "Tra
le fortezze europee essa rappresentava un
primo concreto esempio di
"fronte bastionato", inventato da
Francesco di Giorgio
Martini nei primi anni del '500, essendo stata preceduta unicamente
dalla cinta fortificata di
Castel Sant'Angelo, in Roma, opera del
Sangallo. Del disegno, calcoli e costruzione della fortezza, Emanuele
Filiberto aveva dato incarico all'architetto urbinate
Francesco
Pacciotto, che già per l'innanzi aveva reso utili servigi
fortificando alcune piazze del Ducato" scrive Amoretti.
I
cinque bastioni erano separati da muri rettilinei, le
cortine, e
portavano nomi dei membri della famiglia ducale, il Duca, il Madama
(Margherita di Valois, moglie di Emanuele Filiberto), il Principe (il
figlio del Duca, Carlo Emanuele), il San Maurizio (patrono dei
Savoia), il Pacciotto (dal nome dell'architetto). Una delle
costruzioni caratterizzanti all'interno era
la grande cisterna (che è
stata recentemente ritrovata e che speriamo sia presto visitabile);
era "un amplissimo pozzo, ornato di artistico colonnato, che
scendeva al pelo dell'acqua,
diciotto metri sotto il livello del
suolo. Per giungere ad esso, sì percorreva
un'ingegnosa rampa
elicoidale lungo la quale potevano essere condotti anche i
quadrupedi, che effettuavano in tal modo direttamente l'abbeverata in
fondo al pozzo. Per risalire, si usufruiva di un'altra rampa
elicoidale, perfettamente identica alla prima e con questa
costituente una
doppia spirale indipendente. In tal modo, non era mai
possibile incontrare chi scendeva". Il modello di questa
struttura era il
pozzo di San Patrizio, a Orvieto. La Cittadella era
collegata alla città
con due porte, "entrambe munite di ponti
levatoi e fissi". La prima porta è ancora oggi esistente e si
trova
nel Maschio della Cittadella, unica costruzione sopravvissuta
alla furia distruttrice del XIX secolo, corrispondente all
'ingresso
principale. L'altra porta, purtroppo scomparsa
insieme al resto della fortezza, la
Porta del Soccorso, "sboccava
su di lungo ponte gettato su un ampio fossato, ponte che univa la
fortezza alla Mezzaluna antistante, la
Mezzaluna del Soccorso. Si
proseguiva attraverso quest'opera isolata e per un secondo ponte ci
si immetteva direttamente in una strada di campagna che dopo qualche
centinaio di metri si allacciava alla
grande strada di Francia".
È una descrizione della Cittadella voluta da Emanuele Filiberto,
una prima idea della sua grandiosità e di come fosse dotata di tutte
le strutture considerate all'epoca
indispensabili per resistere a un
assedio. Si capisce perché la Francia considerasse la sua
costruzione
una sorta di dichiarazione di guerra (la fortezza era
rivolta verso la pianura, da cui i Francesi potevano dilagare, una
volta attraversate le Alpi) e perché
spie di tutti i sovrani
d'Europa cercassero di
infiltrarsi per studiarne il funzionamento.
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