Dove un tempo c'era il
Maglificio Calzaturificio Torino (MCT), oggi ci
sono la sede di
BasicNet, gruppo proprietario di Kappa, Robe di
Kappa, Jesus Jeans, Superga e K-Way, e soprattutto, nell'immaginario
dei torinesi, il
BasicVillage, diventato
una delle anime di Borgo
Aurora. Un isolato che si è aperto alla città senza perdere
l'immagine di antica fabbrica.
La trasformazione dell'antico stabilimento
industriale in
tempio del terziario è avvenuta in tre anni,
tra il 1998 e 2001, ed è stata voluta da
Marco
Boglione, il proprietario di BasicNet, che ha coinvolto nel progetto lo
Studio
Baietto Battiato Bianco Architetti Associati (potete vedere i
loro lavori e progetti
nel loro sito ufficiale).
"Avevamo progettato l'allestimento dei suoi uffici precedenti,
in corso Novara, e una volta lui, affacciato a una finestra su via Padova, guardando il MCT, ci ha detto che un giorno avremmo lavorato alla sua
ristrutturazione. Pensavamo a una di quelle battute che si dicono e
invece sei mesi dopo stavamo parlando del BasicVillage" ricorda
l'architetto
Armando Baietto.
Erano gli anni 90, l'idea che la
Torino del XXI secolo non dovesse più guardare a
un'espansione
infinita ma alla
riutilizzazione del suolo fabbricato non era così
diffusa ed erano pochi gli esempi cittadini di architetture
industriali trasformate in nuove realtà. "Non abbiamo avuto
modelli di riferimento specifici e comunque sono stati più culturali
che tecnici. Nel nostro percorso autonomo di architetti non abbiamo
dimenticato
la lezione di Gabetti e Isola, che sono stati anche
nostri professori al Politecnico: l'attenzione al contesto, il
rispetto dell'esistente, l'intervento leggero e
mai autoreferenziale. Il che
non significa rinunciare a lasciare un segno, ma implica
la sintonia
con l'esistente, più complessa di un segno calato senza legami".
E poi Marco Boglione aveva le idee molto chiare: "Il
programma
funzionale del BasicVillage è suo: lui voleva un edificio che
mantenesse la sua struttura industriale e che fosse all'avanguardia
nei suoi impianti; immaginava di inserire
un mix di funzioni e che si
raggiungesse un'autonomia,
come in un villaggio. Durante la
progettazione ci poneva continuamente davanti a
nuove sfide; ci sono state molte
ricerche, molti studi, è stato appassionante. Avete presente la
facciata su corso Regio Parco? L'ingresso al BasicVillage sono 27
metri di facciata senza pilastri, perché lui non li voleva. E come
si fa a coprire 27 metri senza pilastri? Abbiamo studiato così
l'intera facciata come un'unica trave con grandi appoggi laterali.
Boglione è stato
uno dei committenti più stimolanti che abbiamo avuto".
Baietto, Battiato e Bianco hanno progettato il
villaggio vagheggiato da Boglione, con i suoi
percorsi e spazi
interni, ma anche
aperto al quartiere e alla città e per questo hanno "reso l'isolato penetrabile", attraverso
quattro aperture, in corso Verona, in via Foggia, in
via Foggia all'angolo con via Padova, e in corso Regio Parco ("Durante la giornata, molti lo utilizzano anche come percorso di
attraversamento dell'isolato, il che significa che il nostro
messaggio è passato"). Per realizzare questo progetto, hanno
dovuto
liberare la fabbrica di tutte le sue perfettazioni: "Siamo
abituati a immaginare le antiche industrie come edifici compiuti, ma
non è così ogni fabbrica si è sempre ampliata in base alle
esigenze produttive. Quando abbiamo progettato il BasicVillage
abbiamo eliminato tutte queste sovrastrutture e siamo arrivati
all'anima dell'edificio, alla costruzione originale, finalmente
visibile in tutta la sua bellezza".
Lavorare a una ristrutturazione come questa, sostiene Boietto,
suscita un
grande senso di responsabilità "non solo verso
l'architettura e i valori che l'edificio esprime, ma anche
verso
le sue relazioni sociali e i suoi rapporti con la città, lo
spaccio era conosciuto e apprezzato dai torinesi, per questo abbiamo
voluto aprire l'isolato".
Da
un punto di vista
architettonico, Boietto sottolinea soprattutto due elementi: "I
serramenti e gli impianti a vista. I
serramenti sono originali, sono
parte della cultura architettonica industriale del Novecento; sono
stati oggetto di studi complessi, per poter inserire i vetri più
performanti richiesti dalle normative per il risparmio energetico;
erano normative meno vincolanti di quelle odierne, ma l'inserimento
dei vetri moderni nei telai originali, più esili di quelli di
adesso, non è stato semplice e abbiamo dovuto studiare nuovi sistemi
di bloccaggio dei vetri. Gli
impianti dell'edificio sono
a vista e
facilmente raggiungibili, in questo modo la
composizione degli spazi
negli uffici è semplificata: non è necessario spaccare i muri per
poter poi sistemare prese e attacchi dove servono. Ma a me piace
anche la
trasparenza raggiunta, liberando la fabbrica delle sua
sovrastrutture: ci sono posti in cui è possibile vedere attraverso
cinque spazi diversi, grazie alle trasparenze, ed è affascinante".
Nelle
riqualificazioni degli edifici ex industriali torinesi ci sono
due
elementi che sembrano tornare spesso:
i loft e i tetti piani
riconquistati e abitati. Il BasicVillage non fa eccezione: "I loft sono
coerenti con gli spazi dell'edificio
industriale, permettono la sperimentazione a chi li vive e sono
intriganti. Il
tetto è stata una grande opportunità: come molti
edifici industriali, anche MCT aveva un tetto progettato per
sostenere eventuali nuovi piani, noi abbiamo utilizzato questa
potenzialità per
appropriarci di un altro spazio e renderlo fruibile
alla città".
Il BasicVillage
ha ormai 15 anni, fa parte
dell'immaginario torinese, ha ospitato eventi e mostre (su corso
Verona c'è il
Temporary Museum), Baietto, Battiato e Bianco hanno
qui il loro studio e, dunque, vivono quotidianamente il risultato del
loro progetto.
Cambierebbero qualcosa, 15 anni dopo? "No"
dice Boietto, senza pensarci "il
BasicVillage ha funzionato bene
in questi 15 anni e ha rapporti buoni con la città, significa che è
stato un buon progetto. Probabilmente il fatto che sia stato
realizzato per parti, con gli operai del MCT ancora dentro, che si spostavano
in base alle esigenze di cantiere, ha permesso ai residenti di
metabolizzare meglio la sua ristrutturazione, è diventato familiare
poco a poco e quando è stato aperto era
già parte del paesaggio".
Quest'articolo è stato inserito nell'ebook Ex edifici industriali a Torino - Le trasformazioni del XXI secolo
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