Nella
manica occidentale dell'ex INCET, in Barriera di
Milano,
EDIT è un polo che lega
l'idea di condivisione della share
economy e del co-working al cibo. Nei suoi spazi, oltre alla
caffetteria, al pub, al cocktail-bar e al ristorante ci sono anche un
birrificio e quattro cucine, a disposizione di chi voglia produrre la
propria birra o i propri piatti. È una
formula nuova, che sin dalla sua apertura sta
incuriosendo i torinesi e che sta
vivacizzando un quartiere a forte
vocazione cultural-innovativa (a poca distanza, il
Museo Ettore Fico
con il suo bistrot e le
gallerie d'arte che gravitano intorno ai
Docks Dora e al
Parco Peccei).
La facciata di EDIT nel complesso dell'ex INCET (sin) e un angolo della caffetteria (des)
Nuovo è anche il concept
architettonico, fascinosissimo, per come
mescola la struttura
esistente al design contemporaneo, i colori caldi al cemento armato,
la fluidità degli spazi, senza soluzione di continuità, e gli
elementi distintivi di ogni attività da essi ospitata. Lo racconta
Michele Cafarelli di
Lamatilde, lo studio che ha disegnato gli spazi e che
è stato coinvolto da
Marco Brignone, proprietario e anima di EDIT, nell'intero
processo di
immaginazione di questo nuovo polo.
"In Italia non c'è niente
di simile e neanche in Europa" assicura Cafarelli "Un
giorno del
maggio 2015 ci ha contattato Marco Brignone, perché aveva
appena acquistato la manica dell'ex INCET e aveva bisogno di qualcuno che
gli facesse
i rendering dei loft che intendeva realizzare all'ultimo
piano. Chiacchierando, è venuto fuori che
non sapeva ancora cosa
fare della navata a piano terra, alta quanto due piani. Abbiamo
iniziato a ragionare insieme, stimolati da lui, che
non aveva alcuna
intenzione di realizzare qualcosa di prevedibile e che
voleva
divertirsi durante la realizzazione. Mano a mano abbiamo intuito che
il
co-working e la share economy potevano essere una buona idea di
partenza, quindi Brignone ci ha chiesto di studiare
come applicarli
al cibo. Abbiamo visitato realtà americane, perché in Europa non
c'era niente di simile, e mano a mano abbiamo coinvolto incubatori e
altre personalità provenienti dalle start up e dal food. Se posso dirlo,
non mi sono mai divertito tanto con un
cliente. I Brignone, perché con Marco sono poi arrivati i suoi
figli, sempre più coinvolti in quest'investimento paterno, sono
committenti
curiosi, partecipi, intuitivi. È bello lavorare con chi
sta attento al denaro che spende, ma è
disposto a spenderlo davanti
a proposte di qualità".
Il cocktail bar - foto di PEPE Fotografia
Anche il progetto architettonico,
così fluido, è frutto della continua partecipazione di Marco
Brignone. "Non solo lui, ma anche le personalità mano a mano
chiamate a lavorare a EDIT, dai fratelli fratelli Costardi a Bosco, hanno partecipato
continuamente, dandoci
indicazioni precise sulle esigenze. Tutto il
progetto è
frutto di continui compromessi, tra tutti gli
input che
arrivavano e i
vincoli della struttura, ma io sono convinto che
i
progetti fighi nascano dai compromessi".
Uno degli
obiettivi
principali è stato "
mantenere l'eredità industriale, per
quanto possibile. Non è stato semplice perché c'era tutto un lavoro
fatto in precedenza per la sostenibilità energetica, per cui
dovevamo fare un cappotto internamente; l'unica parte in cui siamo
riusciti a evitare il rivestimento, facendolo all'esterno, d'accordo con la Soprintendenza, è stato
il ristorante, dove abbiamo mantenuto le pareti con intonaco grezzo. Quindi, in questo
modo, abbiamo purtroppo cancellato la visibilità della pilastratura
originale. Ci siamo rifatti con
il solaio, che non è originale, ma è
in cemento armato e rende omaggio all'edificio industriale". Lo
spazio è molto grande e uno degli altri obiettivi del
progetto è stato quello di rendere "
visibile la sua continuità,
in modo che fosse chiaro quanto fosse grande, ma, allo stesso tempo,
che
non sembrasse vuoto quando non c'era nessuno. Avevamo anche il
problema di
non far perdere le persone in uno spazio così esteso, la
cosa bella è che la committenza ha trattato EDIT un po' come casa
propria, per cui l'idea su cui abbiamo lavorato molto è stata
creare
una sorta di ambiente domestico,
entro e sto bene come in
casa."
