Il viaggio di Rotta su Torino tra le
architetture ex industriali convertite a nuova vita termina dov'era
iniziato a gennaio: alla
Fondazione Merz, in via Limone 24. E' iniziato con una bella
conversazione
con l'architetto Mariano Boggia, che fu braccio destro
di
Mario Merz e che ha raccontato le esigenze della committenza, e
finisce con un bell'incontro con l'
architetto Cesare Roluti, che con
il collega
Giovanni Fassiano ha curato il progetto di
riqualificazione dell'ex centrale termica della Lancia, in Borgo San
Paolo. Tutte le conversazioni con gli architetti sono state davvero affascinanti e hanno svelato lati inaspettati di quello che c'è dietro un progetto di riqualificazione; mi hanno lasciato così tanto materiale che ne farò presto un ebook (tornerò a parlarne).
L'incontro con Cesare Roluti ha posto un tema
finora non affrontato e che però è molto interessante: cosa succede
se il committente ha una
personalità carismatica, decisa e
travolgente e cerca nell'architetto il professionista che
risolva
tecnicamente le proprie idee?
"Mario Merz è sempre stato
un
cittadino del mondo, non ha mai mostrato grande interesse per la
torinesità, era un artista che andava e veniva. Poi, a un certo
punto, c'è stato un movimento per convincerlo a
dare una sede alle
sue opere straordinarie, il Comune ha dato in comodato l'
ex centrale
termica della Lancia e abbiamo iniziato a lavorarci. Per capire questo progetto, dobbiamo avere chiaro che racconta
l'anima di Mario Merz ed è come lui l'ha voluto. Mario era un uomo anziano, consapevole che lì si sarebbe
conservata la sua memoria anche dopo di lui, possiamo
considerarla il suo legato, dunque il suo impegno diretto è
comprensibile. Non c'è cosa nella Fondazione, che non sia stata
discussa da e con lui: dalle pareti bianche e libere alle finestre
luminose, fosse stato per lui avrebbe fatto una scatola di luce
trasparente, dato il suo rapporto senza mediazioni con il mondo
esterno, ma c'erano i vincoli imposti dalla Sovrintendenza e alcune
scelte sono state frutto di un compromesso ragionato con lui".
Ma
quando un architetto lavora
con una personalità così prorompente,
cosa
rimane per lui in una ristrutturazione? "Rimangono le scelte
tecniche, come risolvere i problemi che il committente ti pone, quali
materiali utilizzare, quali soluzioni possibili in base alle
richieste. Poi bisogna pensare alle opere di Merz: in genere le opere vengono ospitate in Musei più o meno esistenti, qui si trattava di costruire,
in un edificio già esistente,
uno spazio straordinario per le opere di Mario, che sono sempre state enormi. Era necessario dare a questi lavori uno spazio adeguato, che li valorizzasse. E' stata una bella sfida." E lo è stata in molti sensi. "Quando disegni un
edificio e lo plasmi secondo le tue idee vai quasi con il pilota automatico,
non sfida tanto le tue conoscenze e la tua
creatività quanto
lo sforzo di dover adattare un interno già
esistente. La Fondazione Merz è stata
una sfida molto interessante,
sia perché bisognava mediare tra un edificio con una storia e la sua
nuova destinazione, sia perché il committente era un uomo dalle idee
molto chiare, che
non si curava dei dettagli, che però
erano fondamentali. Lui ti diceva 'questo spazio lo voglio così',
provavi a spiegargli che non stava in piedi e per lui era un
dettaglio insignificante e quindi dovevi trovare una soluzione
alternativa. Sono tutte cose che ti
mettono alla prova come
professionista e ti propongono sfide molto interessanti". Sfide che rappresentano anche
il futuro della professione: "La tendenza è la
riduzione di terreni edificabili in favore di interventi su edifici già esistenti e con questo noi architetti dovremo fare i conti. Dobbiamo essere preparati
a lavorare negli spazi interni e a mettere in gioco lì
la nostra competenza e la nostra creatività".
La riqualificazione dell'ex centrale termica si è caratterizzata anche per
i cambiamenti in corso d'opera: "Al piano inferiore avevamo
disegnato uno spazio per i magazzini, ma quando dalla Fondazione lo
hanno visto, lo hanno immaginato subito come un'altra sala per le
mostre temporanee e quindi lo abbiamo adattato; poco prima
dell'inaugurazione si è deciso un collegamento tra queste sale e le
vasche degli ex serbatoi. Diciamo che non è stato un progetto
disegnato e realizzato, ma una sorta di
work in progress".
A Mario Merz era piaciuta molto la
forte connotazione industriale dell'ex impianto Lancia, che si
associava bene alla maestosità delle sue opere. "La prima volta che siamo entrati è stato quasi uno choc, la situazione era
disastrosa, dentro c'era di tutto, l'edificio
era abbandonato da tempo. Ma abbiamo ammirato sin da subito la sua
dignità architettonica: all'esterno non abbiamo fatto alcuna
modifica, non solo per i vincoli, ma anche per scelte di Merz, che ha
voluto conservare la scritta Lancia della facciata, e per nostra convinzione, data la bellezza dell'architettura industriale. Abbiamo mantenuto
i serramenti originali e all'interno abbiamo avuto più libertà. La grande sala espositiva è a tutta altezza, per poter collocare le opere di Mario; su di essa si affaccia una sorta di
balconata, che abbiamo realizzato per ospitare la biblioteca della Fondazione" ricorda
Roluti.
E a oltre 10 anni dall'inaugurazione,
Roluti definisce la sede della Fondazione Merz "
un progetto in cui
ogni elemento si incastra in modo giusto rispetto all'obiettivo"; è
un lavoro di squadra, assicura, che ha coinvolto Fassiano, lui e i Merz, perché anche
Marisa e Beatrice, la moglie e la figlia di Mario, hanno partecipato attivamente al disegno della sede. "Non potrei neanche dire cosa mi sia piaciuto di
più, quali siano gli elementi caratterizzanti, è tutto frutto di un
incastro, nessun elemento è più importante degli altri né
cambierei niente, oggi, perché tutto è così come Mario Merz l'ha
voluto, è un progetto che parla di lui ed è il suo legato alla
posterità, impossibile cambiarlo".
C'è anche una consapevolezza che magari altri progetti non regalano: "Abbiamo avuto la fortuna di lavorare con un grande artista, la Fondazione ci ha regalato
un pezzo di immortalità, in qualche modo. La vera sfida è stata essere
all'altezza di questo compito, perché sapevamo che saremmo stati giudicati come non sarebbe successo progettando altri edifici".
Gli articoli dedicati alle fabbriche ex industriali riconvertite:
-
Il progetto del BasicVillage, un villaggio aperto al quartiere - 22 febbraio 2016
-
Il progetto dell'ex Tobler, per un nuovo modo di abitare - 8 febbraio 2016
-
Il Museo Ettore Fico, nell'ex SICME: dal buio alla luce - 1 febbraio 2016
- La Fondazione Merz, nell'ex centrale termica della Lancia - 25 gennaio 2016
Commenti
Posta un commento