Al
leggere l
'epopea automobilistica di Torino viene in mente
Highlander,
popolare saga cinematografica con Christophe Lambert: Ne rimarrà
solo uno. La
FIAT, adesso FCA, naturalmente. Tutto è iniziato alla
fine del secolo scorso, quando Torino, non più capitale del Regno,
ha dovuto inventarsi un'altra vocazione e ha scoperto le auto. Se,
come me, vi siete sempre chiesti perché Torino, dal suo angolo del
Nord Ovest italiano è diventata in pochi decenni
una delle capitali
mondiali dell'automobile, nel libro
Alla scoperta di Torino, edito da
Priuli & Verlucca e scritto da autori vari, si trova una
spiegazione coerente e convincente: "La disponibilità di
energia idraulica (e poi idroelettrica), grazie alla presenza di
quattro fiumi, la
vicinanza di collegamenti ferroviari cruciali (il
traforo del Fréjus è del 1871), la tradizione di lavoro
industriale, la presenza dell'industria del legno (che favorì
l'insediamento delle carrozzerie, l'esistenza di una
manodopera
specializzata grazie alle numerose fabbriche di armi, la
disponibilità di energia elettrica a bassi costi, le
agevolazioni
fiscali di vario tipo, la presenza di
scuole specializzate, la
rete
di trasporto pubblico (che agevolava gli spostamenti da una parte
all'altra della città anche dei lavoratori), le stesse
lungimiranti
politiche delle amministrazioni locali, attente a creare le migliori
condizioni per far ritrovare a Torino una sua identità, dopo il
trauma della perdita di ruolo politico, sono elementi che non è
facile trovare tutti insieme e contemporaneamente nella stessa area
geografica, come invece è stato per Torino". Si legge questa
lista di ragioni per cui Torino è diventata capitale dell'auto del
Novecento e si scopre come sia
sempre attuale, anche per scoprire
nuove e possibili vocazioni contemporanee; e tenete a mente
l'importanza dei collegamenti ferroviari cruciali nello sviluppo
della città,
pensando alla TAV e a quello che significherebbe per il
futuro di Torino e dell'Italia.
Una Chiribiri (sin) e l'Itala che vinse la Pechino-Parigi, nel 1907 (ds)
All'inizio del XX secolo, in città
erano attive ben
27 società automobilistiche, di queste sono
sopravvissute un paio, la maggior parte non ha resistito alle sfide
del mercato, altre sono state fagocitate dalla FIAT, croce e delizia
dell'economia torinese.
Nel 1895, in Borgo Vanchiglia, per la
precisione nelle Officine Martina di via Buniva 23,
Michele Lanza
costruiva la prima automobile italiana, pochi anni dopo, però, nel
1903, la sua avventura terminò con la chiusura della Lanza
automobili, la sua società. I
Ceirano iniziarono la loro attività
di costruttori d'auto
nel 1898, la loro prima automobile fu
realizzata l'anno dopo e costava 4000 lire; sempre nel 1899, la
partecipazione alla prima corsa, la Torino-Pinerolo-Avigliana-Torino,
con un'auto che arrivò seconda e interessò la FIAT, tanto che ne
acquistò il progetto e si portò via gli uomini chiave, compresi
Vincenzo Lancia e Felice Nazzaro. La saga della famiglia continuò con
Giovanni jr, seconda generazione, che fondò la
SCAT, nel 1906: i suoi modelli vinsero anche la Targa Florio, fino alla crisi del 1929, che portò l'ingresso della FIAT e, infine, l'assorbimento.
La
FIAT fu fondata nel 1899 da nomi
illustri della storia torinese: non solo Giovanni Agnelli, la cui
famiglia avrebbe poi preso il controllo della società, ma anche
Lodovico Scarfiotti, Emanuele Cacherano di Bricherasio, Michele
Ceriana Mayneri, Alfonso Ferrero de Gubernatis di Ventimiglia, Cesare
Goria Gatti, Carlo Racca, Roberto Biscaretti di Ruffia e Luigi
Damevino. Nel primo anno di attività costruì trenta vetture del suo
primo modello, la Fiat 4 HP, tutte uscite dal primo stabilimento di
corso Dante. Nel 1902, il primo Giro d'Italia, con nove auto, che
arrivarono tutte al traguardo. La storia della FIAT, che seppe poi
imporsi sul mercato adottando
modelli di produzione fordiani e
ingrandendosi in nuovi stabilimenti torinesi e arrivando a nuovi
mercati, sempre più internazionali, merita ovviamente un capitolo a
parte, ma la sua nascita è di questi anni, in cui il fermento
automobilistico torinese, l'entusiasmo suscitato dal nuovo mezzo di
trasporto, sono travolgenti.
Nel 1903 nacque
Itala, che si impose
all'attenzione per il suo modello 24 PH, subito vincitore di gare
automobilistiche italiane, fino all'
epica vittoria della Pechino-Parigi, nel 1907 (per gli appassionati di motori, l'Italia vincitrice
del raid è al Museo dell'Automobile); durante la Prima Guerra
Mondiale, la società produsse anche veicoli militari, ma non
sopravvisse alla grande crisi degli anni 30 e chiuse nel 1934. Nel
1905 arrivò la
Diatto e il suo arrivo fu il segno del cambiamento
dei tempi e dei trasporti: dal 1835, nello stabilimento sotto il
Monte dei Cappuccini, visibile nelle cartoline d'epoca, produceva
carrozze e tram, nel 1905 decise di passare alle automobili; nel
1908, fu la
prima al mondo a produrre macchine agricole con motori a
benzina, nel 1910 divenne
fornitore della Casa Reale con la
realizzazione di quattro vetture; il dramma iniziò dopo la Prima
Guerra Mondiale, quando lo Stato non pagò vetture e motori prodotti
per l'esercito, provocando il
dissesto finanziario che avrebbe
causato poi la chiusura dell'attività di produzione d'auto, nel
1932. Prima di allora, però, la Diatto, con la collaborazione della
Bugatti e grazie al controllo della francese
Gnome et Rhône,
che aveva il brevetto del motore rotativo dei caccia militari, presto
trasferito alla produzione automobilistica, iniziò la produzione
delle prime
auto di lusso, tra cui la Diatto 30-Bugatti, avendo
successo in tutta Europa, Francia e Regno Unito in testa. La
Lancia
fu fondata da Vincenzo nel 1906 e fu presto trasferita in via
Monginevro, in Borgo San Paolo, dove ancora oggi il grattacielo che
porta il suo nome presidia l'area che fu degli stabilimenti. Della
magnifica avventura di questo marchio, prima dell'acquisto della
FIAT, ho già raccontato in un articolo,
a questo link.
La grande crisi del 1929 mise fine anche alla storia della
Chiribiri,
che, fondata da Antonio Chiribiri, iniziò a produrre aerei, per
passare alle auto dopo la Prima Guerra Mondiale; la
Milano e la
Monza furono i due
modelli vincenti: si affermarono in gare prestigiose come la Targa
Florio, il Circuito del Garda o quelle di Monza e di Tripoli; tra i suoi piloti, anche
Tazio Nuvolari! Poi la
crisi e una curiosità: il direttore amministrativo fu per alcuni
anni
Vittorio Valletta. Volere o volare, l'industria automobilistica
torinese finisce sempre per guardare alla FIAT.
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