L'installazione luminosa, con le cucine del ristorante (sin), e il pub, al piano di sotto
PEPE Fotografia
Ogni spazio presenta
una propria identità: "È
stata una necessità: la caffetteria non poteva avere le stesse
dimensioni del pub, ha una diversa funzione, deve dare un'immagine
più intima, di qui il tappeto a terra, il legno, l'ottone".
Ritornano molto anche i
tavoli lunghi, presenti nella caffetteria,
nel ristorante, nel pub, una
scelta stilistica dettata dalla
concezione di EDIT: "Indicano
la condivisione, la convivialità
e condividi molto più facilmente se sei in un tavolo lungo, accanto
ad altre persone. Sono stati
una creazione articolata perché intorno
al tavolo sono nati
percorsi e spazi, non è solo un oggetto di
arredo, ma un creatore di microspazi ".
Il ristorante (sin) e l'installazione luminosa
Foto PEPE Fotografia
Tra gli elementi
interni che attirano lo sguardo, c'è senza dubbio l'i
nstallazione
luminosa, che segnala il blocco scale ed è una
sorta di collegamento
verticale tra i due piani di EDIT. Si trova nell'unico spazio in cui
è
visibile l'originaria doppia altezza, l'unico spazio difeso con i
denti da Lamatilde: "Lì ci sono due buchi, determinati dalla
presenza di una trave, che abbiamo
mascherato con la passerella. Gli
chef del ristorante, al piano superiore, tendevano ad allargare le loro cucine, fino a quando abbiamo fatto a Brignone la nostra
unica
richiesta non negoziabile: non chiudere questi due buchi, perché
voleva dire perdere completamente la doppia altezza dell'edificio"
L'installazione luminosa è nata per segnalare questo spazio, "doveva
essere
qualcosa in movimento, cinetico o luminoso, che
affascinasse per far vedere che c'era altro. Agisce come
uno
schermo 3D a bassissima definizione, con
6048 led, è come se fosse
uno schermo su cui si può anche scrivere. È un progetto su cui
stiamo lavorando. In realtà
ci piace pensare a EDIT come un progetto
in progress."
Un'altra vista del ristorante (sin, foto di PEPE Fotografia) e il blocco scale, con il pub sullo sfondo (des)
L'innovazione è il principale legame tra EDIT e il complesso a cui appartiene: "Non ci sono legami
architettonici, ma
INCET è nato come centro di innovazione e credo
che il principale apporto dato dal contesto sia stato proprio la
spinta a lavorare ancora di più su
un format che insistesse
sull'innovazione. Non si poteva aprire un supermercato, insomma,
doveva essere
qualcosa di mai visto prima". Al centro
dell'antico edificio industriale c'è
la piazza coperta, su cui si
affaccia EDIT: "Abbiamo intenzione di usarla, ovviamente,
non
solo un dehors, ma anche concerti, street food, è un progetto
flessibile, con allestimenti mobili".
La toilette (sin) e il blocco scale, con vista sul birrificio sottostante (des)
Le parti del progetto
di cui
sono più orgogliosi a Lamatilde? "Da architetto sono
orgoglioso di cose tecniche come il
fonoassorbimento o
l'illuminazione, che funzionano bene. Poi, se pensiamo alle cose più
visibili, non saprei scegliere, mi piacciono il ristorante, con gli
specchi, il tavolo lungo, il muro grezzo; mi piace la stanza sospesa.
Mi piacciono molto
i bagni, dappertutto abbiamo utilizzato
semilavorati industriali tipo la lamiera grecata e poi nella toilette il
rivestimento in ottone. Una cosa che ricorda il
gabinetto cinese e un
rimando alla
Secessione Viennese, è stato come
nobilitare un luogo
che generalmente non si considera e che invece Brignone ritiene il
biglietto da visita di un locale.
Così visivamente il rivestimento più ricco di tutti l'abbiamo messo
nelle toilette ed è una cosa insolita e divertente".
EDIT è
in via Cigna 96/15; il sito web di Lamatilde è
matilde.it.
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